Lo scarso rendimento è legato ad un inadempimento del lavoratore, notevole ed a lui imputabile, che non può essere sanzionato esercitando due volte il potere disciplinare per il medesimo inadempimento.

Nota a Cass. 14 febbraio 2017, n. 3855

Donatella Casamassa

La nozione di “scarso rendimento” è legata ad un inadempimento del lavoratore che abbia carattere notevole e sia a lui imputabile. Lo ha affermato la Corte di Cassazione (14 febbraio 2017, n. 3855; v. anche Cass. n. 16472/2015 e n. 17436/2015), ritenendo ormai superato il diverso indirizzo (v. Cass. n.10286/1996), secondo cui lo scarso rendimento rileva indipendentemente dalla sua imputabilità a colpa del lavoratore, essendo invece collegato in modo imprescindibile ad un fatto risalente alla condotta negligente dell’agente, lesiva di obblighi contrattuali (Cass. n. 3060/1990).
Nella pronuncia in commento, la Cassazione ha condiviso i principi enunciati dalla Corte di merito, laddove essa ha affermato: 1) che lo scarso rendimento può consistere nella inadeguatezza qualitativa o quantitativa della prestazione; 2) che a tali fini deve tenersi conto delle sole diminuzioni di rendimento determinate da imperizia, incapacità e negligenza (e non anche di quelle determinate, nella fattispecie di causa, dalle assenze per malattia e permessi); 3) che deve trattarsi di grave inadempienza.
La Corte, inoltre, cassando con rinvio la sentenza di merito che aveva individuato una fattispecie di scarso rendimento in ragione del cumulo di sanzioni disciplinari irrogate al dipendente, ha scelto di dare continuità a quell’orientamento (Cass. n. 16472/2015; n. 17436/2015) “secondo cui lo scarso rendimento non può essere di per sé dimostrato dai plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato, salvo volere ammettere una indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di condotte ormai esaurite. Invero, una volta ricostruita la fattispecie dello scarso rendimento in termini di violazione evidente della diligente collaborazione dovuta dal dipendente ed a lui imputabile diviene palese la sovrapponibilità alla omologa infrazione disciplinare prevista nella disciplina comune del rapporto di lavoro”.

Nello specifico, i giudici hanno affermato che il datore di lavoro non può esercitare due volte il potere disciplinare per lo stesso fatto, avvalendosi di una diversa valutazione o configurazione giuridica dell’inadempimento imputato al prestatore (ex plurimis: Cass. n. 20429/2016 e n. 22388/2014).
La fattispecie riguardava un autoferrotranviere che aveva impugnato l’esonero intimatogli per scarso rendimento ai sensi dell’art. 27, co. 1, lett. d) dell’Allegato A al R.D. n. 148/1931. Il ricorso era stato rigettato in primo grado e anche la Corte territoriale aveva rigettato l’appello osservando, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, che lo scarso rendimento posto a fondamento dell’esonero definitivo dal servizio, oltre che dalle assenze per malattia del lavoratore, discendeva dal cumulo di infrazioni disciplinari pregresse.

La Corte territoriale aveva infatti rilevato che al dipendente, negli anni dal 2002 al 2004, erano state irrogate ben ventidue sanzioni disciplinari (prevalentemente per ritardi, anche di notevole entità, nel prendere servizio nonché per mancato rispetto degli orari di partenza e di marcia dei mezzi di servizio condotti, mancata effettuazione delle fermate di servizio, inottemperanza a disposizioni aziendali, omessa giustificazione di assenze). Le infrazioni, in ragione del numero e della frequenza – ad avviso del Giudice di secondo grado – avevano posto il lavoratore in posizione di grave inadempienza ai doveri di diligenza, puntualità e responsabilità relativi alle mansioni ed erano risultate pregiudizievoli per il regolare svolgimento del servizio di trasporto pubblico.

La Cassazione ha invece accolto il ricorso dell’autoferrotranviere, dopo aver premesso che l’esonero definitivo dal servizio per scarso rendimento previsto dall’art. 27, lett. d) dell’all. A al R.D. n. 148/1931 si connota per un duplice profilo, oggettivo e soggettivo (sul piano oggettivo, per un rendimento della prestazione inferiore alla media esigibile; sul piano soggettivo, per la imputabilità a colpa dell’agente).

Scarso rendimento, inadempimento del lavoratore e illeciti precedenti.
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