Per le dimissioni è obbligatoria la procedura di cui all’art. 26, D.Lgs. n. 151/2015.

Nota a Cass. (ord.) 26 settembre 2023, n. 27331

Fabrizio Girolami

In base all’art. 26, D.Lgs. 14.09.2015, n. 151, il rapporto di lavoro subordinato può essere risolto per dimissioni (o per accordo consensuale delle parti) solamente previa adozione della forma scritta, con le modalità telematiche previste o presso le sedi assistite, a pena di inefficacia dell’atto.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 26 settembre 2023, n. 27331, in relazione alla controversia instaurata da un lavoratore che aveva ricondotto la cessazione del proprio rapporto di lavoro a un illegittimo licenziamento orale. Il datore aveva invece contestato tale prospettazione, rilevando che era stato il lavoratore a dimettersi, ancorché senza l’osservanza della forma scritta.

La Corte d’Appello di Catania – nel confermare la sentenza del Tribunale della medesima sede – aveva ritenuto legittime le dimissioni rese dal lavoratore (cfr., tra le altre, Cass. 8 febbraio 2019, n. 3822) considerato il principio di libertà di forma del recesso del lavoratore derivante dall’art. 2118 c.c., secondo cui – a fronte della intervenuta cessazione del rapporto di lavoro – il lavoratore che agisce per l’accertamento di un licenziamento orale dovrebbe, secondo i principi generali in materia di onere della prova (art. 2697 c.c.), dimostrarne l’esistenza (prova che, nel caso di specie, non è stata fornita).

I giudici hanno cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Catania, in quanto aveva omesso di considerare che la controversia doveva essere definita applicando la richiamata disposizione che impone la forma scritta ai fini della validità delle dimissioni presentate dal prestatore di lavoro.

Secondo la Cassazione:

  • il sopra citato principio giurisprudenziale della libertà di forma del recesso del lavoratore non è applicabile nella fattispecie un esame, in considerazione della sopravvenuta entrata in vigore (dal 24.09.2015) del D.Lgs. n. 151/2015 che (art. 26) impone specifiche modalità per le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
  • in particolare, l’art. 26, co.1, del D.Lgs. n. 151/2015 prevede che “(Omissis) le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito (…) e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente con le modalità individuate con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”, stabilendo altri commi che regolano la revoca delle dimissioni, le caratteristiche del modulo di dimissioni, le sanzioni penali in caso di alterazione del modulo, le sedi “protette” ove dette modalità formali non sono applicate, l’esclusione del lavoro domestico;
  • la richiamata disciplina normativa che ha imposto, per le dimissioni, una determinata forma “non altera la natura dell’atto di dimissioni come negozio unilaterale recettizio, ma richiede – ai fini dell’efficacia dell’atto – il rispetto di determinate forme (di natura telematica), salvo che le dimissioni e la risoluzione consensuale intervengano in sede assistita o avanti alla Commissione di certificazione”. Tali procedure “mirano a soddisfare, contestualmente, un duplice obiettivo: da un lato, conferire data certa alle dimissioni al fine di rendere impossibile il fenomeno delle dimissioni in bianco; dall’altro, fornire la garanzia che la volontà del lavoratore di risolvere il contratto di lavoro (espressa tramite le dimissioni o l’accordo di risoluzione consensuale) si sia formata e sia stata espressa liberamente e genuinamente dal lavoratore medesimo, in assenza di qualunque costrizione esercitata dal datore di lavoro”;
  • pertanto, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, che, “prendendo atto della normativa applicabile al caso di specie, valuterà l’efficacia dell’atto di dimissioni e l’eventuale successivo regime sanzionatorio applicabile”.

Sentenza

Dimissioni del lavoratore ed esclusione del principio di libertà di forma
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