Il periodo di assenza per infortunio sul lavoro non rientra automaticamente nel periodo di comporto ex art. 2110 c.c.

Nota a Cass. 13 febbraio 2023, n. 4332

Silvia Rossi

L’art. 51 del ccnl 31 maggio 2011 per il personale dipendente da imprese di servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi va interpretato nel senso della non computabilità nel periodo di comporto di dodici mesi della durata di interruzione del rapporto per infortunio sul lavoro.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione 13 febbraio 2023, n. 4332 in relazione al ricorso di una dipendente per avere la Corte territoriale ritenuto le assenze per infortunio della lavoratrice non computabili nel periodo di comporto senza osservare i criteri ermeneutici di letteralità (in quanto sia la malattia che l’infortunio avrebbero dovuto rientrare nella generale categoria dell’infermità) e logico sistematico, in assenza di un’espressa disciplina di esclusione dell’infortunio sul lavoro (non dipendente da responsabilità datoriale ai sensi dell’art. 2087 c.c.), in contrasto con la disciplina legale a tutela della libertà di iniziativa economica datoriale dall’eccessiva morbilità del lavoratore.

I giudici dopo un’attenta analisi del testo contrattuale che non estende all’infortunio il periodo di comporto per malattia si uniforma al precedente orientamento (Cass.10 agosto 2012, n. 14377, in motivazione da 9 a 11; Cass. 4 febbraio 2020, n. 2527, in motivazione sub p.to 6) premettendo che: “ai fini della tutela predisposta dall’art. 2110 c.c., l’infortunio sul lavoro deve essere equiparato alla malattia, senza che l’eventuale diversità dei rispettivi sistemi di accertamento sia di ostacolo a una loro considerazione unitaria ad opera della contrattazione collettiva ai fini della determinazione del periodo di comporto per sommatoria …” e che “nessuna norma imperativa vieta che disposizioni collettive escludano dal computo delle assenze ai fini del cosiddetto periodo di comporto, cui fa riferimento il richiamato art. 2110, quelle dovute a infortuni sul lavoro, né tale esclusione – che è ragionevole e conforme al principio di non porre a carico del lavoratore le conseguenze del pregiudizio da lui subito a causa dell’attività lavorativa espletata”.

Tuttavia spetta al giudice di merito accertare (nelle ipotesi in cui la contrattazione collettiva di categoria preveda nella lettera di alcune sue clausole un unico termine di comporto con riferimento sia alle assenze che all’infortunio) “se siano rinvenibili o meno nell’ambito della predetta contrattazione elementi sufficienti di identificazione di una volontà delle parti negoziali volta a fissare una indifferenziata disciplina, con la fissazione di un unico termine congruo di comporto (da valutarsi anche con riferimento alla specificità dell’attività spiegata dal datore di lavoro), sia per le assenze che per gli infortuni o se, di contro, siano riscontrabili, all’interno della stessa contrattazione, elementi che attestino una diversa volontà e che siano anche sufficienti all’individuazione di termini di comporto differenziati in ragione della causa delle assenze (se derivanti o meno da infortunio) e di quella degli infortuni (se verificatisi o meno sul lavoro). Solo nell’eventualità che si riscontri un’assoluta carenza di disciplina pattizia, il giudice può determinare, secondo equità, il periodo di comporto per sommatoria, tenendo conto, in concreto, della causa dell’assenza dal lavoro e, quindi, del fatto che detta assenza sia imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata, al fine proprio di differenziare i termini di comporto e di determinare la durata del comporto per sommatoria in ragione della diversa causale delle assenze dal lavoro.”

Infortunio sul lavoro e comporto
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