È legittimo il licenziamento senza preavviso irrogato da (ex) Agenzia del territorio (attuale Agenzia delle entrate) a un dipendente, in regime di rapporto di lavoro part-time al 50%, che cumula la propria attività con la libera professione di geometra.

Nota a Cass. 14 febbraio 2018, n. 3622

Fabrizio Girolami

La disciplina di cui all’articolo 4 del DPR 16 gennaio 2002, n. 18 – che prevede per i dipendenti delle Agenzie fiscali un regime delle “incompatibilità” e del “cumulo di impieghi” più rigoroso rispetto a quello generale dei dipendenti pubblici contrattualizzati – costituisce una regolamentazione “di carattere speciale” diretta a tutelare interessi di rango costituzionale quali, da un lato, l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.) e, dall’altro, il principio secondo cui i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore (art. 54, co. 2, Cost.), la cui applicazione nei confronti dei suddetti lavoratori è particolarmente severa in quanto le Agenzie  fiscali rappresentano lo Stato nell’esercizio di una delle sue funzioni più autoritative – ovverosia il prelievo fiscale – sicché i loro dipendenti devono operare in modo da essere ed apparire “impermeabili” rispetto ad ogni possibile condizionamento dell’attività di servizio.

È il rilevante principio di diritto affermato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza 14 febbraio 2018, n. 3622, in relazione alla vicenda di un dipendente in servizio dal 2001 in regime di lavoro a tempo parziale (part-time) al 50% presso (ex) Agenzia del territorio (attuale Agenzia delle entrate) che, nell’anno 2008, era stato licenziato in tronco (senza preavviso) in quanto, a fronte di ripetute richieste dell’Amministrazione di appartenenza di porre fine alla situazione di incompatibilità riscontrata tra l’attività di dipendente pubblico e quella libero-professionale di geometra, si era rifiutato di cessare l’attività di geometra, considerando compatibile lo svolgimento di tale attività con il rapporto di lavoro a part-time in corso presso l’Agenzia.

Nel giudizio di primo grado, il Tribunale di Catania, con sentenza del 24 ottobre 2013, aveva rigettato il ricorso proposto dal dipendente per l’impugnazione del licenziamento senza preavviso irrogatogli dall’Agenzia, decisione confermata, anche in secondo grado, dalla Corte di Appello di Catania con sentenza n. 397 del 18 aprile 2016.

Il giudice di appello ha affermato che, nell’ordinamento vigente, la disciplina di cui all’art. 4 del DPR n. 18/2002 non pone alcun dubbio interpretativo in merito all’assolutezza del divieto per il lavoratore di un’Agenzia fiscale di svolgere l’attività di geometra, in quanto si tratta di una norma “finalizzata a garantire l’autonomia e l’indipendenza del personale cui sono assegnati i compiti delicati affidati alle Agenzie fiscali e, nella specie, all’Agenzia del territorio”. Inoltre, quanto al giudizio di proporzionalità della sanzione espulsiva, il giudice di seconde cure ha rilevato che l’Amministrazione aveva invitato più volte il dipendente a far cessare la situazione di incompatibilità, ma l’interessato aveva opposto un fermo rifiuto a tale richiesta, ritenendo insussistente la situazione di incompatibilità. Ne è conseguito che il recesso dal rapporto di lavoro era l’unico rimedio utilizzabile dall’Amministrazione per porre fine ad una situazione di incompatibilità all’esito del fallimento dei numerosi tentativi di ottenere dal dipendente interessato la cessazione del cumulo delle attività.

Nel successivo giudizio di legittimità, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, condannandolo al pagamento delle spese.

La pronuncia della Corte si rivela preziosa per l’interprete in quanto contribuisce a fare chiarezza sulla peculiare connotazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle Agenzie fiscali e, in particolare, dell’Agenzia delle entrate, che presenta dei rilevanti elementi di differenziazione rispetto al lavoro in altri settori della Pubblica Amministrazione.

