Il datore di lavoro è responsabile dei danni subiti dal dipendente nel corso di una rapina laddove non abbia installato idonei sistemi di protezione antiaggressione.

Nota a Cass. (ord.) 25 febbraio 2021, n. 5255

Sonia Gioia

Qualora il prestatore svolga mansioni che lo espongano al rischio di rapina o lesioni, l’imprenditore, in quanto titolare di una posizione di garanzia in materia di sicurezza, è tenuto a predisporre “adeguate misure, specificamente dirette ad impedire, prevenire o comunque rendere più difficoltoso” il verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro.

L’omissione di tali cautele configura, ai sensi dell’art. 2087 c.c., un’ipotesi di responsabilità imprenditoriale, che “non è circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate”, ma è volta a sanzionare la mancata adozione di misure idonee a preservare l’integrità psicofisica e la salute del dipendente nel luogo di lavoro, “tenuto conto della concreta realtà aziendale, del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio”.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione (ord. 25 febbraio 2021, n. 5255), in linea con la pronuncia di merito (App. Roma n. 943/16) che aveva ritenuto responsabile la società datrice (Poste Italiane S.p.A.) delle lesioni riportate da un proprio dipendente, con mansioni di operatore di sportello, in conseguenza di una rapina.

Al riguardo, la Corte ha precisato che l’obbligo di sicurezza, gravante sul datore di lavoro, impone non solo l’adozione e il mantenimento “perfettamente funzionale di misure di tipo igienico – sanitarie o antinfortunistiche”, ma anche, e soprattutto, la predisposizione di cautele in grado di  preservare l’integrità psicofisica e la salute dei dipendenti “nell’ambiente o in costanza di lavoro anche in relazione ad eventi, pur se allo stesso non collegati direttamente, ed alla probabilità di concretizzazione del conseguente rischio”.

La mancata installazione di tali dispositivi lede il diritto costituzionalmente garantito del lavoratore a svolgere le proprie mansioni in condizioni di sicurezza (v. artt. 32, 35 e 41, co. 2, Cost.) ed integra, altresì, una violazione delle disposizioni antinfortunistiche (tra cui quelle previste dal D.LGS. 9 aprile 2008, n. 81, c.d.  T.U. “in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”) nonché dell’art. 2087 c.c., che costituisce “norma di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni non ancora espressamente considerate e valutate dal legislatore al momento della sua formulazione” (Cass. n. 27964/2018; Cass. n. 10145/2017; Cass. n. 22710/2015).

Pertanto, l’imprenditore è responsabile per l’infortunio sul lavoro nei confronti dei propri dipendenti, salvo che provi, ai sensi dell’art. 1218 c.c., di aver adempiuto all’obbligo di sicurezza, dimostrando di “avere fatto tutto il possibile per evitare il danno” attraverso l’adozione di tutte le cautele previste “in via generale e specifica dalle norme antinfortunistiche”.

Nel caso di specie, la Cassazione ha accertato la responsabilità della società datrice per non aver predisposto efficaci sistemi di protezione antirapina, dal momento che non era stata assicurata la separazione invalicabile dell’ambiente valori né, in alternativa, erano stati installati dispositivi di controllo in ingresso o era stata prevista vigilanza armata di personale di sicurezza. Ciò, sebbene le aggressioni a scopo di lucro siano eventi non imprevedibili in relazione all’attività svolta all’interno di un ufficio postale che comporta la movimentazione di somme di denaro contante.

Rapina sul luogo di lavoro e responsabilità datoriale
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