Ai fini della nullità del recesso, il motivo illecito deve essere esclusivo e determinante.

Nota a Cass. 25 gennaio 2021, n. 1514

Francesco Belmonte

In tema di licenziamento nullo, in quanto ritorsivo, il motivo illecito addotto (ex art. 1345 c.c.) deve essere determinante, ossia costituire l’unica effettiva ragione del recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente da parte del giudice. Ne consegue che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini dell’applicazione della tutela reale c.d. piena, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento.

In tale linea si è pronunciata la Corte di Cassazione (25 gennaio 2021, n. 1514), in relazione ad una fattispecie concernente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato ad una dipendente di una Congregazione religiosa che gestiva residenze per anziani.

Quest’ultima, in considerazione dell’andamento economico negativo delle proprie strutture, aveva operato una rimodulazione dell’organizzazione di lavoro, con conseguente soppressione della posizione lavorativa della dipendente (che comportava, per il datore di lavoro, il costo più elevato) ed attribuzione delle sue mansioni ad una religiosa che prestava la sua opera senza corresponsione di alcuna retribuzione.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’azienda, la lavoratrice affermava che la crisi addotta a fondamento del recesso non era imputabile alla residenza in cui ella era adibita – il cui bilancio era, tra l’altro, assolutamente positivo – bensì ad ulteriori e differenti strutture. Piuttosto, il licenziamento era riconducibile ad un motivo ritorsivo, rappresentato dall’esistenza di contrasti interni tra il personale religioso e la dipendente.

In merito, la Cassazione ha valutato corretto il ragionamento seguito dalla Corte distrettuale (App. Cagliari n. 106/2018) nel ritenere legittimo il recesso datoriale per giustificato motivo oggettivo (ex art. 3, L. n. 604/66) – in quanto sorretto da ragioni economiche veritiere ed effettive e causalmente collegate alla soppressione del posto di lavoro –, omettendo di indagare sul possibile carattere ritorsivo dello stesso, non ricorrendone i requisiti.

Per la Cassazione, il motivo illecito può ritenersi esclusivo e determinante “quando il licenziamento non sarebbe stato intimato se esso non ci fosse stato, e quindi deve costituire l’unica effettiva ragione del recesso, indipendentemente dal motivo formalmente addotto.”

L’esclusività “sta a significare che il motivo illecito può concorrere con un motivo lecito, ma solo nel senso che quest’ultimo sia stato formalmente addotto, ma non sussistente nel riscontro giudiziale.” In particolare, il giudice, dopo aver riscontrato che il datore di lavoro non ha assolto gli oneri riguardanti la dimostrazione del motivo oggettivo, procede alla verifica delle allegazioni del lavoratore circa l’accertamento della nullità per motivo ritorsivo, al cui positivo riscontro giudiziale consegue l’applicazione della tutela reale c.d. piena.

Nel caso in esame, la Corte d’Appello, dopo aver accertato la fondatezza del motivo oggettivo di recesso, ha correttamente ritenuto superfluo indagarne sul carattere ritorsivo dello stesso, difettando “il requisito determinante dell’efficacia determinativa esclusiva”.

Licenziamento ritorsivo
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