Gli elementi essenziali di differenziazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato consistono nel vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro e su elementi ulteriori come la forma della retribuzione, il luogo, l’orario e le modalità della collaborazione, nonché la volontà delle parti

Nota a Cass. 8 giugno 2017, n. 14296

Fabio Iacobone

La Corte di Cassazione (8 giugno 2017, n. 14296) ha rivisitato gli indici che caratterizzano il lavoro subordinato e lo differenziano dal lavoro autonomo (oggi disciplinato, oltre che dall’art. 2222 c.c., dalla L. 22 maggio 2017, n. 81), rilevando quanto segue.
1) La subordinazione implica:

a) l’inserimento del lavoratore nella organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro mediante la messa a disposizione, in suo favore, delle proprie energie lavorative. Nel lavoro autonomo, invece, l’oggetto della prestazione è costituito dal risultato dell’attività (fra le tante, Cass. nn. 12926/1999; 5464/1997; 2690/1994; e più di recente, Cass. nn. 1153/2013, 1717/2009, Cass. 28 marzo 2003, n. 4770);

b) il contestuale assoggettamento al potere direttivo del datore di lavoro circa le modalità di esecuzione dell’attività lavorativa.

2) Possono (solo) avere valore indicativo per l’accertamento del carattere subordinato o autonomo della prestazione, altri elementi, fra i quali, l’assenza del rischio economico, il luogo della prestazione, la forma della retribuzione e la modalità della collaborazione (v. Cass. n. 7171/2003); l’orario di lavoro fisso e continuativo; la continuità della prestazione in funzione di collegamento tecnico organizzativo e produttivo con le esigenze aziendali (Cass. n. 7024/2015). Tali elementi, seppur rilevanti nella ricostruzione del rapporto, possono in astratto conciliarsi sia con l’una che con l’altra qualificazione del rapporto stesso (Cass. nn.7796/1993 e 4131/1984).

3) E’ necessario ricercare quale sia stata la volontà delle parti, “dovendosi tra l’altro tener conto del relativo reciproco affidamento e di quanto dalle stesse voluto nell’esercizio della loro autonomia contrattuale”. Tuttavia, il nomen iuris eventualmente assegnato dalle parti al contratto non è vincolante per il giudice ed è comunque sempre superabile in presenza di effettive, univoche, diverse modalità di adempimento della prestazione (Cass. n. 812/1993). In altre parole (soprattutto nei casi caratterizzati dalla presenza di elementi compatibili sia con l’uno che con l’altro tipo di prestazione d’opera), laddove i contraenti abbiano dichiarato di volere escludere l’elemento della subordinazione è possibile addivenire ad una diversa qualificazione solo ove si dimostri che, in concreto, l’elemento della subordinazione si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto medesimo (v. già Cass. nn. 12926/1999 e 4220/1991).Il giudice, in sintesi, deve dare prevalenza ai dati fattuali emergenti dall’effettivo svolgimento del rapporto. Il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto costituisce, infatti, un elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione (ex art. 1362, co. 2, c.c.), ma anche “ai fini dell’accertamento di una nuova e diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, da autonoma a subordinata; con la conseguenza che, in caso di contrasto fra i dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e quelli di fatto emergenti dal suo concreto svolgimento, a questi ultimi deve darsi necessariamente rilievo prevalente nell’ambito di una richiesta di tutela formulata tra le parti del contratto”. Ciò anche “in considerazione della posizione debole di uno dei contraenti, che potrebbe essere indotto ad accettare una qualifica del rapporto diversa da quella reale pur di garantirsi un posto di lavoro” (Cass. nn. 4770/2003; 5960/1999).

4) Gli elementi essenziali di differenziazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato vanno ricercati dal giudice in base ad un accertamento esclusivamente compiuto sulle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

5) L’onere di fornire gli elementi di fatto corrispondenti alla fattispecie astratta invocata grava sul lavoratore che intenda rivendicare in giudizio l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato (cfr. Cass. n. 11937/2009).

Gli indici della subordinazione
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