L’esistenza di un clima conflittuale con i vertici aziendali e l’assunzione di un nuovo lavoratore nella stessa posizione del licenziato costituiscono elementi di prova della ritorsività del licenziamento.

Nota a Trib. Milano, ord., 11 settembre 2020, n. 22238

Fabrizio Girolami

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dal datore di lavoro al dirigente per asserita soppressione formale della posizione dirigenziale è da considerare “ritorsivo”, e, come tale, nullo, laddove in sede giudiziale risulti in realtà accertato – sulla base del complesso degli elementi acquisiti al giudizio – che lo stesso è stato irrogato non per ragioni attinenti all’organizzazione produttiva, ma per un esclusivo intento di ritorsione nei confronti del dirigente. A tal fine, assumono rilievo anche le prove presuntive (o indiziarie), quali il comprovato logoramento dei rapporti fra i vertici aziendali e il dirigente nonché l’assunzione, a poca distanza dal licenziamento, di un altro lavoratore nella medesima posizione del licenziato.

Lo ha affermato il Tribunale di Milano, con l’ordinanza n. 22238 dell’11 settembre 2020.

Nel caso di specie, il lavoratore aveva esposto di essere stato assunto presso una filiale italiana di una società internazionale operante nel settore del design con sede a Singapore, ricoprendo la posizione dirigenziale di “College Director”, consistente, tra l’altro, nell’espletamento di attività di “sviluppo e gestione dei corsi triennali e Master nella scuola di design”.

Il dirigente aveva agito in giudizio per dimostrare la natura ritorsiva del licenziamento irrogatogli per giustificato motivo, sostenendo la nullità dello stesso in quanto determinato da un esclusivo intento ritorsivo, quale quello di liberarsi di un lavoratore sgradito che si era rifiutato di “compiere e avallare condotte illecite o comunque non rispettose dei doveri previsti dalla legge italiana e degli obblighi assunti nei confronti di terzi”.

Il giudice milanese ha accolto il ricorso del dirigente, sulla base delle seguenti considerazioni:

  • in tema di licenziamento ritorsivo è necessario “indagare la sussistenza della volontà datoriale di recedere per un motivo illecito che sia anche determinante sul piano causale, al punto da ritenere interrotto il collegamento eziologico con la ragione ritorsiva qualora sia accertata la compresenza di ulteriori ragioni del pari idonee a giustificare l’interruzione del rapporto di lavoro”;
  • l’onere della prova del carattere ritorsivo del licenziamento grava sul lavoratore, ben potendo, tuttavia, il giudice di merito “valorizzare a tal fine tutto il complesso degli elementi acquisiti al giudizio, compresi quelli già considerati per escludere il giustificato motivo oggettivo, nel caso in cui questi elementi, da soli o nel concorso con altri, nella loro valutazione unitaria e globale consentano di ritenere raggiunta, anche in via presuntiva, la prova del carattere ritorsivo dello stesso” (così, Cass. civ., 23 settembre 2019, n. 23583);
  • nel caso di specie, la prova della ritorsività del licenziamento comminato al dirigente è da considerare raggiunta “anche in via presuntiva” alla luce di due “argomentazioni concomitanti temporalmente e strettamente collegate sul piano logico”: da un lato “l’avvenuto logoramento dei rapporti fra i vertici aziendali e il ricorrente” e, dall’altro, “la nomina di un College Director appena successiva alla formale soppressione della posizione del ricorrente”.

Alla luce di tali considerazioni, il giudice, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato la natura ritorsiva del licenziamento e la sua conseguente nullità, condannando, per l’effetto, la società datrice di lavoro all’immediata reintegrazione del dirigente nella posizione lavorativa ricoperta fino al momento del recesso, nonché a corrispondergli le retribuzioni globali di fatto dalla data del licenziamento fino a quella dell’effettiva riammissione nella posizione di lavoro, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo.

Licenziamento ritorsivo per asserita soppressione della posizione di lavoro
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