Come noto, le Agenzie fiscali sono state istituite con il DLGS 30 luglio 1999, n. 300 (recante “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”).

Una delle Agenzie fiscali più importanti è l’Agenzia delle entrate, istituita ai sensi dell’art. 57 del citato DLGS n. 300/1999, la quale, anche in coerenza con quanto disposto dal proprio Statuto (approvato con delibera del Comitato direttivo n. 6 del 13 dicembre 2000 e, da ultimo, aggiornato alla delibera del Comitato di gestione n. 7 dell’8 febbraio 2018) è preposta ad assicurare lo svolgimento di tutte le funzioni e i compiti ad essa attribuiti dalla normativa vigente in materia di entrate tributarie e diritti erariali, nonché in materia di catasto, servizi geotopocartografici, conservazione dei registri immobiliari, osservatorio del mercato immobiliare e servizi estimativi.

A decorrere dal 1° dicembre 2012, in virtù di quanto disposto dall’art. 23-quater del DL 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla L 7 agosto 2012, n. 135, l’Agenzia delle entrate ha incorporato l’Agenzia del territorio, succedendo a quest’ultimo nello svolgimento delle relative attività.

Ai sensi dell’art. 1 del DL 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla L 1° dicembre 2016, n. 225, l’Agenzia delle entrate è altresì titolare “ex lege” delle funzioni relative alla riscossione nazionale dei tributi (cd. “prelievo fiscale”), servizio di primario interesse pubblico che svolge per il tramite del proprio ente strumentale, denominato “Agenzia delle entrate-Riscossione”, ente pubblico economico che, dal 1° luglio 2017, è subentrato a titolo universale nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle sciolte società del Gruppo Equitalia (Equitalia SpA ed Equitalia Servizi di riscossione SpA), assumendo la qualifica di “Agente della riscossione”.

Proprio in considerazione della peculiare delicatezza dei compiti e delle funzioni assegnati all’Agenzia delle entrate, trova la sua peculiare ragione giustificativa la disciplina in materia di “Incompatibilità e conflitto di interessi” dettata dall’art. 4 del DPR 16 gennaio 2002, n. 18 (“Regolamento recante disposizioni per garantire l’autonomia tecnica del personale delle Agenzie fiscali, a norma dell’art. 71, comma 2, del DLGS 30 luglio 1999, n. 300”).

Tale disposizione dispone, al co. 1, che “fermo restando quanto previsto dalla normativa di legge e di contratto in materia di incompatibilità e di cumulo di impieghi”, il personale delle agenzie fiscali “non svolge attività o prestazioni che possano incidere sull’adempimento corretto e imparziale dei doveri d’ufficio, e non esercita, a favore di terzi, attività di consulenza, assistenza e rappresentanza in questioni di carattere fiscale, tributario e comunque connesse ai propri compiti istituzionali”.

Il successivo co. 2 prevede un’elencazione delle attività precluse al personale dipendente delle Agenzie fiscali, disponendo che allo stesso “è inibito lo svolgimento, in particolare, delle attività fiscali o tributarie proprie o tipiche degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro, nonché delle attività relative a servizi contabili e elaborazione dati, nonché a servizi di certificazione delle firme elettroniche o altri servizi connessi a tali firme, di informazione commerciale, delle attività proprie o tipiche degli ingegneri, architetti, geometri, periti tecnici, consulenti immobiliari, agenti immobiliari e delle attività relative a servizi connessi agli immobili, nonché delle attività proprie o tipiche degli spedizionieri doganali, e di ogni altra attività che appaia incompatibile con la corretta ed imparziale esecuzione dell’attività affidata all’Agenzia fiscale”.

