Quando il CCNL, in caso di timbratura di presenze irregolari, non prevede la sanzione espulsiva, bensì solo una sanzione conservativa con sospensione dal servizio, il licenziamento è invalido.

Nota a Cass. 7 giugno 2016, n. 11630.

Kevin Puntillo

“In tema di licenziamento, le tipizzazioni degli illeciti disciplinari contenute nei contratti collettivi non possono essere disattese dal giudice, perché rappresentano le valutazioni che le parti sociali hanno fatto in ordine alla valutazione della gravità di determinati comportamenti rispondenti, in linea di principio, a canoni di normalità e che il datore di lavoro non può irrogare la sanzione risolutiva quando questa costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo, in relazione ad una determinata infrazione”.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza 7 giugno 2016, n. 11630, chiamata a pronunciarsi sul licenziamento irrogato ad un dipendente comunale, a seguito dell’accertamento di timbrature di presenze irregolari.

Il lavoratore, impugnando il licenziamento dinanzi al Tribunale del lavoro, si vedeva rigettata l’impugnazione. Proposto appello, la Corte riformava la sentenza di primo grado, annullando il licenziamento, ordinando la reintegrazione del lavoratore e condannando l’ente al risarcimento. Quest’ultimo proponeva ricorso per Cassazione e il lavoratore ricorso incidentale. La Suprema Corte, ritenendo infondato il ricorso, confermava la sentenza di appello.

Le argomentazioni a fondamento della decisione si basavano sull’assunto che i fatti addebitati non erano riconducibili all’art. 25, co. 7, lett. i), ccnl 22.1.2004 per le Regioni e le Autonomie Locali, in difetto del requisito di proporzionalità, perché tale disposizione consentiva il licenziamento in ipotesi di comportamenti diversi e più gravi di quello addebitato al lavoratore nella specie, ossia nei casi di grave incapacità, anche dolosa, nell’adempimento degli obblighi di servizio; di reiterati comportamenti ostativi all’attività ordinaria dell’Ente; di condanna passata in giudicato per delitto non attinente, in via diretta, al rapporto di lavoro.

Inoltre, in caso di timbratura irregolare, l’art. 25, co. 6, non prevedeva la sanzione espulsiva, bensì solo una sanzione conservativa con sospensione dal servizio da 11 giorni a 6 mesi, al pari di comportamenti ben più gravi e deplorevoli di quelli addebitati, nella specie, al lavoratore, quali: assenza arbitraria ed ingiustificata dal servizio per un numero di giorni superiore a 10 e sino a 15; occultamento da parte del responsabile della custodia, del controllo e della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso o manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’Ente o ad esso affidati; insufficiente persistente rendimento; fatti, colposi o dolosi, attestanti grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio; reiterati atti e comportamenti aggressivi, ostili e denigratori; violenza morale o persecuzione psicologica nei confronti di altro dipendente al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o di escluderlo dal contesto lavorativo; atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, di particolare gravità lesivi della dignità della persona.

Pertanto, come affermato dalla Cassazione, il datore di lavoro non può irrogare un licenziamento disciplinare quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal ccnl in relazione ad una determinata infrazione. Infatti, la Corte territoriale, conformemente ai principi di diritto richiamati, ha ritenuto la sussistenza di una sproporzione tra fatto addebitato e sanzione espulsiva applicata, tenendo altresì conto che di tali fatti il contratto collettivo di riferimento prevedeva quale conseguenza una sanzione conservativa, ma non il licenziamento.

Per il diverso, ma similare, caso della legittimità del licenziamento per giusta causa in seguito alla timbratura del cartellino marcatempo effettuata falsamente da altro collega di lavoro, v. Cass. 25 maggio 2016, n. 10842; Cass. n. 24796/2010; Cass. n. 26239/2008.

Illegittimità del licenziamento disciplinare per false timbrature.
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