L’osservanza del criterio trifasico, seppur momento inevitabile del giudizio volto alla determinazione del corretto inquadramento del lavoratore, non richiede che il giudice si attenga pedestremente allo schema procedimentale prefissato, se risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, ricognizione e valutazione sia presente nel ragionamento decisorio.
Cass. ord. 8 febbraio 2021, n. 2970
Pamela Coti
Lo svolgimento del c.d. percorso trifasico è un momento saliente del giudizio teso alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore subordinato che si sviluppa in 3 fasi: accertamento in fatto delle attività lavorativa concretamente poste in essere; individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal ccnl di categoria; confronto tra il risultato della prima indagine e i testi della normativa individuati nella seconda.
Ciò nonostante, il giudice non deve attenersi fedelmente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ma è sufficiente che ciascuna delle tre fasi (accertamento, ricognizione, valutazione) abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione 8 febbraio 2021, n.2970 in relazione al caso di una società ricorrente che lamentava l’omissione del procedimento logico-giuridico trifasico tipico dei giudizi in materia di rivendicazione di qualifica superiore.
Al riguardo i Supremi Giudici, rigettando il ricorso, hanno specificato che la Corte territoriale ha adeguatamente svolto detto procedimento trifasico, pur non attenendosi pedissequamente allo schema prefissato, in quanto “la struttura logico-giuridica che anima la sentenza impugnata risponde ai canoni che definiscono una corretta sussunzione della fattispecie nell’archetipo normativo di riferimento”.