La definizione concordata della lite fiscale ai sensi dell’art. 39, co. 12, D.L. n. 98/ 2011, non incidendo sul contenuto dell’avviso di accertamento, lascia impregiudicata la sua efficacia ai fini del calcolo dei contributi previdenziali dovuti sul maggior reddito accertato.

Nota a Cass., ord. 20 gennaio 2021, n. 950

Marialuisa De Vita

La definizione concordata della lite fiscale “non incide in alcun modo sul contenuto dell’atto di accertamento dell’Agenzia […], la cui efficacia, ai fini extrafiscali del calcolo dei contributi INPS a percentuale sul maggior reddito, rimane impregiudicata”.

Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 20 gennaio 2021, n. 950.

Nel caso di specie, un contribuente proponeva opposizione avverso l’avviso di addebito emesso dall’INPS, avente ad oggetto la determinazione di contributi previdenziali omessi in relazione ad un maggior reddito accertato in sede fiscale. La Corte di appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’opposizione, ritenendo irrilevante ai fini della determinazione del reddito, cui deve essere commisurato il credito previdenziale, l’accesso del ricorrente allo strumento deflativo del contenzioso tributario ex art. 39, co. 12, D.L. n. 98/2011, c.d. definizione concordata della lite fiscale.

La Corte di Cassazione, in continuità con il suo prevalente orientamento (cfr. Cass. nn. 21541 e 23301 del 2019), ha confermato la decisione di secondo grado, precisando l’ambito applicativo dell’art. 39, co. 12, D.L. 98/2011.

Nell’argomentare la sua interpretazione, la Suprema Corte ha ricordato preliminarmente che la definizione agevolata della lite fiscale rientra tra gli istituti deflattivi del contenzioso tributario la cui applicazione è circoscritta alle liti fiscali:

  • di valore non superiore a 20.000 euro;
  • in cui è parte l’Agenzia delle entrate;
  • pendenti alla data del 31 dicembre 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio.

Essa si perfeziona, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento di un importo pari a una percentuale ridotta dell’imposta in contestazione (cfr. art. 16, L. 289/2002).

Si tratta – precisa la Corte di Cassazione – di uno strumento deflattivo del solo contenzioso tributario. Ciò si evince sia dalla rubrica dell’art. 39, D.L. n. 98/ 2011, recante “disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria”, sia dalla rubrica dell’art. 38 del medesimo decreto, recante “disposizioni in materia di contenzioso previdenziale e assistenziale”, che prevede un diverso istituto deflattivo per il contenzioso previdenziale.

La diversa collocazione delle disposizioni e l’assenza di un collegamento tra le medesime evidenzia – ad avviso dei giudici di legittimità – la volontà del legislatore di tenere su piani distinti le due misure deflattive.  Una conferma in tal senso si ricava anche dalla circostanza che, contrariamente a quanto previsto per la mediazione (art. 17-bis, D.LGS. n. 546/1992) e l’accertamento con adesione (art. 2, co. 3, D.LGS. n. 218/1997), nel testo dell’art. 39 non si rinviene alcun elemento che permette di ritenere che “la definizione concordata del giudizio tributario estenda gli effetti [anche] sulla rideterminazione totale o parziale del presupposto impositivo accertato dall’Agenzia ai fini extrafiscali, quali i contributi previdenziali calcolati a percentuale sul reddito”.

Ciò premesso, se “l’unico effetto della definizione agevolata è costituito dalla chiusura della lite fra il contribuente e l’Agenzia delle Entrate a fronte del pagamento di un importo pari ad una percentuale ridotta dell’imposta in contestazione” ne deriva che, nei casi, come quello in esame, in cui non vi è stata una specifica contestazione del contenuto dell’avviso di accertamento in sede previdenziale, i fatti oggetto dell’accertamento fiscale devono ritenersi definitivi anche ai fini previdenziali.

La definizione concordata della lite fiscale è inefficace ai fini previdenziali
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