Il provvedimento espulsivo è illegittimo se le assenze dal lavoro sono dovute a una causa non imputabile al lavoratore.

Nota a Trib. Trento ord. 8 settembre 2020

Francesco Belmonte

Qualora l’impossibilità di svolgere la prestazione dipenda da una causa non imputabile al lavoratore, il licenziamento deve ritenersi illegittimo.

A stabilirlo è il Tribunale di Trento (ord. 8 settembre 2020) in relazione ad una fattispecie concernente il licenziamento per giusta causa intimato ad una lavoratrice che si era assentata dal lavoro per assistere la figlia minore di 9 anni, durante il periodo di sospensione delle attività didattiche imposto dal Governo per fronteggiare la crisi epidemiologica.

In particolare, la madre lavoratrice aveva inizialmente beneficiato del congedo straordinario c.d. “per emergenza COVID-19” (ex art. 23, D.L. 17 marzo 2020, n.18 – c.d. Cura Italia – conv. con modif. dalla L. 24 aprile 2020, n. 27), astenendosi dal lavoro per 15 giorni (per tutto il periodo concesso in origine dal Decreto). Successivamente, la stessa dipendente – che disponeva ancora di 6,68 giorni di ferie e 70 ore di permessi – si era assentata (per altri 11 giorni), dopo aver inviato una e-mail alla società datrice, formulando una “richiesta di ferie per tutto il periodo di sospensione delle attività scolastiche … con l’impedimento di rientrare al lavoro finché non si ritornerà ad una situazione di normalità e alla riapertura delle scuole”.

Ciononostante, la società le intimava il licenziamento disciplinare in ragione delle assenze ingiustificate dal lavoro.

Il Tribunale, investito della questione, ha ritenuto la giusta causa di licenziamento insussistente, sulla base delle seguenti argomentazioni.

Innanzitutto, alla luce dell’esigenza della lavoratrice (di assistere la figlia convivente di 9 anni, senza la presenza dell’altro genitore) ben nota all’azienda, che induceva la medesima a richiedere la fruizione delle ferie, nonché “dell’amplissima formula utilizzata” nell’e-mail, “la richiesta avanzata non poteva non essere considerata dalla società datrice – sulla base di un’interpretazione secondo buona fede (art. 1366 c.c.), in particolare dell’affidamento che, secondo quanto poteva ragionevolmente apparire alla società datrice, l’istanza suscitava nella sua autrice – come riferita a qualsiasi periodo di sospensione dell’attività didattica disposto dall’autorità statale allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 su tutto il territorio nazionale.”

Un’ulteriore ragione dell’insussistenza della giusta causa è costituita, poi, dal “carattere giustificato dell’assenza dal lavoro oggetto di addebito in quanto dovuta a impossibilità di svolgere la prestazione per causa non imputabile alla lavoratrice”.

Infatti, per il Tribunale, l’art. 1218 c.c., seppur oneri il debitore della prova che l’inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, “alla luce del coordinamento con l’art. 1256 c.c. (che prevede l’estinzione dell’obbligazione nel caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione), pone a carico del creditore (qui il datore di lavoro) il rischio dell’impossibilità della prestazione e, in ragione del disposto ex art. 1463 c.c., a carico del debitore (qui il lavoratore) il rischio di perdere la controprestazione.

Nella fattispecie in questione, le prestazioni di lavoro nelle giornate afferenti alle assenze contestate sono divenute inesigibili per la lavoratrice e, quindi, impossibili per causa a lei non imputabile, quale appunto la chiusura delle scuole imposta per arginare la diffusione del virus.

Per i giudici trentini, la società datrice, anziché procedere disciplinarmente nei confronti della lavoratrice, “avrebbe dovuto consentirle di fruire delle ferie e dei permessi già maturati e, compatibilmente con le esigenze produttive, anche di quelle maturande in relazione all’anno 2020”.

In conclusione, i giudici annullano il licenziamento e condannano l’azienda alla reintegrazione della dipendente per “insussistenza del fatto contestato” (art. 18, co. 4, Stat. Lav., come mod. dalla L. 28 giugno 2012, n. 92).

Licenziamento per assenze ingiustificate durante la pandemia: il fatto non sussiste
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