La previsione normativa di cui all’art. 4, co. 2, del DPR n. 18/2002 è ripresa e sviluppata nel “Codice di comportamento del personale dell’Agenzia delle entrate” (approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia 16 settembre 2015) il quale, all’art. 3, co. 2, dispone che al personale dell’Agenzia “anche con rapporto di lavoro a tempo parziale inferiore al 50%” è inibito lo svolgimento delle seguenti attività: “1. attività fiscali o tributarie proprie o tipiche degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro; 2. attività proprie o tipiche degli ingegneri, architetti, geometri e periti tecnici; 3. consulenti immobiliari, agenti immobiliari e attività relative a servizi connessi agli immobili; 4. amministratore di condominio, salva l’ipotesi in cui l’attività venga svolta per la cura dei propri interessi di condòmino; 5. mediatore civile e commerciale; 6. custode giudiziario, con esclusione del caso in cui la custodia riguardi i propri beni; 7. attività relative a servizi contabili ed elaborazione dati; 8. attività relative a servizi di certificazione delle firme elettroniche o altri servizi connessi a tali firme; 9. informazione commerciale; 10. ogni altra attività o incarico da soggetti privati che appaiano incompatibili con la corretta ed imparziale esecuzione delle attività inerenti all’ufficio di appartenenza”.

Secondo la sentenza in commento, da una lettura complessiva del DPR n. 18/2002 si desume che tutta la disciplina in materia di indipendenza e autonomia tecnica dettata per i dipendenti delle Agenzie fiscali è più rigorosa rispetto a quella ordinaria dei pubblici dipendenti, specialmente con riguardo all’incompatibilità e al cumulo di impieghi. Tale normativa, secondo la Corte, risponde a due principi generali: a) il principio secondo cui “il dipendente salvaguarda l’immagine e la credibilità dell’Agenzia di appartenenza e delle funzioni istituzionali a questa demandate, evitando ogni possibile condizionamento dell’attività di servizio”; b) il principio in base al quale “il dipendente evita le attività che possono condurre a conflitti di interesse con l’Agenzia di appartenenza e che possono interferire con la sua capacità di adottare decisioni imparziali”.

Orbene, ritiene la Corte, i valori di legalità, trasparenza ed integrità comportano la necessaria adozione, da parte delle Agenzie fiscali, di linee di intransigenza “nell’intraprendere azioni disciplinari volte a sanzionare comportamenti quali quelli addebitati all’interessato anche perché l’attività delle Agenzie e i suoi risultati contribuiscono in larga misura ad assicurare le risorse necessarie per il funzionamento degli apparati pubblici e per il soddisfacimento dei bisogni della collettività”.

Le Agenzie fiscali rappresentano lo Stato nell’esercizio di una delle sue funzioni più autoritative – il prelievo fiscale – e pertanto i loro dipendenti, pure se con un rapporto di lavoro contrattualizzato, partecipano di tale fondamentale funzione di carattere pubblicistico di derivazione statale, come tale riconosciuta anche nella direttiva 2011/16/UE (recepita nell’ordinamento interno con DLGS 4  marzo 2014, n. 29) nonché, a livello internazionale, nelle raccomandazioni dell’OCSE e del FMI.

Pertanto, è da ritenere del tutto ragionevole, secondo la Corte di Cassazione, che le incompatibilità dei dipendenti delle Agenzie fiscali siano sottoposte ad un regime più rigoroso e severo di quello previsto in generale per i pubblici dipendenti.

Tale rigorosa disciplina, secondo il giudice di legittimità, non può che trovare applicazione (come nel caso di specie) anche nei confronti dei dipendenti delle Agenzie fiscali con rapporto di lavoro part-time (anche al 50%).

Infatti, dall’interpretazione logico-sistematica della norma, si può ritenere che anche per i dipendenti a tempo parziale, ancorché non espressamente contemplati nella disposizione de qua, il cumulo di impieghi non deve comportare “in concreto” un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio del dipendente, pregiudicandone l’esercizio imparziale e che, comunque, l’interessato deve comunicare all’Amministrazione di appartenenza il tipo di attività privata che intende svolgere.

Il regime delle incompatibilità e del cumulo degli impieghi dei dipendenti delle Agenzie fiscali
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