Maria Novella Bettini

Il furto in azienda è idoneo a ledere il vincolo fiduciario e a legittimare il licenziamento del lavoratore, indipendentemente dall’esiguo valore dei beni sottratti, ma è necessario valutare le circostanze concrete del rapporto di lavoro instaurato. È quanto afferma la giurisprudenza maggioritaria la quale ha chiarito in particolare che:

– per accertare la giusta causa di licenziamento si deve considerare il disvalore intrinseco della condotta, senza che abbia rilievo l’entità del danno che ne possa conseguire (Cass.   10 maggio 2022, n. 14760, in relazione ad una cassiera di un supermercato licenziata per aver accreditato – in diverse occasioni, nell’arco temporale di sette mesi -, alcuni importi delle spese fatte dai clienti sulla propria carta punti fedeltà);

– nel determinare la consistenza dell’illecito è necessario che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave violazione del rapporto fiduciario mentre non rileva, di regola, la qualificazione fattane dal punto di vista penale (e cioè se l’illecito integri il reato consumato di furto o appropriazione indebita o solo il tentativo) (App. Roma 24 maggio 2022, n. 2307);

– è legittimo il licenziamento per giusta causa qualora la condotta in questione sia idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario e sia tale da mettere in dubbio la futura correttezza degli adempimenti, a nulla rilevando lo scarso valore commerciale del bene sottratto al datore. Nel senso che indipendentemente dall’esiguo valore dei beni sottratti il furto in azienda è idoneo a ledere il vincolo fiduciario e a legittimare il licenziamento del lavoratore, v. Cass. 9 giugno 2020, n. 11005 e Cass. 24014/2017, in un caso nel quale il dipendente di un supermercato veniva licenziato per giusta causa perché trovato dalla vigilanza aziendale con confezioni di gomme e di caramelle in tasca per un valore pari a circa 10 euro). In altre parole, ciò che rileva, è la circostanza contestata ovvero il fatto in sé e per sé a prescindere dal valore del bene sottratto: la condotta del lavoratore, dunque, fa presupporre la mancanza di lealtà dello stesso tale da far venire meno il vincolo fiduciario con il datore e giustificare il recesso da rapporto. In questo senso, la tenuità del fatto non è sufficiente (da sola) ad escludere la lesione del vincolo fiduciario e ai fini della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l’assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti;

– le previsioni del c.c.n.l. in materia di licenziamento per giusta causa non vincolano il giudice in quanto il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta illegittima rientra nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice medesimo. In altri termini, ai fini della valutazione di proporzionalità del licenziamento per giusta causa, il giudice non è vincolato alla tipizzazione contenuta dalla contrattazione collettiva di riferimento e deve sempre procedere a un apprezzamento dei fatti contestati al lavoratore che tenga adeguatamente conto delle modalità concrete con le quali gli stessi si sono verificati e della loro natura. È quanto afferma la Corte di Cassazione (14 settembre 2022, n. 27132, annotata in q. sito da F. Girolami), in una fattispecie in cui era insorta controversia tra un funzionario scolastico e la propria amministrazione che aveva irrogato un licenziamento per giusta causa rilevando “condotte seriali” di appropriazione indebita di risorse pubbliche altrimenti destinate al funzionamento della scuola. Secondo il lavoratore, il giudice d’appello aveva operato un’erronea applicazione del giudizio di proporzionalità tra fatto e sanzione, non avendo considerato, in particolare, la circostanza dell’intervenuta restituzione delle somme sottratte e delle ragioni che avevano dato luogo alla sottrazione (insorgenza di grave patologia che richiedeva cure e interventi chirurgici all’estero). Per la Cassazione, invece, l’appropriazione serialmente perpetrata nel corso degli anni di risorse pubbliche costituisce, “condotta idonea a ledere il vincolo fiduciario”, essendo irrilevanti le ragioni addotte dal lavoratore quali: “la mancanza di precedenti disciplinari, atteso che i fatti attestavano che solo in quanto aveva occultato l’agire illecito non era incorso in precedenti sanzioni; l’esistenza di gravi patologie necessitanti cure mediche, in quanto quest’ultime non potevano costituire esimente dell’illiceità penale e disciplinare; la restituzione della somma, in quanto la stessa non faceva venir meno la cesura del vincolo fiduciario”. La condotta del prestatore di lavoro va infatti riferita non alla modesta entità del fatto addebitato, bensì al “valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro” (v. Cass. 5 aprile 2017, n. 8816, che ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un tecnico addetto alla manovra dei treni, il quale, durante il turno di lavoro, si era impossessato di circa venti litri di gasolio, prelevati dal carrello che conduceva.

Nello specifico si è affermato che Il lavoratore che scelga la modalità più costosa di rifornimento del gasolio per l’autovettura aziendale, al solo scopo di trarne un vantaggio personale, producendo poi una documentazione fiscale attestante dati non corrispondenti al vero, viola gravemente i basilari doveri di correttezza e buona fede previsti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. e compie un comportamento palesemente contrario ai doveri di diligenza e fedeltà che gravano su di lui in virtù degli artt. 2104 e 2105 c.c. Ciò che rileva non è l’irrisorietà dei beni sottratti, ma la lesione della fiducia compromessa in seguito all’appropriazione di beni aziendali, anche di modico valore; lesione tale da giustificare il licenziamento in tronco del dipendente. Pertanto, il rapporto di proporzionalità tra il provvedimento espulsivo e la tenuità del danno arrecato al datore di lavoro si pone a favore del datore di lavoro per la rottura irrimediabile del vincolo fiduciario che il fatto implica.

Lo ha affermato il Tribunale di Milano (24 luglio 2022) nella vicenda in cui un lavoratore, durante i rifornimenti di gasolio con l’autovettura aziendale, aveva caricato i punti fedeltà sulla propria carta carburante, in misura doppia rispetto a quella normalmente spettante, con riferimento a una categoria di gasolio «high performance», che non figurava nella ricevuta di pagamento, ed attraverso la modalità self- service in luogo di quella del rifornimento diretto; v. anche Trib. Roma 18 gennaio 2023, n. 408, che ha considerato la vendita su E-bay di un bene sottratto all’azienda, sufficiente ad integrare un’irrimediabile lesione del vincolo fiduciario con il datore di lavoro compromettendo le aspettative sul futuro puntuale adempimento della prestazione e rendendo proporzionata la sanzione del licenziamento per giusta causa;

– è necessario valutare le circostanze concrete del rapporto di lavoro instaurato (anche quando una condotta qualificabile come furto in azienda sia prevista dal Ccnl come motivo di licenziamento). Così, si è ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente che aveva prelevato senza pagarle le merendine da un distributore (Cass. ord. 27 maggio 2022, n. 17288). Si veda anche Cass. n. 6764/2016 secondo la quale è eccessivo punire con il licenziamento il dipendente colpevole di non aver pagato in cassa merce di scarso valore, senza “dolo” e senza neanche fornire la prova dell’intenzionalità del suo comportamento;

– è lecito anche il licenziamento di chi copre i furti di un collega (v. Cass. n. 2552/2015 che si è pronunciata sulla legittimità del licenziamento intimato dalla società datrice di lavoro nei confronti del responsabile dell’ufficio commerciale, ritenuto responsabile di gravissime omissioni negli oneri di vigilanza e denuncia, a lui incombenti, in relazione a diversi episodi in cui si erano registrati ammanchi negli incassi dei parcometri gestiti dalla società, nonché ad uno specifico episodio in cui egli aveva assistito ad un vero e proprio furto delle somme incassate da parte di un collega).

Licenziamento e furto lieve
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