La pubblica amministrazione è libera di valutare autonomamente la rilevanza disciplinare degli atti del processo penale. Nell’indennità risarcitoria di cui all’art. 18 Stat. Lav. vanno ricompresi, oltre alla retribuzione base, i compensi di carattere continuativo correlati alle particolari modalità della prestazione in atto al momento del licenziamento.

Nota a Cass. 14 novembre 2018, n. 29376

Francesco Belmonte

Nel pubblico impiego privatizzato, gli eventuali conflitti tra l’esito del procedimento penale concluso con sentenza irrevocabile di assoluzione e l’esito del procedimento disciplinare concluso con l’irrogazione di una sanzione sono regolati dall’art. 55-ter, co. 1, 2 e 4, D.LGS. 30 marzo 2001. n. 165, il quale «prevede un procedimento unitario, articolato in due fasi, in cui il previsto rinnovo della contestazione dell’addebito deve essere effettuato pur sempre in ragione dei medesimi fatti storici già oggetto della prima contestazione disciplinare, in relazione ai quali, in tutto o in parte è intervenuta sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso. La determinazione, di conferma o modifica della sanzione già irrogata, ha effetti ex tunc e l’accertamento in sede giurisdizionale dell’illegittimità della stessa non può che operare ex tunc».

Tale principio è affermato dalla Corte di Cassazione (14 novembre 2018, n. 29376), la quale rileva che nel pubblico impiego privatizzato, l’art. 55-ter D. LGS. n. 165/2001, come modificato dal D.LGS. 27 ottobre 2009, n. 150 (e, di recente, dal D.LGS. 25 maggio 2017, n. 75), “ha introdotto la regola generale dell’autonomia del procedimento disciplinare da quello penale, contemplandone la possibilità di sospensione, dunque facoltativa e non obbligatoria, come ipotesi eccezionale, nei casi di illeciti di maggiore gravità, qualora ricorra il requisito della particolare complessità nell’accertamento, restando la P.A. libera di valutare autonomamente gli atti del processo penale e di ritenere che essi forniscano, senza necessità di ulteriori acquisizioni e indagini, elementi sufficienti per la contestazione di illecito disciplinare al proprio dipendente (Cass. n. 8410/2018)“.

La Corte precisa altresì che, stante l’inapplicabilità ai rapporti di pubblico impiego privatizzato delle modifiche apportate dalla L. n. 92/2012 (c.d. legge Fornero) all’art. 18 Stat. Lav. (L. n. 300/1970), la tutela del dipendente pubblico, in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata L. n. 92, resta quella prevista dall’art. 18 Stat. Lav. nel testo antecedente la riforma” (v. anche Cass. n. 11868/2016, in questo sito, con nota di G.I. VIGLIOTTI, Licenziamenti pubblici: non si applica la Fornero).

Pertanto, circa le conseguenze patrimoniali da licenziamento illegittimo ex art. 18 Stat. Lav.:

a) “la retribuzione globale di fatto deve essere commisurata a quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, ad eccezione dei compensi eventuali e di cui non sia certa la percezione, nonché di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione ed aventi normalmente carattere occasionale o eccezionale” (v. Cass. n. 15066/2015).

b) l’indennità risarcitoria di cui all’art. 18 cit. va liquidata in riferimento alla retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore al tempo del licenziamento;

c) e, nel relativo parametro di computo, vanno ricomprese non solo la retribuzione base, ma anche ogni compenso di carattere continuativo correlato “alle particolari modalità della prestazione in atto al momento del licenziamento (con esclusione, quindi, dei soli emolumenti eventuali, occasionali od eccezionali), in quanto altrimenti verrebbero ad essere addossate al lavoratore le conseguenze negative di un illecito altrui”.

Va perciò cassata la sentenza di merito, che aveva escluso dalla base di calcolo dell’indennità risarcitoria “l’indennità di mensa avente carattere convenzionale, l’indennità di rischio, il concorso nelle spese tranviarie, il premio di rendimento ed il premio di produttività, senza considerare che l’assenza del dipendente cui si ricollegava la mancata fruizione dei detti emolumenti era derivata dall’illegittima estromissione dello stesso dall’azienda” (in tema, v. anche Cass. n. 19956/ 2009).

Rapporti tra procedimento penale e disciplinare a carico del dipendente pubblico e art. 18 dello Statuto dei lavoratori
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