Il servizio di reperibilità, a meno che non sia chiaramente previsto dal ccnl, è esigibile soltanto nel caso in cui si presenti la specifica esigenza aziendale che è chiamata a soddisfare e, pertanto, non determina un diritto automatico del lavoratore all’inserimento nei turni ed alla percezione della relativa indennità

Nota a Cass. 31 agosto 2017, n. 20648

Bianca Maria Screnci

Se il ccnl non lo statuisce chiaramente non si configura un diritto del dipendente all’inserimento automatico nei turni di reperibilità anche se il medesimo risulta inquadrato in una unità lavorativa in cui si richieda il servizio in questione. Tale servizio, infatti, pur se volto ad assicurare la capillarità del pronto intervento (nella fattispecie, gas-acqua) a favore dell’utenza, costituisce una “diretta derivazione” delle esigenze aziendali, “così come valutate dalla discrezionalità datoriale”.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione (31 agosto 2017, n. 20648, cassando App. Lecce 11 giugno 2012, di conferma di Trib. Lecce n. 11378/2009), la quale chiarisce che, nel caso di specie, il ccnl (art. 25,  Anigas 4 maggio 1995 e Gas-acqua 1 marzo 2002) ha configurato il servizio di reperibilità considerandolo non “di per sé una mansione in senso tecnico-giuridico”, ma un “obbligo accessorio e intermedio” per il lavoratore preposto ad una determinata funzione “e alle connesse specifiche mansioni” (a detto obbligo, come noto, solitamente corrisponde una particolare indennità, pur se di misura inferiore rispetto a quella spettante per la prestazione piena ed effettiva).
Nella vicenda esaminata dalla Corte, il servizio di reperibilità era organizzato in turni periodici, secondo un piano prestabilito, adottato dal datore, per le esigenze funzionali dell’organizzazione aziendale del lavoro e “la previsione contenuta nell’art. 25, co. 2, lett. b) del ccnl, che prevedeva l’avvicendamento nel servizio di reperibilità del “maggior numero di lavoratori”, non implicava la sussistenza in capo al singolo prestatore  di un “diritto ad essere incluso automaticamente nei turni di reperibilità”.
Per i giudici, dunque, la turnazione, anche se costituisce un elemento costante dell’espletamento del servizio non può essere considerata “la regola” e la dispensa dalla reperibilità non rappresenta un’eccezione.
Pertanto, in caso di dispensa dai turni, la mancata corresponsione della relativa indennità, non può determinare un danno per il lavoratore escluso. Né, tantomeno, tale danno può essere paragonato a “quello da dequalificazione professionale in senso tecnico giuridico, non potendo assimilarsi la reperibilità a nessuna forma specifica di lavoro, neanche ‘in attesa’, ma configurandosi, invero, quale obbligo accessorio alla prestazione principale ed intermedio rispetto al suo adempimento, esigibile soltanto nel caso in cui si presenti quella specifica esigenza che la turnazione è chiamata a soddisfare” (come, nella specie, il pronto intervento sul territorio per esigenze dell’utenza).

L’indennità di reperibilità non è automatica
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