Il benefit riservato ai dipendenti (in servizio e in pensione) non ha natura retributiva.

Nota a Cass. 1° settembre 2020, n. 18167

Francesco Belmonte

L’agevolazione connessa alla carta di libera circolazione è ancorata allo status di dipendente in servizio ovvero in pensione ed è del tutto svincolata dalla natura e dalle modalità della controprestazione lavorativa. Pertanto, seppur sia rimasta inutilizzata, “essa non è suscettibile, alla scadenza, di essere tramutata in un controvalore economico né tanto meno è possibile richiederne la sostituzione con il pagamento di una somma di danaro.”

In questa linea, si è pronunciata la Corte Cassazione (1° settembre 2020, n. 18167) in una fattispecie concernente il pagamento delle differenze retributive conseguenti alla riqualificazione del rapporto di lavoro come subordinato alle dipendenze di Trenitalia s.p.a. in seguito all’accertamento tra le parti di un’intermediazione fittizia di manodopera.

In particolare, il dipendente ferroviario richiedeva anche il pagamento del controvalore delle c.d. carte di libera circolazione (C.L.C.), non fruite nel corso del rapporto di lavoro.

La Cassazione, investita della questione, si è interrogata circa la natura da attribuire all’agevolazione in questione, verificando se quest’ultima rientri “tra i compensi spettanti al lavoratore per effetto della fittizia ricostituzione del rapporto in esito al giudizio che ne ha accertato la natura subordinata condannando la società al pagamento delle differenze retributive maturate e non prescritte ovvero se sia classificabile come mera liberalità non computabile.”

In merito, i giudici di legittimità si sono uniformati a quell’orientamento della stessa Corte che individua la natura retributiva di un benefit ricorrendo al criterio della riferibilità dell’agevolazione “a spese che, se pur indirettamente collegate alla prestazione lavorativa, sono comunque a carico del lavoratore sicché la concessione del benefit si risolve, in buona sostanza, in un adeguamento della retribuzione” (cfr. Cass. n. 14835/2009; Cass. n. 14388/2000 e Cass. n. 8512/1993). Diversamente, qualora il beneficio in parola “costituisca una reintegrazione di una diminuzione patrimoniale, allorché ad esempio si riferisce a spese che il lavoratore dovrebbe sopportare nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, allora ha una funzione riparatoria della lesione subita” (così Cass. n. 14385/2009, cit.).

Da ciò ne discende che “le utilità offerte al lavoratore da ricondurre alla nozione di retribuzione sono quelle che risultano intimamente connesse al sinallagma genetico e funzionale del rapporto di lavoro di cui costituiscono un corrispettivo.” Pertanto, il parametro “per ritenere retributiva una erogazione è dato … dal rapporto sinallagmatico prestazione/controprestazione propria del rapporto di lavoro.”

Per la Corte, tali considerazioni non consentono – diversamente da quanto sostenuto dalla Corte territoriale (App. Catanzaro n. 1694/2016) – di far rientrare le C.L.C. “tra le componenti della retribuzione da prendere in considerazione ai fini del calcolo delle differenze retributive spettanti per effetto della costituzione ab origine di un rapporto di lavoro subordinato nel caso di accertata interposizione fittizia”.

Qualificazione della carta di libera circolazione del personale ferroviario
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