Estesi ai lavoratori non subordinati i permessi ex L. n. 104/1992.

Nota a Trib. Torino 26 giugno 2023, n. 637

Fabrizio Girolami

Come noto, il nostro ordinamento (art. 33, L. n. 104/1992) prevede, a favore dei dipendenti, pubblici o privati, che assistono un familiare con disabilità in situazione di gravità accertata dalle competenti commissioni medico-legali istituite presso le ASL (c.d. caregivers), 3 giorni di permesso mensile. Analoga tutela è riconosciuta a favore dei lavoratori disabili subordinati gravi (che hanno diritto, alternativamente, di assentarsi per 2 ore giornaliere o per 3 giorni al mese, continuativi o frazionati).

Il Tribunale di Torino, con la sentenza 26 giugno 2023, n. 637 (R.G. n. 1110/2022), ha stabilito l’innovativo principio per cui i permessi di cui all’art. 33 L. n. 104/1992 spettano non soltanto ai lavoratori subordinati ma, nel rispetto del divieto di discriminazione diretta e indiretta sancito dalla Direttiva 2000/78/CE, devono essere riconosciuti anche ai lavoratori con forme contrattuali di lavoro autonomo, tra cui i medici professionisti convenzionati con le Aziende Sanitarie Locali (A.S.L.).

Nel caso di specie, un lavoratore psicologo convenzionato a tempo indeterminato di una A.S.L. – con contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale e orario di 22 ore settimanali – invalido civile dal dicembre 2008 e portatore di handicap con connotazione di gravità dal settembre 2009, aveva lamentato: a) di aver inutilmente chiesto, a gennaio 2010, di beneficiare dei permessi ex art. 33 L. n. 104/1992, concessigli soltanto da aprile 2020 (nella misura di 13,12 ore al mese); b) che, a partire da settembre 2021, il beneficio era stato ridotto a 1 solo giorno al mese (differentemente da quelli concessi ai colleghi, che potevano contare su 3 giorni al mese).

Sostenendo il carattere discriminatorio delle condotte, il lavoratore aveva chiesto “l’accertamento del suo diritto a fruire di tre giorni di permesso retribuito al mese, con conseguente condanna dell’ASL convenuta ad attivare immediatamente tale trattamento, e del suo diritto a fruirne sin da gennaio 2010”.

L’A.S.L. aveva contestato la domanda evidenziando: a) l’inapplicabilità della L. n. 104/1992 ai rapporti non subordinati e, in particolare, ai rapporti di convenzione dei medici professionisti; b) la legittimità del diniego dei permessi (per il periodo dal 2010 al 2020) alla luce delle previsioni degli Accordi collettivi nazionali di lavoro (A.C.N.), rappresentando che, prima della stipula dell’A.C.N. del 31.03.2020, il diritto a fruire dei permessi era riservato ai professionisti convenzionati soltanto per assistere i familiari disabili (caregivers) e non anche agli stessi lavoratori disabili.

Il Tribunale torinese ha accolto il ricorso del lavoratore, affermando quanto segue:

  • le condotte attuate dalla A.S.L. in danno del professionista sono lesive degli artt. 2 e 5 della Direttiva 2000/78/CE che stabiliscono rispettivamente il divieto di discriminazioni sia “dirette” che “indirette” l’obbligo del datore di adottare “soluzioni ragionevoli per i disabili”;
  • il divieto di discriminazione si applica “a qualsiasi forma di lavoro dipendente e autonomo, a prescindere dalla forma giuridica in cui esso viene svolto”. Ne consegue che il datore deve assicurare ai lavoratori disabili il diritto di fruire dei permessi 104 e di ogni aiuto necessario per bilanciare la maggior fatica affrontata nella loro vita lavorativa ed extra lavorativa;
  • l’istituto dei permessi ex art. 33 L. n. 104/1992 trova, infatti, la sua ratio giustificatrice nel fatto che la persona con disabilità “affronta una fatica maggiore nella sua vita lavorativa ed extra lavorativa e, dunque, necessita di maggior tempo di riposo dal lavoro rispetto alle persone prive di disabilità che le consenta, al contempo, di contenere il complessivo dispendio di energie durante il lavoro e di recuperare durante il riposo le maggiori energie spese”;
  • per le funzioni che rivestono i permessi, gli stessi sono “di fatto un accomodamento ragionevole che incide sui ritmi di lavoro, come tale pienamente riconducibile all’art. 5 della direttiva 2000/78/CE” e il rifiuto di concedere “un tale accomodamento ragionevole al lavoratore portatore di disabilità” integra “una discriminazione anche sotto tale profilo”;
  • l’organizzazione del lavoro dei professionisti convenzionati prevista dall’A.C.N. di settore non consente dubbi sul fatto che “anche costoro, se portatori di disabilità, necessitano di riposi supplementari e che i permessi di cui si discute assolvono appieno alla loro funzione anche nei loro confronti”. L’unica concreta differenza, rispetto ai lavoratori dipendenti, deriva dal fatto che il supporto dell’INPS è previsto soltanto per il lavoro dipendente e, dunque, il costo della retribuzione erogata in occasione dei permessi rimane a carico della A.S.L.;
  • per le motivazioni sopra esposte, deve essere accertato e dichiarato il diritto del ricorrente a fruire, a partire dal gennaio 2010, di 2 giorni di permesso retribuito ai sensi dell’art. 33 L. n. 104/1992, in applicazione del riproporzionamento al tempo parziale del numero dei permessi (c.d. “pro rata temporis”) previsto dall’A.C.N. di settore (che prevede la riduzione dei giorni di permesso in proporzione alle ore di incarico settimanale).

Sentenza

I permessi della L. n. 104/1992 spettano anche al medico professionista convenzionato (Trib. Torino 26 giugno 2023, n. 637)
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