Il cd. tempo tuta, qualora sia imposto da esigenze di sicurezza e igiene pubblica (come nel caso dell’emergenza pandemica), deve essere retribuito, anche in assenza di imposizione del datore di lavoro.

Nota a Trib. Bari 22 settembre 2020, n. 2595

Maria Novella Bettini e Sonia Gioia

“L’attività di vestizione e svestizione della divisa di lavoro deve essere…retribuita sia nel caso in cui sia eterodiretta dal datore di lavoro…sia nel caso in cui, in ragione della tipologia di attività esercitata, l’obbligo di vestire e svestire la divisa risulti imposto da esigenze di igiene e sicurezza pubblica sicché il relativo uso deve ritenersi implicitamente autorizzato dal datore di lavoro”.

Il principio è affermato dal Tribunale di Bari (22 settembre 2020, n. 2595) in relazione al ricorso di un’infermiera turnista che rappresentava di essere tenuta a giungere sul posto di lavoro 15 minuti prima dell’orario stabilito per l’inizio del turno per recarsi nello spogliatoio, effettuare le operazioni di vestizione per poi raggiungere il reparto al fine di prendere le consegne dai colleghi del turno precedente. La lavoratrice deduceva altresì che alla fine del turno di servizio, dopo l’effettuazione delle operazioni di passaggio di consegne ai colleghi del turno successivo, era tenuta a recarsi presso lo spogliatoio dove effettuava le operazioni di svestizione della divisa che veniva riposta in tali locali, unitamente agli altri dispositivi forniti dall’azienda. Chiedeva pertanto che il tempo di svestizione/vestizione, pari a 15 minuti all’inizio di ogni turno e ad ulteriori 15 minuti dopo la fine di ciascun turno, fosse considerato tempo di lavoro retribuito.

Il Tribunale precisa che, nel rapporto di lavoro subordinato, la frazione temporale necessaria ad indossare l’abbigliamento di servizio (c.d. tempo tuta) costituisce tempo di lavoro solo qualora sia caratterizzato da eterodirezione, ossia quando “l’attività di svestizione/vestizione attenga a comportamenti integrativi dell’obbligazione principale e funzionali al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria (v. Cass., ord., 25 febbraio 2019, n. 5437, annotata in questo sito da S. GIOIA, Tempi di vestizione/svestizione e retribuzione; App. Torino 14 agosto 2019, n. 556, annotata in questo sito da G. I. VIGLIOTTI, Tempo-tuta nei servizi sanitari imposto dal datore di lavoro).

In difetto di tale eterodirezione, l’attività in questione è riconducibile alla diligenza preparatoria inclusa nell’obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad un corrispettivo autonomo.

In particolare, i giudici specificano che, secondo l’orientamento giurisprudenziale di legittimità, l’eterodirezione può derivare dall’esplicita disciplina d’impresa ovvero “risultare implicitamente dalla natura degli indumenti – quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell’abbigliamento – o dalla specifica funzione che devono assolvere come nel caso delle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto” (v. Cass. n. 7738/2018, annotata in questo sito da F. GIROLAMI, La computabilità e retribuibilità del c.d. “tempo tuta” nell’orario di lavoro; oltre a Corte di Giustizia UE 10 settembre 2015, C-266/14). Essi inoltre chiariscono che quando, come nel caso di specie, le attività non sono svolte nell’interesse dell’Azienda, ma dell’igiene pubblica, esse devono ritenersi “implicitamente autorizzate da parte dell’azienda stessa”. In particolare, per quanto concerne il lavoro presso le strutture sanitarie “anche nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di vestizione e svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo tale obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico, sia la stessa incolumità del personale addetto” (v. Cass. ord. 7 maggio 2020, nn. 8622, 8623, 8624, 8625, 8626 e 8627, annotate in questo sito da F. GIROLAMI, Computabilità/retribuibilità del “tempo-tuta” degli infermieri; Cass. 1 luglio 2019, n. 17635, annotata in questo sito da F. GIROLAMI, Riconducibilità del “tempo-tuta” all’orario di lavoro: la Cassazione riconosce il diritto alla relativa retribuzione a favore degli infermieri; Cass. ord. 11 febbraio 2019, n. 3901, in questo sito da M.N. BETTINI, Tempo vestizione infermieri; Cass. ord. 22 novembre 2017, n. 27799, in questo sito, con nota di F. GIROLAMI, Operatori sanitari in strutture ospedaliere: retribuibilità del tempo di vestizione/svestizione della divisa aziendale (“tempo-tuta”) e di cambio turno. Il che si rileva in particolare dalle vicende dell’emergenza Covid-19, in cui è ancor più stringente l’esigenza di garanzia dell’igiene pubblica.

In sintesi, dunque, nella fattispecie considerata, secondo il Tribunale, il c.d. tempo tuta è strettamente funzionale all’esecuzione della prestazione lavorativa della ricorrente ed “integra un’attività costituente corretto adempimento di un obbligo nascente dal rapporto di lavoro”.

Tempo tuta degli infermieri (Trib. Bari 22 settembre 2020, n. 2595)
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