Incombe sul datore di lavoro l’onere di provare che il dipendente ha fruito del riposo compensativo, mentre grava sul lavoratore l’onere di provare la mancata fruizione delle pause giornaliere.

Nota a Cass. ord. 2 aprile 2024, n. 8626

Pamela Coti

Non compete al lavoratore anche l’allegazione e la prova del mancato godimento dei riposi compensativi sostitutivi delle pause di lavoro non godute. Ciò, poiché il godimento di riposo compensativo integra un fatto estintivo con onere di allegazione e prova a carico del datore di lavoro.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione ord. 2 aprile 2024, n. 8626 in relazione al ricorso proposto da una guardia giurata volto all’ottenimento del pagamento di una serie di pause non godute.

Al riguardo il Collegio ha precisato che:

  • il lavoratore, che presta un’attività con orario giornaliero superiore alle sei ore consecutive, ha diritto ad una pausa retribuita della durata di dieci minuti da fruire sul posto di lavoro o, in mancanza, di un riposo compensativo di pari durata nei trenta giorni successivi, per consentire il recupero delle energie psicofisiche (Cass. n. 32113/2022; Cass. n. 8470/2023);
  • in particolare, l’art. 74 del ccnl 2 maggio 2006 per i dipendenti degli Istituti di Vigilanza Privata prevede: “Qualora l’orario giornaliero ecceda il limite di sei ore consecutive, il personale del ruolo tecnico operativo, beneficerà di un intervallo per pausa retribuita da fruirsi sul posto di lavoro della durata di minuti dieci, con modalità da convenirsi a livello aziendale, in relazione alla tipologia di servizio, e comunque in maniera da creare il minor disagio possibile al committente”;
  • tenuto conto delle “particolari esigenze del settore e della necessità di garantire la protezione dei beni pubblici e privati affidati agli Istituti di Vigilanza, nel caso in cui durante la pausa svolta sul posto di lavoro si evidenzino particolari esigenze di servizio, che richiedano comunque l’intervento della Guardia Particolare Giurata, la pausa sarà interrotta e goduta in un momento successivo nel turno di servizio” e se “per esigenze di servizio sopra descritte non sia possibile il godimento della pausa durante il turno di lavoro, in attuazione di quanto previsto dall’art. 17 comma 1-4 del D.Lgs 66/2003, al lavoratore dovranno essere concessi riposi compensativi di pari durata, da godersi entro i trenta giorni successivi”;
  • “in tema di richiesta di pagamento per mancato godimento del riposo compensativo, grava sul lavoratore l’onere di provare il fatto costitutivo del proprio diritto, e cioè il mancato godimento della giornata di riposo” (Cass. n. 5649/2004; Cass. n. 16150/2018; Cass. n. 9335/2022);
  • al contrario, “le modalità di fruizione della pausa, alternative a quella ordinaria della durata di minuti dieci nel turno di servizio – investono la sfera organizzativa datoriale, giacché correlate alle particolari esigenze del settore, specificamente alla necessità di garantire la protezione dei beni pubblici e privati affidati agli Istituti di Vigilanza e l’impossibilità di godimento della pausa durante il turno di lavoro impone la concessione di riposi compensativi di pari durata, da godersi entro i trenta giorni”. Da ciò consegue che grava sul datore di lavoro provare il godimento del riposo compensativo del lavoratore.

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE, ordinanza 2 aprile 2024 n. 8626

Svolgimento del processo

1.con sentenza 10 novembre 2020, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello principale di B.B. e A.A. (assorbito l’incidentale condizionato di Security Service Srl) avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle loro domande di condanna della società datrice al pagamento di somme (in favore, in particolare, del secondo lavoratore, di Euro 1.688,02) a titolo retributivo, per il mancato godimento (su un orario settimanale di 40 ore per 8 ore giornaliere scandite su cinque giorni di lavoro e uno di riposo, con turni mattutini, pomeridiani o notturni, in ragione delle mansioni di guardie particolari giurate armate) dei dieci minuti di pausa previsti dall’art. 74 del CCNL di categoria, dal gennaio 2007 ovvero nei limiti della prescrizione, interrotta con lettera del giugno 2014;

2. richiamate la disciplina normativa delle “pause” lavorative, per le prestazioni eccedenti l’orario giornaliero di sei ore e delle relative deroghe (artt. 8e 17D.Lgs. 66/2003) e collettiva di settore (art. 74 CCNL per i dipendenti degli Istituti di Vigilanza Privata), la Corte d’appello ha ribadito la natura compensativa e non retributiva del relativo emolumento ed escluso la fondatezza della pretesa dei lavoratori. E ciò sull’assorbente rilievo del non avere essi allegato la mancata fruizione del riposo compensativo contrattualmente previsto, come sarebbe spettato loro provare, quale elemento costitutivo della fattispecie: non potendo ritenersi incontestato dalla difesa della società datrice il loro diritto, sulla sola base della sua produzione in giudizio dell’accordo aziendale 20 marzo 2008, di mera composizione interna delle pretese dei lavoratori al riguardo;

3. con atto notificato il 10 maggio 2020, A.A. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui la società ha resistito con controricorso;

4. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.

