Fra gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto che si intendono compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione non rientra il licenziamento.

 Nota a Cass. 7 novembre 2023, n. 30945

Fabio Iacobone

In caso di somministrazione irregolare (art. 38 ss., D.Lgs. n. 81/2015), “quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 31, commi 1 e 2, 32 e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d), il lavoratore puo’ chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione” (art. 38, co. 2). Inoltre, “tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione”. Tale ultimo periodo, ai sensi dell’art. 1, co.1, L. n. 77/2020, “si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento”.

Tale ultima disposizione, secondo la Corte di Cassazione (7 novembre 2023, n 30945) costituisce un’interpretazione autentica destinata ad operare sia nelle controversie già avviate che in quelle future (v. anche Cass. n. 10694/2023).

 Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE 7 NOVEMBRE 2023, n. 30945

Svolgimento del processo

1.La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3784/2016, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato “la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, dal 19.7.2004, tra GSE Spa – Gestore dei Servizi Energetici – e A.A., tuttora in essere” e ha ordinato alla società “la ricostituzione del rapporto di lavoro”, condannando la stessa “al pagamento di una indennità pari a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto”, oltre accessori.

2. La Corte territoriale, sulla base delle “risultanze delle prove testimoniali e documentali” acquisite, ha considerato che, “ancorché il rapporto di lavoro sia stato formalizzato alle dipendenze di GME Spa (ndr. “Gestore dei Mercati Energetici”), (…) la ricostruzione della vicenda lavorativa dell’A.A. induce a ritenere che, in concreto, la prestazione lavorativa fosse resa in favore di GSE”; accertato lo svolgimento di un rapporto di lavoro alle effettive dipendenze della GSE sin dall’origine, la Corte ha ritenuto il licenziamento intimato in data 11.3.2008 dalla GME Spa “irrogato da soggetto privo della titolarità del rapporto e dunque del potere di risolvere il contratto, con conseguente persistenza del rapporto lavorativo in capo a GSE, in assenza di idoneo atto risolutivo, e obbligo del predetto Gestore alla ricostituzione del rapporto con A.A.”; pertanto, ricorrendo “un’ipotesi di somministrazione di manodopera non autorizzata – e dunque in violazione dei limiti imposti dal D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20e 21”, ha ritenuto applicabile la L. n. 183 del 2010, art. 32ed ha condannato la GSE al pagamento dell’indennità onnicomprensiva pari a 12 mensilità.

3. La Corte di cassazione, con ordinanza n. 6668/2019, richiamato il principio di diritto affermato nella sentenza Cass. n. 17969/2016(secondo cui “In tema di somministrazione irregolare, nell’ipotesi di costituzione del rapporto di lavoro direttamente in capo all’utilizzatore ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 1, è onere del lavoratore impugnare il licenziamento nei confronti di quest’ultimo, posto che, in virtù del subentro disposto “ex lege”, gli atti di gestione compiuti dal somministratore producono nei confronti dell’utilizzatore tutti gli effetti negoziali, anche modificativi del rapporto di lavoro, ivi incluso il licenziamento”), ha accolto il quinto motivo del ricorso principale proposto dalla GSE Spa e il ricorso incidentale dell’A.A. ed ha cassato con rinvio la sentenza impugnata. L’ordinanza n. 6668/2019 ha ribadito che “nella – gestione del rapporto- intesa in senso ampio, può essere annoverato anche l’atto che segna la risoluzione del contratto di lavoro, rispondendo la regola dettata dall’art. 27, comma 2 citato all’esigenza di imputare gli effetti di tutti gli atti compiuti dal somministratore irregolare all’utilizzatore, compresi i pagamenti ed i licenziamenti, derivandone anche le conseguenti responsabilità”. La S.C. ha inoltre escluso (accogliendo il ricorso incidentale del lavoratore) che nella fattispecie esaminata potesse trovare applicazione la L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, rilevando che non vi era stata una “conversione del contratto a tempo determinato”, come richiesto dalla disposizione citata, bensì, secondo la ricostruzione offerta dalla stessa Corte territoriale, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatrice GSE Spa con effetto dall’inizio della somministrazione ritenuta irregolare, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27.

