Il periodo di congedo parentale non può essere assimilato a un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione del diritto alle ferie annuali retribuite.

Nota a Corte di Giustizia UE, 4 ottobre 2018, C – 12/17

Donatella Casamassa

È conforme al diritto dell’Unione Europea una disposizione nazionale che, ai fini della determinazione del diritto alle ferie annuali retribuite per un periodo di riferimento, non consideri la durata di un congedo parentale fruito dal lavoratore nel corso del suddetto periodo come periodo di lavoro effettivo.

È questa la decisione assunta dalla Corte di Giustizia UE (causa C-12/17) chiamata, dalla Corte d’Appello rumena, a stabilire se il periodo di congedo parentale possa essere considerato come periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione della durata delle ferie annuali.

La questione riguardava un magistrato rumeno che aveva beneficiato di un congedo di maternità, seguito da un congedo parentale e da 30 giorni di ferie annuali retribuite. Poiché il diritto rumeno riconosce ai lavoratori 35 giorni di ferie annuali retribuite, il magistrato chiedeva al tribunale presso il quale prestava servizio, di concederle i 5 giorni residui di ferie annuali retribuite. La domanda veniva tuttavia rifiutata in quanto, secondo il diritto rumeno, la durata delle ferie annuali retribuite è proporzionale al periodo di lavoro effettivo svolto durante l’anno in corso e, ad avviso del tribunale, la durata del congedo parentale di cui il lavoratore aveva beneficiato durante l’anno non poteva essere considerata come periodo di lavoro effettivo.

La Corte di Giustizia ricorda che il diritto dell’Unione riconosce al lavoratore un diritto alle ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, con la finalità precipua di consentire allo stesso di riposarsi. Tale diritto poggia sulla premessa che il lavoratore ha effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento. La Corte precisa, tuttavia, che, in talune situazioni specifiche nelle quali il lavoratore non è in grado di adempiere alle proprie funzioni a causa, in particolare, di un congedo di maternità o di un’assenza per malattia debitamente giustificata, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato.

Nel caso esaminato, la Corte esclude che il magistrato si trovasse in una situazione specifica del genere e sottolinea che il congedo di maternità è volto alla protezione della condizione biologica della donna durante e dopo la gravidanza e alla protezione delle particolari relazioni tra la donna e il bambino durante il periodo successivo alla gravidanza e al parto, distinguendosi, pertanto, dalla situazione del lavoratore in congedo parentale. Così, una sopravvenuta inabilità al lavoro per malattia è, in linea di principio, imprevedibile e indipendente dalla volontà del lavoratore, diversamente dal lavoratore in congedo parentale, che non è soggetto alle limitazioni fisiche e psichiche derivanti da una malattia.

Su tali premesse, la Corte di Giustizia conclude che, in una situazione come quella di cui trattasi, il periodo di congedo parentale non può essere assimilato a un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione del diritto alle ferie annuali retribuite.

Anche nel nostro ordinamento, il periodo di congedo parentale non può essere assimilato ai giorni di lavoro effettivo. Sebbene rientri nel calcolo dell’anzianità di servizio, il congedo parentale non comporta infatti la maturazione delle ferie, né della tredicesima mensilità (art. 32, co. 5, D.LGS. n. 151/2001).

Il congedo parentale non comporta la maturazione delle ferie
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