5. il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.

Motivi della decisione

1.il ricorrente ha dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione e violazione dell’art. 2126 c.c., per non avere la Corte d’appello considerato la cessazione incontestata del rapporto di lavoro tra le parti in data (20 agosto 2014) anteriore a quella di introduzione del giudizio (1 aprile 2015): con la conseguenza, secondo un citato precedente di legittimità, della natura retributiva di ogni emolumento, anche di natura indennitaria, dovuto dal datore di lavoro al lavoratore, anche in base alla norma denunciata, essendo in rapporto di corrispettività con prestazioni lavorative compiute in tempo da dedicare al riposo e pertanto rese in violazione di norme a tutela del lavoratore (primo motivo);

2. il motivo è inammissibile;

3. in ordine al vizio denunciato di omesso esame, ricorre nel caso di specie l’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348ter, quinto comma c.p.c., applicabile ratione temporis, per la quale il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrandone la diversità tra loro (Cass. 22Da dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994; Cass. 13 aprile 2021, n. 9656); ma ciò il ricorrente non ha fatto;

3.1. inoltre, la questione posta, di cui la sentenza non ha trattato, né il ricorrente ha indicato in quale atto del giudizio di merito l’abbia prospettata, implica un accertamento in fatto: così caratterizzandosi per un profilo di novità, che ne comporta l’inammissibilità (Cass. 22 dicembre 2005, n. 28480; Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804);

4. il ricorrente ha poi dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 12 disp. prel. c.c., 36 Cost., 1, 8e 17 D.Lgs. 66/2003, in riferimento all’art. 74 CCNL per i dipendenti degli Istituti di Vigilanza Privata del 2 maggio 2006 e dell’8 aprile 2013, 2697 e 1362 ss. c.c., 113 e 115 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente invertito l’onere probatorio del mancato godimento della pausa retribuita della durata di dieci minuti, ponendolo a carico del lavoratore, anziché del datore di lavoro, che aveva affermato l’adempimento della propria obbligazione di “riposo compensativo”, in favore del primo. Egli ha illustrato come detta pausa retribuita dovesse essere fruita dal lavoratore sul posto, nel caso che l’orario giornaliero eccedesse il limite di sei ore consecutive (art. 74 CCNL cit.), rispondendo essa alla ratio di riconoscere al lavoratore medesimo, pur sempre a disposizione del datore, un tempo utile per il ripristino delle energie psico-fisiche logorate dalla monotonia e ripetitività di determinate mansioni; e ha pure ribadito la dichiarazione di nullità, pronunciata da entrambe le Corti di merito, dell’accordo aziendale del 20 marzo 2008, proprio per la mancata previsione di alcun riposo compensativo, avendo soltanto “monetizzato” il diritto alla pausa con incrementi sui buoni pasto (secondo motivo);

5. il motivo è fondato;

6. in via di premessa, occorre riaffermare il diritto del lavoratore, che presti un’attività con orario giornaliero superiore alle sei ore consecutive, ad una pausa retribuita della durata di dieci minuti da fruire sul posto di lavoro o, in mancanza, di un riposo compensativo di pari durata nei trenta giorni successivi (artt. 8 D.Lgs. 66/2003 e 74 CCNL per i dipendenti degli Istituti di Vigilanza Privata del 2 maggio 2006 e dell’8 aprile 2013, in combinata disposizione), ai fini del recupero delle sue energie psicofisiche (Cass. 31 ottobre 2022, n. 32113, in motivazione sub p.to 4; Cass. 24 marzo 2023, n. 8470, in motivazione sub p.to 16: entrambe con specifico riferimento alla pausa per il pranzo);

6.1. in particolare, l’art. 74 (rubricato: “Pause”) del CCNL per i dipendenti degli Istituti di Vigilanza Privata del 2 maggio 2006 (e del tutto analogamente il medesimo articolo del CCNL dell’8 aprile 2013) prevede: “Qualora l’orario giornaliero ecceda il limite di sei ore consecutive, il personale del ruolo tecnico operativo, beneficerà di un intervallo per pausa retribuita da fruirsi sul posto di lavoro della durata di minuti dieci, con modalità da convenirsi a livello aziendale, in relazione alla tipologia di servizio, e comunque in maniera da creare il minor disagio possibile al committente.

Stante le particolari esigenze del settore e la necessità di garantire la protezione dei beni pubblici e privati affidati agli Istituti di Vigilanza, nel caso in cui durante la pausa svolta sul posto di lavoro si evidenzino particolari esigenze di servizio, che richiedano comunque l’intervento della Guardia Particolare Giurata, la pausa sarà interrotta e goduta in un momento successivo nel turno di servizio.

