Il dipendente è gravato da un onere probatorio attenuato, in quanto deve dimostrare unicamente di essere portatore di un fattore di rischio tipizzato di discriminazione e di aver subito un trattamento svantaggioso in connessione con tale fattore.
Nota a Cass. (ord.) 3 febbraio 2023, n. 3361
Francesco Belmonte
In materia di comportamenti datoriali discriminatori fondati sul sesso, l’art. 40, D.LGS. n. 198/2006 stabilisce un’attenuazione del regime probatorio ordinario in favore del lavoratore, il quale è tenuto solo a dimostrare un’ingiustificata differenza di trattamento ovvero anche una posizione di particolare svantaggio dovute al fattore di rischio tipizzato dalla legge in termini tali da integrare una presunzione di discriminazione. Il datore di lavoro deve invece provare le circostanze che escludono univocamente la discriminazione.
Così si è espressa la Corte di Cassazione 3 febbraio 2023, n. 3361, la quale, contrariamente ai giudici di merito (App. Cagliari n. 145/2018), ha qualificato la condotta di un istituto bancario come discriminatoria, in ragione del sesso, di una lavoratrice che aveva portato a termine due gravidanze nel corso del rapporto di lavoro.
In particolare, la dipendente era stata assunta, insieme ad altri colleghi, come apprendista professionalizzante; tuttavia, tra i duecento contratti stipulati e proseguiti come comuni contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, l’unico rapporto di lavoro ad essere stato risolto era quello della dipendente.
Per la Cassazione, il lavoratore che sostiene di aver subito una discriminazione è onerato dalla sola dimostrazione di essere portatore di un fattore di discriminazione e di aver subito un trattamento deteriore in connessione con detto fattore. La suddetta connessione, da ricostruirsi in via presuntiva, può essere dimostrata anche sulla base di dati statistici.
Ciò non è avvenuto nel caso di specie, in quanto, a parere dei giudici di legittimità, la Corte d’Appello, pur dando atto dell’allegazione del dato statistico relativo al rapporto percentuale tra la mancata prosecuzione del contratto della lavoratrice, diversamente dagli altri duecento apprendisti, ha del tutto omesso di verificare se tale dato potesse essere considerato rivelatore di una possibile discriminazione legata alle gravidanze portate a termine nel periodo di apprendistato.