La trattenuta retributiva del datore di lavoro, laddove non vi sia la certezza che l’assenza sia imputabile a titolo di adesione allo sciopero in giornate coincidenti con le festività, è illegittima.

Nota a Cass. 1° aprile 2019, n. 9028

Fabrizio Girolami

La condotta dell’azienda che effettui le trattenute retributive a titolo di adesione allo sciopero nei confronti di tutti i dipendenti inseriti nel turno lavorativo dei giorni festivi è antisindacale.

Tale principio, di significativa rilevanza operativa, è stato enunciato dalla Corte di Cassazione con ordinanza 1° aprile 2019, n. 9028, che ha confermato l’antisindacalità del comportamento di una azienda (operante nel settore della grande distribuzione del bricolage e del giardinaggio) che nel 2013 aveva applicato, a carico di tutti i dipendenti in servizio inseriti nei turni di lavoro festivo, la trattenuta sulla retribuzione per le assenze verificatesi nelle giornate festive di Pasquetta, 25 aprile e 1° maggio, per le quali l’organizzazione sindacale di categoria aveva proclamato un’azione di sciopero, dando automaticamente per scontato che i dipendenti avessero inteso aderire allo sciopero indetto, senza invece condurre gli opportuni accertamenti sulle effettive cause dell’assenza.

Nel caso di specie, l’azienda aveva preliminarmente inserito tutti i lavoratori nei turni lavorativi programmati per tali giorni festivi, applicando, a seguito dell’attuazione degli scioperi, le relative trattenute retributive, senza operare – come avrebbe invece dovuto fare – una differenziazione tra i dipendenti che avevano aderito alla prestazione di lavoro festivo (e che, quindi, in caso di adesione allo sciopero avrebbero subìto una legittima decurtazione della retribuzione) e quelli che, decidendo di non prestare lavoro festivo nei suddetti giorni, non avrebbero potuto aderire all’azione di sciopero indetta.

La Corte di appello di Firenze – con sentenza 21 aprile 2016, n. 393 – aveva respinto l’appello proposto dall’azienda verso la sentenza del Tribunale di Firenze che, accogliendo l’opposizione proposta dal sindacato ex art. 28 della L. 20 maggio 1970, n. 300 (cd. Statuto dei lavoratori), aveva qualificato come “antisindacale” la condotta tenuta dall’azienda consistita nell’effettuare le trattenute retributive a titolo di adesione allo sciopero nei confronti di tutti i dipendenti inseriti nel turno lavorativo dei giorni festivi.

Nello specifico, la Corte territoriale aveva affermato l’antisindacalità della condotta posta in essere dall’azienda, sui seguenti presupposti:

  • la trattenuta retributiva era stata applicata indiscriminatamente dall’azienda a tutti i lavoratori non presentatisi in servizio, sebbene inseriti nel turno delle giornate del lunedì di Pasqua, 25 aprile e 1° maggio 2013; giornate in cui i lavoratori non erano obbligati – per espressa previsione del contratto collettivo del settore del commercio (art. 142 c.c.n.l. – “Festività”) – a prestare attività lavorativa;
  • l’unilaterale inserimento in turno per i lavoratori non tenuti obbligatoriamente a prestare servizio nelle giornate festive costituiva di per sé condotta illegittima, perché imponeva al lavoratore un obbligo non previsto dal c.c.n.l., né dal contratto individuale di lavoro e per il quale i lavoratori non avevano prestato alcun previo consenso;
  • per le medesime considerazioni, non poteva essere imposto al lavoratore l’onere di fornire la comunicazione della propria indisponibilità ad effettuare il lavoro festivo;
  • l’applicazione della trattenuta retributiva in maniera indiscriminata nei confronti di tutti i lavoratori assenti dal servizio in quelle giornate festive costituiva, quindi, una mera e illegittima “strumentalizzazione” dello sciopero da parte del datore di lavoro.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze, la società aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra i diversi motivi di doglianza eccepiti, che la sentenza impugnata aveva omesso di considerare l’esistenza presso l’azienda di una prassi consolidata (avente efficacia integrativa del contratto individuale di lavoro) secondo cui era il lavoratore, una volta venuto a conoscenza delle necessità aziendali con riferimento alle giornate di lavoro festivo, a essere onerato di comunicare la sua mancata adesione, ciò legittimando, in difetto, l’azienda a inserire ciascun lavoratore nel turno festivo e operare conseguentemente la relativa trattenuta stipendiale in caso di assenza dal lavoro coincidente in quelle giornate.

La Cassazione ha rigettato il ricorso datoriale ritenendo conforme a diritto la soluzione interpretativa prospettata dalla Corte di appello fiorentina che ha ritenuto illegittimo (in termini di antisindacalità) il comportamento datoriale consistente nell’operare una ritenuta sulla retribuzione, imputando l’assenza nelle giornate del 1 aprile, del 25 aprile e del 1 maggio 2013 a sciopero, in difetto di elementi per ritenere che i lavoratori assenti avessero inteso aderirvi, “non essendo a ciò tenuti in assenza di norme del contratto collettivo che imponessero un obbligo di prestazione in quelle determinate giornate festive, nel caso coincidenti con quelle del proclamato sciopero”.

Ciò, in quanto, da un lato, la disciplina della contrattazione collettiva (cfr. il richiamato art. 142 del c.c.n.l. del commercio) non prevedeva l’obbligo di prestazione lavorativa nelle suddette giornate festive e, dall’altro, il datore di lavoro non aveva fornito (né nel giudizio di primo grado né tanto meno nel giudizio di appello) la prova dell’asserita prassi aziendale (che avrebbe dato luogo a una presunta integrazione del contratto individuale di lavoro), secondo la quale l’orario e i turni di lavoro nei giorni festivi erano fissati con congruo anticipo, con affissione nelle bacheche aziendali, dando la possibilità ai lavoratori di richiedere le modifiche dei turni in base alle loro esigenze. Ne deriva, quindi, che il datore non avrebbe potuto pretendere che i lavoratori comunicassero la loro preventiva adesione allo sciopero indetto per le medesime giornate, determinando, in concreto, l’impossibilità per il datore di operare le trattenute retributive, non potendo essere automaticamente certo che l’assenza dei lavoratori fosse imputabile all’adesione allo sciopero indetto dal sindacato.

In sintesi, secondo la Cassazione, con il comportamento perpetrato in concreto, l’azienda, oltre ad aver posto in essere un inadempimento (parziale) dell’obbligo retributivo (che trova la sua copertura costituzionale nell’art. 36 Cost.), ha integrato una fattispecie non consentita di condotta antisindacale, colpendo in modo indiretto i lavoratori che, non avendo intenzione di scioperare (o per i quali non vi era alcuna prova di tale intenzione), non dovevano subire alcuna decurtazione retributiva, ingenerando “altresì il timore, per il futuro, che in caso di giornate festive interessate da uno sciopero non potessero avvalersi della loro facoltà di non lavorare senza correre il rischio di perdere una quota delle retribuzioni”.

Antisindacalità della trattenuta retributiva nei confronti dei lavoratori che scioperano nei giorni festivi di Pasquetta, 25 aprile e 1° maggio
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