Più azioni vessatorie mobbizzanti, oggetto di singoli processi, non possono essere riunite in un unico procedimento.

 Nota a Cass. 4 gennaio 2018, n. 89

Giuseppe Rossini

Un lavoratore dipendente di un Ente Pubblico ha adito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, al fine di ottenere il risarcimento per una dequalificazione professionale consistente in una differenza qualitativa delle mansioni, diverso inquadramento e responsabilità di coordinamento e di controllo di sette anziché trenta dipendenti.

Oltre a ciò, il lavoratore deduceva violazione di legge per la mancata riunione di altro giudizio, pendente tra lui ed il datore di lavoro, avente ad oggetto plurimi comportamenti vessatori posti in essere dalla parte datoriale.

Tale mancata riunione di procedimenti sarebbe stata, a dire del lavoratore, preclusiva di una valutazione unitaria con il provvedimento di assegnazione a diverso ufficio, pregiudicante, in relazione alla domanda di accertamento di mobbing in proprio danno, un compiuto esercizio del diritto di difesa e della garanzia dell’integrità psico-fisica e della personalità morale nell’ambiente lavorativo.

La Corte di Cassazione con la sentenza 4 gennaio 2018, n. 89, rigettando in toto il gravame del lavoratore, ha precisato che la mancata riunione di cause in materia di lavoro e previdenza non è prevista dalla legge come causa di nullità processuale e non può essere dedotta come motivo di ricorso per Cassazione.

In particolare, la facoltà di riunione configura un potere discrezionale del Giudice di merito, “il cui mancato uso, implicante una valutazione di fatto circa la gravosità della riunione, o l’eccessivo ritardo del processo che ne conseguirebbe, non è censurabile in sede di legittimità (cfr., per tutte, Cass. n. 11847/2009)”.

Mobbing e processo del lavoro
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