Le previsioni del c.c.n.l. in materia di licenziamento per giusta causa non vincolano il giudice in quanto il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta illegittima rientra nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice

Nota a Cass. 14 settembre 2022, n. 27132

Fabrizio Girolami

Ai fini della valutazione di proporzionalità del licenziamento per giusta causa, il giudice non è vincolato alla tipizzazione contenuta dalla contrattazione collettiva di riferimento e deve sempre procedere a un apprezzamento dei fatti contestati al lavoratore che tenga adeguatamente conto delle modalità concrete con le quali gli stessi si sono verificati e della loro natura.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27132 del 14 settembre 2022, in relazione alla controversia insorta tra un funzionario scolastico e la propria Amministrazione che aveva irrogato un licenziamento per giusta causa per avere quest’ultimo posto in essere condotte seriali di appropriazione indebita di risorse pubbliche altrimenti destinate al funzionamento della scuola.

Il lavoratore aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che aveva statuito la legittimità del licenziamento irrogato dall’Amministrazione scolastica, lamentando, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione del C.C.N.L. del comparto Scuola in relazione all’art. 2106 c. c. (secondo cui il potere disciplinare è esercitabile purché vi sia proporzionalità tra l’infrazione commessa e la sanzione comminata).

Nello specifico, secondo il lavoratore, il giudice d’appello aveva operato un’erronea applicazione del giudizio di proporzionalità tra fatto e sanzione, non avendo considerato, in particolare, la circostanza dell’intervenuta restituzione delle somme sottratte e delle ragioni che avevano dato luogo alla sottrazione (insorgenza di grave patologia che richiedeva cure e interventi chirurgici all’estero).

La Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, affermando quanto segue:

  • in tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione di proporzionalità della sanzione espulsiva, è insufficiente un’indagine che si limiti a verificare se il fatto addebitato è riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l’irrogazione del licenziamento “essendo sempre necessario valutare in concreto se il comportamento tenuto, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti e a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza”;
  • non è dunque vincolante, ai fini dell’apprezzamento della giusta causa di licenziamento, la “tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva di riferimento, atteso che il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta rientra nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice”;
  • l’accertamento dei fatti e il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata “sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito, che – anche qualora riscontri l’astratta corrispondenza dell’infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente – è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda”;
  • nel caso di specie, il giudice d’appello ha effettuato il giudizio di proporzionalità, rilevando che al ricorrente erano state contestate condotte gravissime per un pubblico funzionario, vale a dire l’appropriazione serialmente perpetrata nel corso di anni e anni di risorse pubbliche, altrimenti destinate al funzionamento della scuola;
  • il giudice di merito ha preso in esame tali condotte, rilevando che le stesse determinano “la non riparabilità della frattura del nesso fiduciario tra il funzionario e l’Amministrazione datrice di lavoro”;
  • l’appropriazione serialmente perpetrata nel corso degli anni di risorse pubbliche costituisce, infatti, “condotta idonea a ledere il vincolo fiduciario”, essendo irrilevanti le ragioni addotte dal lavoratore (“la mancanza di precedenti disciplinari, atteso che i fatti attestavano che solo in quanto aveva occultato l’agire illecito non era incorso in precedenti sanzioni; l’esistenza di gravi patologie necessitanti cure mediche, in quanto quest’ultime non potevano costituire esimente dell’illiceità penale e disciplinare; la restituzione della somma, in quanto la stessa non faceva venir meno la cesura del vincolo fiduciario”).
Licenziamento in tronco per appropriazione indebita
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