La quota parte dei contributi previdenziali “a carico dei dipendenti”, che non può costituire oggetto di rivalsa, rappresenta un onere indeducibile dal reddito di impresa.

Nota a AdE Risposta 4 agosto 2022, n. 412

Francesco Palladino

Con la Risposta ad interpello n. 412/2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale, ai fini IRES e IRAP, di contributi previdenziali recuperati da parte dell’INPS.

Nel caso di specie, in particolare, la società istante aveva ricevuto dall’INPS alcune diffide, con le quali le veniva contestata l’indebita applicazione del c.d. “massimale contributivo” di cui all’art. 2, co. 18, L. n. 335/1995. Tale norma prevede che, per i lavoratori assunti con decorrenza dal 1° gennaio 1996, i datori di lavori siano tenuti a versare la contribuzione obbligatoria entro un determinato “massimale”. Per i lavoratori assunti anteriormente al 1° gennaio 1996, i datori di lavoro, invece, non possono applicare il suddetto massimale contributivo e sono tenuti a sottoporre a contribuzione pensionistica l’intera retribuzione.
Nell’interpello in analisi, alla società istante era stato richiesto dall’ente contributivo il pagamento dei contributi eccedenti il massimale, sia per la quota a carico dell’azienda che per la quota a carico del dipendente, nonché delle relative sanzioni ed interessi, proprio in quanto i dipendenti della società presentavano un’anzianità contributiva anteriore al 1° gennaio 1996.

La società istante poneva, al riguardo, due quesiti all’Amministrazione finanziaria in tema di deducibilità dei suddetti costi:

  • se la quota di contributi a carico del lavoratore dipendente, nel caso di mancato esercizio della rivalsa, si potesse ritenere un onere inerente all’attività d’impresa e quindi deducibile ai fini IRES e IRAP;
  • se i costi accantonati in un apposito fondo rischi nell’anno in cui sono avvenute le notifiche da parte dell’ente impositore, si possano ritenere deducibili nell’anno in cui si manifestano i presupposti per l’utilizzo del fondo ovverosia nell’anno in cui si effettuano i relativi pagamenti all’ente impositore.

In relazione al primo quesito, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che i contributi previdenziali a carico del lavoratore che vengono traslati sull’imprenditore a causa di un ritardo o un’omissione nel pagamento, integrino una ipotesi di “sanzione civile” indeducibile ai fini IRES e IRAP perché non inerente all’attività d’impresa (al riguardo l’Agenzia delle Entrate fa proprie le conclusioni dell’ordinanza della Corte di Cassazione 30 ottobre 2018, n. 27627).

Quanto al secondo quesito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la deducibilità dei contributi, accantonati in apposito fondo rischi nell’anno in cui sono state ricevute le diffide, è consentita nel periodo d’imposta in cui avviene il relativo pagamento e, conseguentemente, il fondo viene utilizzato a copertura delle passività a fronte delle quali era stato stanziato. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, sulla scorta di quanto sopra argomentato, che tale deducibilità è concessa alla sola quota parte dei contributi spettanti al datore di lavoro, restando comunque indeducibili i contributi spettanti al lavoratore dipendente non oggetto di rivalsa.

Contributi previdenziali indeducibili in assenza di rivalsa
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