Necessaria la contestazione disciplinare per licenziare il dirigente
Nota a Cass. 20 giugno 2017, n. 15204
Kevin Puntillo
Il licenziamento per giusta causa, irrogato per una condotta tenuta dal dirigente nell’ambito del rapporto di lavoro e ritenuta dal datore di lavoro così scorretta da minare il vincolo fiduciario, è un licenziamento ontologicamente disciplinare, e deve essere assoggettato alle garanzie dettate in favore del lavoratore dal secondo e terzo comma dell’art. 7 Stat. lav., circa la contestazione dell’addebito e il diritto di difesa.
Il principio è stato affermato dalla Cassazione con sentenza 20 giugno 2017, n. 15204 (conformi Cass. n. 14326/2012 e 17652/2008), la quale ha precisato che le garanzie procedimentali dettate dall’art. 7, co. 2 e 3, Stat. lav., “in quanto espressione di un principio di generale garanzia fondamentale, a tutela di tutte le ipotesi di licenziamento disciplinare, trovano applicazione anche nell’ipotesi del licenziamento di un dirigente, a prescindere dalla sua specifica collocazione nell’impresa, qualora il datore di lavoro gli addebiti un comportamento negligente, o colpevole in senso lato, ovvero se, a base del recesso, siano poste condotte comunque suscettibili di pregiudicare il rapporto di fiducia tra le parti. Al riguardo, v. Cass. S.U. 30 marzo 2007, n. 7880, che, come noto, hanno esteso a tutti coloro in possesso della qualifica di dirigente, in ragione della rilevanza dei compiti assegnati dal datore di lavoro – e, quindi, senza distinzione alcuna tra dirigenti top manager ed altri (c.d. dirigenti “medi” o “minori”) appartenenti alla stessa categoria – l’iter procedurale previsto dallo Statuto dei lavoratori (cfr., altresì, Cass. 17 gennaio 2011, n. 897).
È dunque necessario, anche per i dirigenti, inclusi quelli al vertice della compagine aziendale, il diritto di difesa in presenza di contestazioni disciplinari. Tale diritto rappresenta, infatti, una “indefettibile garanzia di ogni prestatore di lavoro incolpato di un addebito prima che il datore di lavoro determini, con un suo atto unilaterale, conseguenze negative nella sua sfera soggettiva”.