Qualora per le esigenze di servizio sopra descritte non sia possibile il godimento della pausa durante il turno di lavoro, in attuazione di quanto previsto dall’art. 17 comma 1-4 del D.Lgs. 66/2003, al lavoratore dovranno essere concessi riposi compensativi di pari durata, da godersi entro i trenta giorni successivi”.

6.2. in tema di richiesta di pagamento per mancato godimento del riposo compensativo, grava sul lavoratore l’onere di provare il fatto costitutivo del proprio diritto, e cioè il mancato godimento della giornata di riposo (Cass. 20 marzo 2004, n. 5649; Cass. 2018, n. 16150; Cass. 22 marzo 2022, n. 9335, in motivazione, sub p.to 8);

6.3. allo stesso modo, come pure si evince dal chiaro tenore della norma collettiva trascritta, l’onere di allegazione e prova del lavoratore del fatto costitutivo del proprio diritto alla pausa o, in mancanza, al riposo compensativo, investe la prestazione di un’attività eccedente nell’orario giornaliero il limite di sei ore consecutive, senza aver mai goduto della pausa di dieci minuti retribuita.

Le modalità di fruizione della pausa, alternative a quella ordinaria della durata di minuti dieci nel turno di servizio -da convenirsi a livello aziendale, in relazione alla tipologia di servizio (e comunque in maniera da creare il minor disagio possibile al committente) – investono la sfera organizzativa datoriale, giacché correlate alle particolari esigenze del settore, specificamente alla necessità di garantire la protezione dei beni pubblici e privati affidati agli Istituti di Vigilanza. L’impossibilità di godimento della pausa durante il turno di lavoro impone la concessione di riposi compensativi di pari durata, da godersi entro i trenta giorni.

Nella sfera organizzativa rientra, infatti, la predisposizione anche unilaterale, in virtù del potere datoriale di organizzazione e di direzione ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., di norme interne di regolamentazione relative, in particolare all’organizzazione tecnica (oltre che disciplinare) del lavoro nell’impresa, con efficacia vincolante per i prestatori di lavoro, sempre che non sconfinino nell’arbitrio, né perdano ogni collegamento con l’interesse all’ordinato svolgersi dell’attività lavorativa e l’esercizio di detto potere sia effettivamente funzionale, a norma dell’art. 1175 c.c., alle esigenze tecniche, organizzative e produttive dell’azienda (Cass. 18 febbraio 2000, n. 1892). In tale prospettiva, è stata recentemente affermata, proprio in relazione alla materia in questione, un’interpretazione secondo buona fede della previsione collettiva, condotta alla luce del principio di effettività della tutela prefigurata, di imposizione alla parte datoriale dell’adozione di modalità di recupero, che non risultino in concreto penalizzanti per il lavoratore e che siano tali da garantire, nel concreto contesto lavorativo, l’effettività del recupero psico-fisico del dipendente; e pertanto, di predisposizione delle misure e cautele idonee a preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore, in relazione alla specifica situazione comportante il suo logoramento (Cass. 23 ottobre 2023, n. 29341, in motivazione, sub p.to 2.14); 6.4. nel caso di specie, il lavoratore “ha allegato di non aver mai usufruito di tali pause e che la Security non ha mai individuato le modalità, in relazione alla tipologia del servizio, per consentire ai lavoratori il godimento di tali pause” (così al penultimo capoverso di lg. 5 della sentenza). Con ciò, il lavoratore ha pienamente assolto al proprio onere di allegazione e (per essere stato ciò oggetto di accertamento) di prova. Non compete, infatti, al lavoratore anche l’allegazione e la prova del “mancato godimento” dei riposi compensativi di pari durata, da godere nei trenta giorni successivi, “sostitutivi delle pause non godute”, integrando il godimento di riposo compensativo un fatto estintivo il cui onere di allegazione e prova incombe su chi l’eccepisca.

Ricorre, pertanto, l’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne sia onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 29 maggio 2018, n. 13395; Cass. 3 dicembre 2018, n. 31158; Cass. 29 dicembre 2023, n. 36349).

7. il secondo motivo di ricorso deve essere accolto, il primo dichiarato inammissibile, con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, sulla base del seguente principio di diritto: “Nel caso di mancato godimento da parte del lavoratore delle pause retributive della durata di dieci minuti previste dall’art. 74 del CCNL per i dipendenti degli Istituti di Vigilanza Privata – l’onere del lavoratore di allegazione e prova del fatto costitutivo del proprio diritto riguarda la prestazione di un’attività giornaliera superiore a sei ore consecutive, senza aver goduto della pausa retribuita; le modalità alternative, così come il godimento di riposi compensativi, devono invece essere provati dal datore di lavoro”.

P.Q.M.

La Corte

accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo;

cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.

Riparto dell’onere probatorio in materia di mancata fruizione della pausa di lavoro e riposo compensativo delle guardie giurate
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