Nel lavoro intermittente il requisito oggettivo della discontinuità dell’attività e quello soggettivo dell’età sono disgiunti e non necessariamente concorrenti.

Nota a Cass. 24 luglio 2023, n. 22086

Maria Novella Bettini

La Corte di Cassazione (24 luglio 2023, n. 22086) interviene in tema di lavoro intermittente con una decisione difforme dalla pronunzia della Corte territoriale (App. Milano n.1239/2019), la quale, interpretando l’art. 13 del D.LGS. n. 81/2015, aveva ritenuto quali elementi costitutivi concorrenti del contratto di lavoro intermittente sia il requisito oggettivo della discontinuità dell’attività sia il requisito soggettivo dell’età dettato dal co. 2 della disposizione normativa; rilevata la ricorrenza dell’elemento oggettivo e la mancanza di quello soggettivo, aveva dichiarato l’illegittimità del contratto intermittente.

La sentenza rileva che in base all’interpretazione letterale della disposizione normativa de qua l’art. 15 del D.LGS. n. 81, dedicato ai requisiti di forma (ad probationem) del contratto di lavoro intermittente, prevede, tra i vari elementi, “durata e ipotesi, oggettivo o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’art. 13”, facendo riferimento a due diverse ipotesi di lavoro intermittente, “quello giustificato da requisiti oggettivi (le attività discontinue) o dai requisiti soggettivi (l’età del lavoratore)”: le due condizioni legittimanti la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente sono pertanto disgiunte e non necessariamente concorrenti.

Inoltre, chiariscono i giudici, nella definizione tipologica dell’istituto (co.1, art. 13), sono previsti – senza alcun cenno a limiti di età – le «esigenze», i «casi» in cui è consentito utilizzare il lavoro intermittente.

Mentre, nel co. 2 si stabilisce che «in ogni caso» è consentito utilizzare il lavoro intermittente con i soggetti che al momento dell’instaurazione del rapporto hanno meno di 24 anni e fino a che ne compiono 25, o con soggetti che hanno più di 55 anni.

L’espressione «in ogni caso» del comma 2 evoca i «casi», cioè le esigenze, di cui al comma 1, ed “è letteralmente interpretabile come «in qualunque caso», «qualunque sia l’esigenza», a prescindere cioè dalla sussistenza di specifici casi ed esigenze”.

Nel senso così inteso, la formula «in ogni caso» di cui al co. 2 consente la stipula del contratto di lavoro intermittente con soggetti che hanno meno di 24 anni e fino a che ne compiono 25 e più di 55 anni. In altri termini, “il comma 2 consente di stipulare con i soggetti in tali condizioni di età il contratto intermittente anche a prescindere dagli specifici casi ed esigenze di cui al comma 1. Inoltre, l’espressione “in ogni caso” (che aggiunge il presupposto dell’età) è preceduta dal verbo ausiliare “può”: l’uso del verbo ausiliare indica, chiaramente, che si tratta di requisito che non è previsto quale elemento costitutivo del contratto, e l’espressione utilizzata rende evidente che il legislatore ha inteso aggiungere una ulteriore ipotesi di lavoro intermittente, caratterizzata in via esclusiva dal requisito anagrafico del lavoratore”.

La stessa CGUE (19 luglio 2017, in C-143/2016), ha affermato che l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché l’art. 2, paragr. 1, l’art. 2, paragr. 2, lett. a), e l’art. 6, paragr. 1, Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 non ostano ad una normativa nazionale che autorizza un datore di lavoro “a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire”, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno.

La normativa.

L’art. 13 del D.LGS. n. 81 del 2015 (Definizione e casi di ricorso al lavoro intermittente) espressamente prevede:

“1. Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

2.Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni.

3.In ogni caso, con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

4.Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l’indennità di disponibilità di cui all’articolo 16.

5.Le disposizioni della presente sezione non trovano applicazione ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”.

L’art. 15 del medesimo D.LGS. n. 81 (vigente all’epoca della stipulazione del contratto tra le parti e poi modificato dal D.LGS. n. 104 del 2022, peraltro non nelle parti qui evidenziate ossia nella lettera a) e recante la rubrica “Forma e comunicazioni”, recitava:

«1. Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi: a) durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’articolo 13; b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo; c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista; d) forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione; e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto».

