Spetta al datore di lavoro escludere la ritorsività del licenziamento, provando la sussistenza dei motivi posti a fondamento dello stesso.

Nota a Trib. Busto Arsizio 18 aprile 2023, R.G. n. 21/2023

Pamela Coti

È onere del datore di lavoro provare la veridicità delle motivazioni del provvedimento espulsivo poiché il licenziamento ritorsivo si configura come un’eccezione.

È quanto stabilito dal Tribunale di Busto Arsizio 18 aprile 2023 (R.G. n. 21/2023) in relazione al licenziamento di un lavoratore che, dopo essere passato alle dipendenze della società cessionaria, era stato licenziato da quest’ultima per giustificato motivo oggettivo. Licenziamento, in realtà, intimato per non aver il lavoratore aderito al piano di incentivazione all’esodo proposto a suo tempo dalla società cedente.

Al riguardo il Giudice del lavoro, dopo aver escluso la fondatezza delle ragioni oggettive poste a fondamento del recesso, ha stabilito che:

  • “l’intento ritorsivo deve aver … un’efficacia, non solo determinativa, ma anche esclusiva, in relazione alla volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fattori rilevanti ai fini della configurazione di un provvedimento legittimo di licenziamento” (Cass. n. 5555/2011; Cass. n. 18283/2010; Cass. n. 10047/2004);
  • la natura ritorsiva del licenziamento rappresenta un’eccezione di merito; pertanto spetta al datore di lavoro provare le diverse ragioni che lo hanno spinto ad adottare il provvedimento;
  • il datore di lavoro che, come nel caso di specie, non fornisca la suddetta prova è tenuto a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro precedentemente occupato unitamente al pagamento di un’indennità in misura pari all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dalla data del licenziamento fino alla reintegrazione.
Licenziamento ritorsivo e onere della prova
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