Nell’ipotesi di contratto di appalto, illecito in quanto contrastante con norme imperative di legge, la transazione avente ad oggetto l’abdicazione dei lavoratori ai diritti nascenti dalla nullità del negozio fittizio è nulla.

Nota a Trib. Roma 16 novembre 2017, n. 9349

Paolo Pizzuti

Le transazioni che comportano abdicazione dei lavoratori ai diritti nascenti dalla nullità di negozi fittizi, come, ad esempio, l’interposizione vietata di manodopera, sono nulle ancorché le parti, nel transigere, abbiano espressamente trattato della nullità stessa (v. anche Cass. S.U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243; Cass. 13 gennaio 1983, n. 228 e 20 dicembre 1982, n. 7017).

È quanto affermato dal Tribunale di Roma (16 novembre 2017, n. 9349), relativamente ad una società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che, pur avendo formalmente appaltato ad altra azienda il servizio di contact center, aveva gestito direttamente gli addetti al servizio medesimo, i quali risultavano, pertanto, assoggettati al potere direttivo, di controllo e disciplinare della società appaltante, configurando così un’ipotesi di interposizione illecita di manodopera.

Tuttavia, in vista della stabilizzazione del personale addetto al servizio in parola, i lavoratori avevano stipulato accordi transattivi in sede sindacale, con i quali avevano rinunciato a rivendicare la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con riferimento alla prestazione resa fino a quel momento, ottenendo in cambio l’impegno della società a trasformare il loro rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato.

Come noto, la fattispecie in esame è regolata dall’art. 29, co.1, D.Lgs. n. 276/2003, il quale dispone che: “1. Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.

Inoltre, ex co. 3 bis della medesima norma, “ Quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell’articolo 27, comma 2”.

In altre parole, nel contratto di appalto regolare l’organizzazione dei mezzi necessari fa capo all’appaltatore; nel senso che egli esercita il potere organizzativo (anche di beni immateriali, quando si tratti d’impresa c.d. leggera o dematerializzata in cui l’organizzazione del fattore lavoro sia prevalente sul capitale) e direttivo nei confronti dei lavoratori e si assume il rischio d’impresa. E, “solo se ricorrono le caratteristiche di legge dell’appalto lecito, non può costituirsi un rapporto di lavoro subordinato tra il prestatore d’opera e l’imprenditore appaltante, mentre in caso contrario prevale, secondo un principio generale del diritto del lavoro, l’aspetto sostanziale e di fatto su quello apparente e formale”.

In questo quadro, il Tribunale (uniformandosi a quanto già indicato dalla Corte di Cassazione 11 novembre 2016, 23064) chiarisce che: l’art. 1972 c.c. distingue tra transazione relativa a contratto illecito (ai sensi dell’art. 1418, 2° co., c.c. l’illiceità del contratto consegue solo all’illiceità della causa o del motivo comune ad entrambi i contraenti) transazione relativa a contratto nullo, affermando che:

a) in seguito agli accertamenti necessari “non possono esservi dubbi” circa la qualificazione dell’appalto illecito come “contratto illecito”;

b) la transazione attinente ad un contratto illecito è nulla (“anche se le parti abbiano trattato di tale nullità (1° co.), e l’annullabilità, ad istanza della parte che abbia ignorato la causa di nullità della seconda”). Ciò, in quanto si configura un contrasto del contratto illegittimo di appalto di manodopera con disposizioni poste a tutela dell’interesse pubblico, attuative di principi costituzionali, che hanno natura di norme “imperative” nel senso della loro generalità, del loro trascendere le parti negoziali o comunque del “tendere della norma alla protezione di fini fondamentali dell’ordinamento giuridico;

c) la dichiarazione di nullità della transazione, in quanto derivante dal contrasto con norme imperative dell’assetto di interessi complessivamente programmato dalle parti comporta il divieto per le parti stesse di derogare, nell’esercizio della loro autonomia, alla regola legislativa, ovverossia si configura un “divieto di transigere anche se la nullità abbia rappresentato la questione controversa, con il conseguente ripristino della situazione anteriore alla stipulazione del negozio transattivo”;

d) la circostanza poi che il legislatore “continui a prevedere una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro che violi la normativa in materia di somministrazione di lavoro, conduce a riconoscere valore superindividuale degli interessi sottesi alla previsione di legge”. Con conseguente illiceità del contratto in base al combinato disposto degli artt. 1343 1 348, co.1, c.c. “e, per l’effetto, la nullità della relativa transazione intercorsa fra le parti” ex art. 1972 c.c. (secondo l’art. 18, D.Lgs. n. 276/2003: “1. L’esercizio non autorizzato delle attività di cui all’ articolo 4, comma 1, lettere a) e b), è punito con la pena dell’ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo”);

e) “l’esercizio della relativa azione di nullità non trova deroga nella disciplina dell’art. 2113 c.c. che, prevedendo l’impugnazione di rinunzie e transazioni in materia di diritti indisponibili (esclusa, peraltro, allorché il negozio sia stato stipulato con l’intervento dell’Ispettorato territoriale o della commissione territoriale del lavoro), istituisce un rimedio che si aggiunge, ma non sostituisce e non esclude i normali mezzi di impugnazione dei contratti e cioè le normali azioni di nullità e di annullabilità.

Nullità dell’accordo transattivo in sede sindacale
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