La flessibilità dell’orario è a discrezione del lavoratore

Antonio Leonardo Fraioli

L’accordo sindacale raggiunto in Germania nella regione del Baden-Württemberg (quella degli stabilimenti di Daimler-Benz, Porsche o Bosch) rappresenta la nuova frontiera delle relazioni industriali, non certo per il significativo aumento salariale (pari al 4,3%, lo stipendio medio di un metalmeccanico tedesco è in media di oltre 2.000,00 euro netti mensili), ma per il cambio di prospettiva, incentrandosi sulla flessibilità dell’orario di lavoro, rimessa alla insindacabile libera scelta del singolo lavoratore.

Le parti si sono infatti accordate per ridurre la settimana lavorativa da 35 a 28 ore, a richiesta del lavoratore (assunto con contratto a tempo indeterminato) per un periodo variabile tra 6 mesi e 2 anni, ritornando poi il rapporto di lavoro a tempo pieno. Coloro che sceglieranno le 28 ore per motivi di salute dei propri familiari o perché svolgono lavori usuranti non perderanno nemmeno la retribuzione per le ore non lavorate perché sono previste integrazioni retributive e giornate di ferie aggiuntive retribuite all’anno.

E le imprese cosa ci guadagnano? Le imprese ottengono la possibilità di aumentare, a seconda delle contingenze del mercato e per i lavoratori che ne fanno richiesta, la settimana lavorativa da 35 a 40 ore, potendo così organizzare i propri processi produttivi a seconda dell’effettivo andamento degli ordini.

Questo deve far riflettere su quanto, allo stato attuale, sia fondamentale per l’impresa la flessibilità della propria organizzazione, se si è addirittura disposti, come contraltare, a pagare l’intera retribuzione anche a fronte di una ridotta prestazione lavorativa.

Libertà contro libertà. Questo è l’emblema dell’accordo. Maggiore libertà per i lavoratori di poter conciliare la propria vita privata con il proprio lavoro e maggiore libertà per le imprese di gestire la propria produzione a seconda delle esigenze del mercato.

L’accordo raggiunto in Germania tra il sindacato IG Metall e le imprese, che probabilmente verrà esteso a tutto il settore metalmeccanico, è dunque significativo per due ordini di ragioni: 1) perché è la prima volta che la flessibilità dell’orario viene contrattata a livello territoriale e non solo a livello aziendale; 2) perché, in sostanza, e questa è la vera rivoluzione, la scelta di riduzione dell’orario è rimessa completamente alla libera scelta del lavoratore ed il datore non potrà che prenderne atto.

Si tratta di un vero e proprio diritto potestativo, di cui nel nostro ordinamento non mancano esempi proprio nell’ambito del part time, nel senso che il lavoratore ha diritto a chiedere ed ottenere la riduzione dell’orario per gravi motivi di salute personali e dei propri parenti.

L’accordo sindacale in questione, dunque, vale proprio quale autolimitazione da parte del datore di lavoro a negare la concessione della modifica (in riduzione o in aumento) dell’orario di lavoro. Insomma, la flessibilità viene vista realmente, per la prima volta, in ragione dei bisogni del lavoratore e non soltanto del datore di lavoro.

In Italia, invece, la scelta di modifica dell’orario di lavoro, essendo una modifica dell’oggetto del contratto, è rimessa all’imprescindibile accordo tra datore di lavoro e lavoratore e dunque la richiesta di modifica da parte del lavoratore dovrà sempre essere accettata dal datore di lavoro (e viceversa).

È chiaro che tale accordo è figlio della situazione economica della Germania ed in particolare del suo settore metalmeccanico, laddove un operaio (ben pagato) può addirittura pensare di rinunciare a parte della retribuzione per un po’ di tempo libero in più, ovvero, all’opposto, potrà aumentare il proprio orario di lavoro da 35 a 40 ore, con conseguente aumento della retribuzione. Un tale accordo risulta attuabile in Germania anche perché il suo settore metalmeccanico è molto più omogeneo di quello italiano, composto da imprese molto più simili tra loro e con un’organizzazione del lavoro pronta ad accogliere tali richieste.

In Italia le piccole e medie imprese presentano differenze molto rilevanti tra loro anche nel medesimo settore e nel medesimo territorio e, quindi, non reggerebbero una tale soluzione sull’orario flessibile a livello di contratto di settore; la sfida dovrebbe essere allora quella di sperimentare la flessibilità sull’orario a livello aziendale. Gli strumenti legislativi ci sono già, ora la palla passa alle parti.

L’accordo sulle 28 ore lavorative in Germania
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