In merito alla licenziabilità del dipendente che si rifiuti di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in part-time ovvero dal tempo parziale al full time, la giurisprudenza ha assunto posizioni di rilievo.

In relazione alla prima fattispecie, cioè  qualora  il lavoratore rifiuti di modificare il contratto di lavoro full-time in tempo parziale, la Cassazione ritiene che il licenziamento per motivo oggettivo sia lecito ogniqualvolta la necessità per l’impresa di avvalersi di una prestazione a tempo parziale in luogo di una prestazione a tempo pieno sia dipesa da una riduzione o trasformazione dell’attività e/o del lavoro determinata da situazioni di mercato oppure da scelte dell’azienda (v., ex plurimis, Cass. n. 16897/2016 e Cass. n. 21875/2015).

In relazione, invece, alla seconda ipotesi di licenziamento, connessa al rifiuto del lavoratore di accettare il passaggio dal tempo parziale al tempo pieno, l’orientamento della Suprema Corte non è univoco.

Difatti, la Cassazione, da una parte, considera legittimo il recesso de quo in virtù del richiamo al principio dell’insindacabilità delle scelte organizzative dell’imprenditore: tale principio impedisce infatti al giudice di sostituirsi al datore di lavoro che, nella determinazione dell’assetto organizzativo dell’azienda, ritenga opportuno affidare una certa attività ad un unico prestatore con orario di lavoro a tempo pieno anziché a due dipendenti con orario ridotto (cfr. Cass. n. 12242/2015 e Cass. n. 24235/2010); ma, dall’altra, richiede, ai fini della legittimità del licenziamento, la prova da parte del datore di lavoro: delle ragioni organizzative che impongono di “coprire” l’intero arco della giornata; l’infruttuosa ricerca di ulteriori part-timers da collocare in posizione complementare; nonché l’incompatibilità tra l’assunzione di personale full-time ed il mantenimento in servizio del lavoratore part-time (v., già, Cass. n. 1151/1997 e Cass. n. 12999/95).

Inoltre, un ulteriore e differente orientamento giunge a conclusioni diverse, propendendo per l’illegittimità del provvedimento espulsivo sull’assunto che, nella fattispecie in esame, non si verificherebbe un mutamento tecnico-organizzativo, suscettibile di determinare la soppressione di una posizione lavorativa, bensì un potenziamento del fabbisogno occupazionale dell’impresa mediante l’aumento di rapporti a tempo pieno in luogo di una pluralità di rapporti a tempo parziale (così, Cass. n. 10142/2018, con nota di A. LARDARO, Lavoro part-time e licenziamento, in questo sito; Cass. n. 20016/2012 e Cass. n. 9310/2001).

(In tema, v. D. CASAMASSA, Lavoro a tempo parziale: trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time e ritrasformazione, in questo sito).

F.B.

Part-time e licenziamento per giustificato motivo oggettivo
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