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 luglio 2023, n. 22086

Fatti di causa

1.Con sentenza n.1239/2019 la Corte di Appello di Milano, riformando parzialmente la pronuncia di primo grado, ha dichiarato la illegittimità del contratto di lavoro intermittente stipulato tra la società S.J. s.r.l. e M.A.L. per il periodo 28.9-31.10.2016 e la sussistenza, per il medesimo periodo, di un contratto a tempo determinato a tempo pieno.

2. La Corte territoriale, interpretando l’art. 13 del d.lgs. n. 81 del 2015, ha ritenuto quali elementi costitutivi concorrenti del contratto di lavoro intermittente sia il requisito oggettivo della discontinuità dell’attività sia il requisito soggettivo dell’età dettato dal comma 2 della disposizione normativa; rilevata la ricorrenza dell’elemento oggettivo e la mancanza di quello soggettivo, ha dichiarato l’illegittimità del contratto intermittente; ha, poi, ritenuto ricorrenti gli elementi costitutivi del contratto a tempo determinato, sussistendo il motivo giustificativo dell’apposizione del termine (rientrando, l’attività svolta dalla società, nell’ambito delle attività di carattere discontinuo), ed ha rilevato che la scadenza del termine del contratto aveva determinato la naturale cessazione del rapporto per cui non sussisteva alcun licenziamento.

3. Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con un motivo, illustrato da memoria, cui ha resistito il lavoratore con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale fondato su un motivo.

4. La Procura generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Ragioni della decisione

1.Con il primo motivo di ricorso della società è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 81 del 2015, avendo, la Corte territoriale, erroneamente interpretato la disposizione normativa che, con il primo ed il secondo comma, detta chiaramente due diversi, disgiunti, presupposti per il ricorso al lavoro intermittente: da una parte, “in ogni caso” con i lavoratori in possesso del requisito soggettivo d’età; dall’altra, con i lavoratori sprovvisti di detto requisito, al cospetto del requisito oggettivo dettato dai CCNL o dai decreti ministeriali; l’interpretazione è altresì avallata dalle diverse circolari emanate dal Ministero del lavoro (anche con riferimento all’art. 34 del d.lgs. n. 276 del 2003).

2. Con il ricorso incidentale il lavoratore denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 81 del 2015, avendo, la Corte territoriale, trascurato che in tutti i casi di illegittimità dei rapporti atipici (contratti a termine, lavoro temporaneo, progetto, somministrazione, come quello intermittente/a chiamata) deve rivivere il principio generale dettato dall’art. 1 del d.lgs. n. 81 del 2015 in base al quale “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”; la Corte doveva, pertanto, trasformare il contratto intermittente illegittimo in contratto a tempo indeterminato.

3. Il ricorso principale è fondato.

4. L’art. 13 del d.lgs. n. 81 del 2015 (recante rubrica: Definizione e casi di ricorso al lavoro intermittente) è formulato alla stessa stregua dell’art. 34 del d.lgs. n. 276 del 2003 e recita:

«1. Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

2.Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché’ le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni.

3.In ogni caso, con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

4.Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l’indennità di disponibilità di cui all’articolo 16.

5.Le disposizioni della presente sezione non trovano applicazione ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.»

L’art. 15 del medesimo d.lgs. n. 81 (vigente all’epoca della stipulazione del contratto tra le parti e poi modificato dal d.lgs. n. 104 del 2022, peraltro non nelle parti qui evidenziate ossia nella lettera a) e recante la rubrica “Forma e comunicazioni”, recitava: «1. Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi: a) durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’articolo 13; b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo; c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista; d) forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché’ modalità di rilevazione della prestazione; e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto».

5.L’interpretazione letterale della disposizione normativa porta a ritenere che le due condizioni legittimanti la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente siano disgiunte e non necessariamente concorrenti.

5.1. La definizione tipologica dell’istituto è dettata nel comma 1, ove sono previsti – senza alcun cenno a limiti di età – le «esigenze», i «casi» in cui è consentito utilizzarlo.

