L’accesso a siti internet, tra cui facebook, durante l’orario di lavoro legittima il licenziamento.

Nota a Cass. 1° febbraio 2019, n. 3133

Francesco Belmonte

La frequentazione da parte del lavoratore di siti internet durante l’orario di lavoro, per ragioni esclusivamente personali estranee alla prestazione lavorativa, giustifica il licenziamento disciplinare, in quanto simile condotta si pone in contrasto con l’etica comune ed è idonea ad incrinare la fiducia datoriale.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione (1° febbraio 2019, n. 3133) la quale, in linea con i precedenti gradi di giudizio, ha confermato la legittimità del licenziamento intimato ad una segretaria part-time in ragione degli esorbitanti accessi (circa 6.000 nel corso di 18 mesi, di cui 4.500 su facebook, per durate talora significative) effettuati su siti internet durante l’orario lavorativo e privi di utilità per il disimpiego delle mansioni.

Tale condotta, come correttamente rilevato dai giudici di merito (App. Brescia n. 73/2016 e Trib. Brescia n. 782/2016, in questo Sito, con nota di G. PIGLIALARMI, Rapporto di lavoro e social network: ancora un caso di licenziamento per violazione dell’obbligo di diligenza e buona fede), era sicuramente riconducibile alla lavoratrice in quanto, da uno screening della cronologia effettuato sul computer in sua dotazione, emergeva come i diversi accessi, soprattutto con riferimento a facebook, necessitavano di password e quindi era indubbio che fosse la dipendente medesima, titolare dell’account, ad averli eseguiti.

Per i giudici di merito, inoltre, la mole di tempo dedicato alla navigazione in rete non era connessa all’adempimento della prestazione lavorativa, bensì confermava un comportamento gravemente inadempiente, tale da ledere in modo irreparabile il vincolo fiduciario che deve sussistere alla base del rapporto di lavoro.

Licenziamento e web social
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