4. La Corte d’appello di Roma (sentenza n. 3135/2021), giudicando in sede di rinvio, rilevata l’esistenza di un giudicato interno sull’accertamento della titolarità del rapporto di lavoro in capo alla utilizzatrice GES Spa e dovendo accertare in concreto, in applicazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza rescindente (e quindi sul presupposto che il licenziamento intimato dal somministratore fosse direttamente imputabile all’utilizzatore), il rispetto del termine di decadenza per l’impugnativa del recesso datoriale, di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6 nel testo modificato dalla L. n. 183 del 2010, ha rilevato che, nelle more, il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, è stato abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 55e integralmente sostituito dall’art. 38 di quest’ultimo decreto legislativo; inoltre, che con il D.L. n. 34 del 2020, art. 80 bis, convertito dalla L. n. 77 del 2020, è stata fornita una interpretazione autentica del secondo periodo del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 38, comma 3 (ai sensi del quale “tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione”) nel senso che “tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento”.

5. Secondo la Corte di rinvio, la norma di interpretazione autentica dell’art. 38 cit. è riferibile anche al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, ratione temporis applicabile alla fattispecie oggetto di causa, trattandosi di una mera “novazione normativa”; l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla S.C. viene meno quando la norma da applicare è stata oggetto di interpretazione autentica o di dichiarazione di illegittimità costituzionale; in base all’art. 27 cit., come interpretato dal legislatore attraverso l’art. 80 bis cit., deve escludersi che tra gli “atti di gestione” del rapporto di lavoro sia compreso il licenziamento; quindi, l’atto di recesso del somministratore (GME) non ha prodotto alcun effetto estintivo rispetto al rapporto di lavoro tra l’A.A. e la utilizzatrice GSE Spa che deve considerarsi tuttora in essere.

6. I giudici di rinvio, dichiarata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra A.A. e la GSE a far data dal 19.7.2004, tuttora in essere, hanno disposto la riassunzione in servizio del dipendente e condannato la società al pagamento delle retribuzioni maturate nei periodi non lavorati, a far data dalla messa in mora (26.3.2008) fino all’effettivo ripristino, detratte le somme percepite dal lavoratore (dirigente) a titolo di indennità supplementare ai sensi dell’art. 23 c.c.n.l. nonché quelle al medesimo corrisposte ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5.

7. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la GSE Spa con un unico motivo. A.A. ha resistito con controricorso. La GME – Gestore dei Mercati Energetici – Spa non ha svolto difese. Le parti costituite hanno depositato memoria sia in vista dell’originaria adunanza camerale fissata l’1.3.2023 e sia per l’odierna pubblica udienza.

Motivi della decisione

8. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 384c.p.c., comma 2, D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 38 e dell’art. 11 preleggi, per avere la Corte d’appello disatteso il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione.

9. Si sostiene che l’art. 80 bis cit. non costituisca una norma di interpretazione autentica ma abbia natura modificativa e innovativa per cui, in assenza di una espressa previsione di segno contrario, non ha efficacia retroattiva. Tale disposizione non poteva quindi trovare applicazione nella fattispecie oggetto di causa, dal che discende che la Corte di rinvio, che ha invece applicato lo ius superveniens, ha violato il principio di diritto enunciato in questo procedimento dalla Suprema Corte.

10. Il motivo di ricorso è infondato.

11. il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, nella formulazione ratione temporis applicabile al rapporto per cui è causa, prevedeva: “1. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui all’art. 20 e all’art. 21, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione”.

12. il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, è stato abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 55, comma 1, lett. d). Quest’ultimo disciplina la somministrazione irregolare agli artt. 38 e ss.. L’art. 38, comma 2 ripetendo lo schema dell’art. 27 introdotto nel 2003, stabilisce che “quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt. 31, commi 1 e 2, 32 e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d), il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione”. Il comma 3 aggiunge: “Nelle ipotesi di cui al comma 2 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione”, così reiterando la norma contestualmente abrogata salvo aggiungere, per due volte, l’alternativa “o ricevuti” circa tali atti del somministratore (v. in tal senso, Cass. n. 18455 del 2023, p. 24).

13. è poi intervenuto il D.L. n. 34 del 2020, art. 80-bis convertito con modificazioni dalla L. n. 77 del 2020, che sotto la rubrica “Interpretazione autentica del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, art. 38, comma 3”, ha disposto: “Il secondo periodo del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, art. 38, comma 3 ai sensi del quale tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o gestione del rapporto, per il periodo nel quale la somministrazione ha luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento”.