5.2. Il comma 2 dispone che «in ogni caso» è consentito utilizzare il lavoro intermittente con i soggetti che al momento dell’instaurazione del rapporto hanno meno di 24 anni e fino a che ne compiono 25, o con soggetti che hanno più di 55 anni. L’espressione «in ogni caso» del comma 2 evoca i «casi», cioè le esigenze, di cui al comma 1, ed è letteralmente interpretabile come «in qualunque caso», «qualunque sia l’esigenza», a prescindere cioè dalla sussistenza di specifici casi ed esigenze: «in ogni caso» – nel senso così inteso – il comma 2 consente la stipula del contratto di lavoro intermittente con soggetti che hanno meno di 24 anni e fino a che ne compiono 25 e più di 55 anni. Insomma, il comma 2 consente di stipulare con i soggetti in tali condizioni di età il contratto intermittente anche a prescindere dagli specifici casi ed esigenze di cui al comma 1. Inoltre, l’espressione “in ogni caso” (che aggiunge il presupposto dell’età) è preceduta dal verbo ausiliare “può”: l’uso del verbo ausiliare indica, chiaramente, che si tratta di requisito che non è previsto quale elemento costitutivo del contratto, e l’espressione utilizzata rende evidente che il legislatore ha inteso aggiungere una ulteriore ipotesi di lavoro intermittente, caratterizzata in via esclusiva dal requisito anagrafico del lavoratore.

6.  è interessante notare che nel testo originario dell’art. 34 del d.lgs. n. 276 del 2003, tale previsione anagrafica aveva carattere sperimentale e faceva riferimento al concorso di un duplice fattore, ossia lo stato di disoccupazione di soggetti con meno di 25 anni o lavoratori con più di 45 anni di età espulsi dal ciclo produttivo, rendendo evidente che il lavoro intermittente era stato concepito proprio come strumento che, a prescindere dalle caratteristiche dell’attività lavorativa, agevolasse l’entrata nel mercato del lavoro di soggetti più fragili.

7. Da un punto di vista dell’interpretazione letterale, inoltre, va sottolineato che l’art. 15 del d.lgs. n. 81, dedicato ai requisiti di forma (ad probationem) del contratto di lavoro intermittente, prevede, tra i vari elementi, “durata e ipotesi, oggettivo o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’art. 13”, facendo palese riferimenti a due diverse ipotesi di lavoro intermittente, quello giustificato da requisiti oggettivi (le attività discontinue) o dai requisiti soggettivi (l’età del lavoratore).

8. La scelta del legislatore di individuare due diverse tipologie di contratto di lavoro intermittente emerge con chiarezza ed univocità dal testo delle disposizioni normative e, pertanto, considerato il primato del criterio letterale dettato dall’art. 12 delle disp.prelim.cod.civ. – che, per il suo carattere di oggettività e per il suo naturale obiettivo di ricerca del senso normativo maggiormente riconoscibile e palese, rappresenta il criterio cardine nella interpretazione della legge e concorre alla definizione in termini di certezza, determinatezza e tassatività della fattispecie (sul punto, cfr. Cass. S.U. n. 23051 del 2022) – si palesa inammissibile ogni altra interpretazione.

9.Questa interpretazione è, d’altronde, stata fatta propria anche dalla CGUE (sentenza 19 luglio 2017, in C-143/2016), che ha dichiarato che l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché l’articolo 2, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000 non ostano ad una normativa nazionale che autorizza un datore di lavoro «a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire», e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno.

10. Infine, il Collegio non ignora che questa Corte ha affermato – nella sentenza n. 28345 del 2020 – che il requisito anagrafico concorre con le altre condizioni di natura oggettiva, ma sottolinea che la statuizione integra un mero obiter dictum, non approfondito in quella sede in quanto non ha inciso nella decisione della controversia.

11. In ordine al ricorso incidentale, lo stesso deve ritenersi assorbito in quanto concernente gli effetti di una pronuncia di illegittimità della stipulazione del contratto (come statuita dalla sentenza impugnata), ipotesi respinta in questa sede a seguito di accoglimento del ricorso principale.

12. In conclusione, il ricorso principale va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del giudizio proposto dal lavoratore; il ricorso incidentale è assorbito. Le spese di lite dell’intero processo sono compensate integralmente tra le parti vista la novità della questione di diritto.

13. Va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, posto che tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità o l’improcedibilità originaria del gravame (oltre che per il rigetto) ma non, come nella specie, per la sopravvenuta irrilevanza del motivo di ricorso (incidentale).

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio proposto dal lavoratore; il ricorso incidentale è assorbito. Le spese di lite dell’intero processo sono compensate integralmente tra le parti.

Requisiti del lavoro intermittente
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