L’indennità di camice riconosciuta ai dipendenti delle farmacie rurali non va esclusa dal computo della retribuzione, e, in quanto “dovuta”, costituisce una voce retributiva con la quale si determina la base di calcolo dei contributi previdenziali.

Nota a Cass. (ord.) 26 aprile 2023, n. 10953

Alfonso Tagliamonte

La Corte di Cassazione ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di retribuzione.

Retribuzione onnicomprensiva. Nel nostro ordinamento non esiste un principio generale ed inderogabile di onnicomprensività della retribuzione. Sicché la misura degli istituti contrattuali indiretti viene regolata esclusivamente ed esaustivamente dalla contrattazione collettiva a meno che non sia la legge a prescriverne espressamente la onnicomprensività (v. Cass. n. 21105/2009; e Cass. n. 22921/2004).

Retribuzione utile e retribuzione dovuta. Quanto invece al concetto di retribuzione “utile” ai fini contributivi, con cui si determina quale e quanta parte della retribuzione debba essere sottoposta al prelievo contributivo (c.d. imponibile contributivo), essa “non può che essere dettata dalla legge e non già dalla contrattazione collettiva che non può certo disporre del diritto dell’ente assicuratore”. Più specificamente, secondo la giurisprudenza consolidata, “alla base del calcolo dei contributi previdenziali deve essere posta la retribuzione dovuta per legge o per contratto individuale o collettivo e non quella di fatto corrisposta, in quanto l’espressione usata dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969 per indicare la retribuzione imponibile (“tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro…”) va intesa nel senso di “tutto ciò che ha diritto di ricevere”, ove si consideri che il rapporto assicurativo e l’obbligo contributivo ad esso connesso sorgono con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e distinti, nel senso che l’obbligo contributivo del datore di lavoro verso l’istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore d’opera siano stati in tutto o in parte soddisfatti” (v. Cass. nn. 3630/1999 e 5547/1993).

A conferma, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 11199/2002 e Cass. n. 19284/2017) hanno ribadito che “l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che sarebbe dovuta, ai lavoratori di un determinato settore, in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale; si tratta del cd. minimale contributivo secondo il riferimento ad essi operato, con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale, dall’art. 1 del DL 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389.”

Pertanto, dal momento che la retribuzione da assoggettare a contribuzione è quella “dovuta” al lavoratore, se questa, ai sensi del contratto nazionale, non è onnicomprensiva anche la base di calcolo non sarà onnicomprensiva. Lo stesso vale nell’ipotesi in cui la contrattazione aziendale o provinciale preveda indennità ulteriori rispetto a quanto previsto nel contratto nazionale, “anche in tal caso occorre necessariamente interpretare il contratto, per accertare se una voce retributiva debba essere inclusa negli istituti indiretti, perché solo così si determina il ‘dovuto’ spettante al lavoratore e di conseguenza la base di calcolo dei contributi”.

Imponibile previdenziale e c.d. minimale retributivo. I giudici precisano che con le disposizioni sull’imponibile previdenziale si determina quali voci della retribuzione erogata devono essere sottoposte a contribuzione, quali cioè entrano nella base imponibile a cui si applica l’aliquota, e quali invece ne sono esenti; mentre con quelle sul c.d. minimale si stabilisce che “- qualunque sia la retribuzione erogata o dovuta al lavoratore – la retribuzione valida ai fini contributivi, ossia l’imponibile su cui applicare l’aliquota di pertinenza, non può essere inferiore ad un certo ammontare, che la legge determina richiamando la contrattazione collettiva”.

Nella fattispecie, il vigente ccnl integrativo regionale per le farmacie rurali (Titolo V, art. 6, co.2) riconosce ad ogni dipendente delle farmacie private della Lombardia un’indennità sostitutiva camici/lavaggio pari a lire 800mila annue e prescrive che per le farmacie che forniranno i camici tale indennità sarà ridotta a lire 600mila annue. In base a tale previsione si configura il diritto del dipendente ad ottenere la somma indicata; inoltre, l’indennità di camice, in quanto dovuta, non può essere esclusa dal computo della retribuzione, trattandosi di una voce retributiva spettante ai lavoratori attraverso la quale si determina la base di calcolo dei contributi.

Retribuzione onnicomprensiva, dovuta e imponibile in relazione all’ indennità di camice nelle farmacie rurali
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