L’agevolazione tariffaria sul consumo di energia elettrica a favore dei superstiti e pensionati non ha natura retributiva e non costituisce un diritto quesito potendo essere revocato unilateralmente quale mera aspettativa sorta alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione.

Nota a Cass. 23 maggio 2023, n. 14216

Flavia Durval

L’agevolazione tariffaria sul consumo di energia elettrica (il cui mantenimento era stato richiesto da pensionati ovvero superstiti di ex dipendenti dell’azienda) non può essere qualificato alla stregua di un emolumento retributivo in natura, difettando un reale profilo di corrispettività tra beneficio in questione e l’obbligazione gravante sul lavoratore qualora:

– il controvalore del beneficio non abbia mai avuto alcuna incidenza sul calcolo degli istituti contrattuali (mensilità aggiuntive e TFR) e tanto meno sulla misura della pensione;

– il godimento del beneficio prescinda totalmente dall’anzianità, dalle mansioni, dalla qualifica e dalle ore lavorate;

– la misura della riduzione tariffaria sia stata sempre determinata in modo del tutto indipendente rispetto a qualsiasi parametro riferibile alla prestazione lavorativa del singolo beneficiario;

– l’agevolazione sia stata sempre strettamente collegata all’uso familiare dell’abitazione principale. Ed infatti in caso di più componenti di uno stesso nucleo familiare, tutti dipendenti dell’azienda in questione, l’agevolazione spettava comunque per una sola utenza, come previsto da tutti i contratti collettivi a partire dal 1961 in poi. Essa inoltre poteva essere concessa (secondo specifiche previsioni dei ccnl mano a mano intervenuti nel tempo) “a lavoratori che, già al momento del suo primo riconoscimento, erano in pensione e quindi non prestavano alcuna attività lavorativa in favore del soggetto concedente, nonché a soggetti che non erano mai stati dipendenti, quali vedove di lavoratori deceduti per causa di servizio o pensionati, oltre che ai familiari di lavoratori assenti dal servizio”.

Lo afferma la Corte di Cassazione 23 maggio 2023, n. 14216, in linea con la Corte territoriale (nel senso della natura della agevolazione tariffaria ai soli fini fiscali, v. Cass. n. 27713/2017; n. 586/2017 e n. 24279/2020).

I giudici precisano inoltre che “ai fini della intangibilità di un emolumento riconosciuto ai lavoratori e pensionati per effetto della contrattazione collettiva, non basta dimostrare la sua natura retributiva, ma occorre provare che esso è diventato parte del patrimonio del dipendente come “diritto quesito”.

Al contrario, il diritto alla agevolazione tariffaria non riveste tale natura, “in quanto non si discute di revoca delle agevolazioni per servizi già fruiti nella vigenza della pattuizione collettiva, bensì di cessazione ex nunc dell’applicazione dello sconto per le future erogazioni di energia elettrica, incerte nell’an e nel quantum”.

I diritti quesiti non possono essere incisi dalla contrattazione collettiva, solo se si riferiscano a situazioni già entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato (v., Cass. n. 20765/2018), in quanto siano ad esempio il corrispettivo di una prestazione già resa (cfr. Cass.  n. 16043/2018; n. 3982/2014 e n. 4839/2001) o di una fase del rapporto già esaurita (n. 18548/2009), oppure in relazione ad evento già maturato (cfr. Cass. n. 5825/2000), e “non con riferimento alla tutela di semplici pretese alla stabilità nel tempo di normative collettive più favorevoli ovvero di aspettative sorte sulla base di tali regolamentazioni previgenti” (così Cass. n. 16043/2018, cit.; n. 24109/2016 e n. 19351/2007).

Per converso, “il principio per cui alla contrattazione collettiva non è consentito incidere, in relazione alla regola dell’intangibilità dei diritti quesiti, su posizioni già consolidate o su diritti già entrati nel patrimonio dei lavoratori in assenza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte degli stessi, non si applica alla distinta ipotesi in cui il contratto collettivo venga ad incidere su posizioni non ancora qualificabili come di diritto soggettivo, ma soltanto a regolare le condizioni di acquisto di diritti futuri (ad es. salario non maturato, contingenza non ancora scattata) (in tal senso, Cass. n. 14944/2014; n. 20838/2009; Cass. 11634/2004).

In sintesi, dunque, nella fattispecie non si verte nel caso di diritti quesiti bensì di mere aspettative legate al “fare affidamento sul fatto che anche in futuro e sine die avrebbero goduto di un peculiare beneficio, non previsto però da una norma di legge, ma di matrice collettiva”.

Secondo i ricorrenti lo sconto tariffario era entrato nel loro patrimonio, a tal punto da modificarne lo stile di vita, inducendoli ad organizzare la propria vita in funzione dell’agevolazione e persuadendoli a compiere specifiche scelte economiche e di condizione familiare.

Per la Cassazione, invece, tanto “non può far reputare già acquisito nel patrimonio individuale di ognuno di loro il diritto all’agevolazione in occasione dei futuri consumi di energia elettrica. Le norme collettive succedutesi nel tempo, infatti, andavano a regolare solo le condizioni di acquisto di diritti futuri”.

Agevolazione tariffaria e diritti quesiti
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