È illegittimo il licenziamento del lavoratore che durante la malattia svolga una moderata attività fisica. 

Nota a Cass. 18 gennaio 2018, n. 1173 

Annarita  Lardaro

La moderata attività fisica svolta dal lavoratore, peraltro suggerita dal medico di medicina generale, non è di per sé incompatibile con il pronto recupero del dipendente e, dunque, non integra giusta causa di licenziamento.

È quanto ha statuito la Corte di Cassazione con sentenza n. 1173 del 18 gennaio 2018 (confermando quanto già rilevato nei due precedenti gradi di giudizio dal Tribunale di Avellino e dalla Corte di Appello di Napoli).

Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione riguardava il licenziamento di un lavoratore che durante la malattia (dovuta ad una distorsione al ginocchio) era stato sorpreso a svolgere una serie di attività ricreative (tra cui passeggiate, bagni di mare) che, secondo la Società, attestavano la sua capacità di svolgere anche la prestazione lavorativa; pertanto, il datore di lavoro decideva di irrogare la sanzione disciplinare del licenziamento, in quanto, a suo dire, rientra tra i doveri del dipendente tenere un comportamento tale da non risultare pregiudizievole per la ripresa del lavoro.

Secondo la Corte, “in tema di licenziamento per giusta causa la condotta del lavoratore che, in ottemperanza delle prescrizioni del medico curante, si sia allontanato dalla propria abitazione e abbia ripreso a compiere attività della vita privata – la cui gravosità non è comparabile a quella di una attività lavorativa piena – senza svolgere una ulteriore attività lavorativa, non è idonea a configurare un inadempimento ai danni dell’interesse del datore di lavoro (cfr. Cass. 5 agosto 2014, n. 17625). Ed infatti l’espletamento di altra attività lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia, è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione ed a giustificare il recesso del datore di lavoro, laddove si riscontri che l’attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre ad essere dimostrativa dell’inidoneità dello stato di malattia ad impedire, comunque, l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa (cfr. Cass. 21 aprile 2009, n. 9474)”.

Nel caso di specie, le “brevi passeggiate e i bagni di mare”, posti in essere dal lavoratore durante la malattia intervenuta in occasione della distorsione ad un ginocchio, vengono dalla Cassazione considerati quali “moderata attività fisica” non incompatibile “con le terapie di recupero della tonicità muscolare”, e, dunque, tali da non configurare una violazione dei doveri di correttezza e buona fede in capo al prestatore di lavoro; in conclusione, dunque, i giudici, rigettando le doglianze della Società ricorrente, hanno ribadito la legittimità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e della condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 18 L. 300/1970 (“Statuto dei Lavoratori”).

(Per un approfondimento della giurisprudenza in tema di licenziamento del lavoratore malato che svolga altra attività, v. M.N. BETTINI, “Malattia e comportamento che pregiudica la guarigione”, nota a Cass. 2 maggio 2017, n. 10647; F. BELMONTE, “Illegittimità del licenziamento durante la malattia”, nota a Cass. 7 ottobre 2016, n. 20210, ambedue in questo sito; IOELE, “Considerazioni sulla giurisprudenza in tema di licenziamento dell’ammalato che svolge altra attività”,  nota a Cass. 8 marzo 2013, n. 5809, in DML, 2014, 267).

Licenziamento illegittimo del lavoratore in malattia che passeggia e fa il bagno in mare
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