14. Con una recente sentenza (Cass. n. 10694 del 2023), questa Corte ha stabilito che “In tema di somministrazione irregolare, il D.L. n. 34 del 2020, art. 80 bis conv., con modif., dalla L. n. 77 del 2020- ove è previsto che il D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 38, comma 3, secondo periodo ai sensi del quale tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o gestione del rapporto si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento – deve qualificarsi come norma di interpretazione autentica, in quanto, chiarendo la portata della norma interpretata, intervenendo, con effetti retroattivi, su quei profili applicativi che avevano dato luogo ad incertezze, prescrive una regola di giudizio destinata ad operare in termini generali per le controversie già avviate come per quelle future”.

15. La sentenza appena citata ha sottolineato come “la norma manifesta espressamente l’intento di precisare e chiarire la portata della norma interpretata e si limita ad intervenire, con effetti retroattivi, soltanto su quei suoi profili applicativi che avevano dato luogo ad incertezze”, riassunti nei precedenti di legittimità puntualmente richiamati (da un lato, Cass. n. 17969/2016; Cass. n. 6668/2019e, dall’altro, Cass. n. 22487/2019e giurisprudenza ivi richiamata, sul potere di recesso del contraente reale in caso di interposizione fittizia di manodopera); ha, inoltre, rilevato che il contenuto normativo esplicitato dall’art. 80 bis “corrisponde ad uno dei possibili significati da ascrivere alla norma interpretata”, attraverso “l’esclusione dalla nozione di atto -di gestione- del rapporto di quella di recesso dal rapporto”, e come la disposizione in esame sia coerente ai principi enunciati in tema di interpretazione autentica dalla Corte Costituzionale e dalla Corte EDU (v. Cass. n. 10694 del 2023, p. 13 e 14).

16. è vero che la citata norma di interpretazione autentica è espressamente riferita al D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 38 mentre nella fattispecie oggetto di causa trova applicazione, ratione temporis, il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27.

17. Tuttavia, in ragione della completa sovrapponibilità dei testi normativi di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 2, e del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 38, comma 3, deve ritenersi che l’art. 80 bis cit., di interpretazione autentica dell’art. 38, sebbene privo di portata vincolante rispetto alla disciplina previgente, costituisca criterio ermeneutico decisivo per giungere ad identica conclusione anche in riferimento alla disposizione dettata dall’art. 27 cit. (sulla portata della norma di interpretazione autentica rispetto a disposizioni previgenti v. Cass. n. 24192 del 2006, n. 21746 del 2005; n. 1335 del 2003, tutte in materia di imposte sui redditi).

18. In tal senso si è già osservato come, dal punto di vista letterale, l’art. 27, comma 2, contempli specificamente la costituzione e la gestione del rapporto e si riferisca pertanto ad un rapporto “in fieri”; che l’assenza di qualsiasi riferimento al momento di estinzione del rapporto impedisce di includere negli atti di gestione anche il licenziamento ad opera del somministratore; che nella stessa direzione conduce la delimitazione agli atti compiuti (o ricevuti) “per il “periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo”, che logicamente guarda alla durata della somministrazione e non alla fase della sua cessazione (v. Cass. n. 18455 del 2023in motivazione, p. 25).

19. Parimenti infondato è l’assunto di violazione dell’art. 384 c.p.c., dovendosi ribadire che “a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 1, l’enunciazione del principio di diritto vincola il giudice di rinvio che ad esso deve uniformarsi, anche qualora, nel corso del processo, siano intervenuti mutamenti della giurisprudenza di legittimità, sicchè anche la Corte di cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di merito, deve giudicare sulla base del principio di diritto precedentemente enunciato, e applicato dal giudice di rinvio, senza possibilità di modificarlo, neppure sulla base di un nuovo orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, salvo che la norma da applicare in relazione al principio di diritto enunciato risulti successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di “jus superveniens”, comprensivo sia dell’emanazione di una norma di interpretazione autentica, sia della dichiarazione di illegittimità costituzionale” (v. Cass. n. 27155 del 2017; n. 6086 del 2014; n. 13873 del 2012).

20. A tali principi di diritto si è rigorosamente attenuta la sentenza d’appello che si sottrae, all’evidenza, alle censure mosse col motivo di ricorso in esame.

21. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.

22. La regolazione delle spese nei confronti della parte costituita segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo e raddoppio del contributo unificato, se dovuto, ricorrendone i presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (v. Cass., S.U., n. 23535 del 2019). Non si provvede sulle spese nei confronti di GME Spa rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in Euro 5.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pier Luigi Panici, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

 

Somministrazione irregolare
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