Per l’assegno di invalidità si deve far riferimento solo al reddito personale dell’invalido

Nota a Cass. (ord.) 26 agosto 2020, n. 17797

Alfonso Tagliamonte

Alla luce del D.L. n. 76/2013 conv. in L. n. 99/2013, circa il requisito reddituale dell’assegno di invalidità (anche nel periodo successivo alla entrata in vigore della L. n. 247/2007), si deve avere riguardo al reddito personale dell’assistito con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui lo stesso fa parte.

È quanto afferma la Corte di Cassazione (ord. 26 agosto 2020, n. 17797, difforme da App. Potenza) la quale ha ricostruito come segue il quadro normativo di riferimento (riconoscendo il beneficio in controversia solo previa verifica che i redditi personali della ricorrente non superino la soglia di legge e senza che abbia rilievo il reddito del coniuge della stessa).

A) La L. 30 marzo 1971, n. 118 nel dettare una nuova disciplina delle provvidenze a favore dei mutilati e invalidi civili, ha previsto la concessione:

1) di una pensione di inabilità, per i soggetti maggiori di 18 anni nei cui confronti fosse stata accertata una totale inabilità lavorativa (art. 12);

2) e la corresponsione, per i periodi di incollocamento al lavoro, di un assegno mensile ai soggetti di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno, con capacità lavorativa ridotta in misura superiore a due terzi (art. 13).

Ciò, alle medesime condizioni economiche. In particolare, l’art. 12, co. 2 fa riferimento a quelle stabilite dalla L. n. 153/1969 e, a sua volta, l’art. 13, co. 1 prevede che l’assegno mensile è concesso “con le stesse condizioni e modalità”. Nello specifico, secondo la L. n. 153/1969 (art. 26, che prevede le suddette condizioni economiche), l’invalido, ha diritto alla pensione di inabilità come pure all’assegno mensile, qualora sia “titolare di redditi, a qualsiasi titolo, di importo pari o superiore a L.156.000 annue” (testo originario dell’art. 26).

B) Successivamente il D.L. 2 marzo 1974, n. 30, conv. nella L. 16 aprile 1974, n. 114, (nell’elevare l’importo annuo della pensione di inabilità e quello mensile dell’assegno – art. 7) ribadisce che le condizioni economiche per le provvidenze ai mutilati e invalidi civili (pensione di inabilità ovvero assegno mensile) – “sono quelle previste nel precedente art. 3 per la concessione della pensione sociale”(art. 8) e stabilisce che le condizioni economiche necessarie per la concessione della pensione sociale consistono nel possesso di redditi propri per un ammontare non superiore a L. 336.050 annue, ovvero, in caso di soggetto coniugato, di un reddito, cumulato con quello del coniuge non superiore a L. 1.320.000 annue (art. 3 in parziale sostituzione della L. n. 153/1969 cit., art. 26).

C) Dopodiché, con la L. 21 febbraio 1977 n. 29 (art. unico, di conversione, con mod., del D.L. 23 dicembre 1976 n. 850) i limiti di reddito di cui al D.L. n. 30 del 1974, art.8 (in seguito aumentati, per effetto della L. 3 giugno 1975 n. 160, art. 3 a L. 1.560.000 per il reddito cumulato e a L. 505.050 per il reddito personale) sono elevati a L. 3.120.000 annui, ma esclusivamente per la pensione di inabilità, in quanto, il legislatore fa riferimento “agli invalidi civili assoluti di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12” e non agli invalidi parziali di cui al successivo art. 13.

Per questi ultimi valgono i limiti reddituali previsti dal ripetuto D.L. n. 30 del 1974, art. 3 come modificati dalla L. n. 160 del 1975, art. 3. In definitiva, il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi sia per la pensione che per l’assegno, mutando soltanto ed esclusivamente per la pensione di inabilità – l’importo massimo da considerare ai fini della verifica del superamento (o meno) del suddetto limite.

D) In seguito, il legislatore, nel convertire il D.L. 30 dicembre 1979, n. 663 con la L. 29 febbraio 1980, n. 33, ha aggiunto l’art. 14 septies, con il quale, (oltre ad elevare – co 4 e 5 -, i limiti di reddito di cui al D.L. n. 30 del 1974, art. 8 – portati a L. 5.200.000 annui rivalutabili annualmente –) stabilisce che, per l’assegno mensile in favore dei mutilati e invalidi civili di cui alla L. n. 118 del 1971, artt. 13 e 17, il limite di reddito da considerare è di L. 2.500.000 annue, anch’esso rivalutabile annualmente e “da calcolare con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”.

L’art. 14 septies, co. 5, costituisse quindi deroga all’orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi (vedi Corte Cost. n. 769/1988 e n. 75/1991). Più specificamente, rileva la Cassazione, “la formulazione letterale della norma che fa menzione del solo assegno – fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge – non può che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti sia rimasta assoggettata a questa regola” (come del resto confermato dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art.12  – intitolata: “requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili” -, nella quale la distinzione tra le due prestazioni continua ad essere mantenuta).

E) Con il successivo D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. nella legge 9 agosto 2013 n. 99, all’art. 10 comma 5 si è inserito, dopo il sesto comma dell’art. 14-septies del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, (conv, , con mod., dalla L. 29 febbraio 1980, n.33, una ulteriore disposizione con la quale si specifica che “Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all’articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”.

La Cassazione conclude affermando che con tale previsione “il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa (da interpretarsi nei termini più sopra riportati) non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub iudice” (v. Cass. ord. n. 27812 del 2013, n. 28565 del 2013).

Assegno d’invalidità: requisito reddituale e sanitario
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