Quando il criterio della scelta dei lavoratori da licenziare sia il possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione, nel ridimensionamento dell’organico per diminuire il costo del lavoro è sufficiente che il datore di lavoro indichi il numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso per profili professionali previsti, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza.

Nota a Cass. 5 febbraio 2018, n. 2694

Flavia Durval

La comunicazione prevista dall’art. 4 della L. n. 223 del 1991 in materia di licenziamenti collettivi si può porre in contrasto con “il normativo obbligo di trasparenza, in quanto (e contestualmente): a) i dati comunicati dal datore siano incompleti o inesatti; b) la funzione sindacale di controllo e valutazione sia stata limitata; c) sussista un rapporto causale fra l’indicata carenza e la limitazione della funzione sindacale” (cfr., fra le altre, Cass. n. 6225/2007).

Invece, la genericità del contenuto della comunicazione di avvio della procedura (valutato alla luce del confronto avvenuto con i sindacati e degli accordi intercorsi) va esclusa se “la società, attraverso il richiamo ai documenti già sostenuti da ampio ed approfondito contraddittorio fra le parti” abbia “indicato le ragioni dell’esubero ed i motivi tecnici ed organizzativi che rendevano necessaria la riduzione del costo del personale” (sul punto cfr. altresì, Cass. n. 23526/2016).

Qualora cioè siano offerti in comunicazione alle organizzazioni dei lavoratori “tutti gli elementi necessari per svolgere in modo consapevole la funzione di controllo riconosciuta dalla legge”, detta funzione non può “essere esclusa per la velocità della procedura”, laddove la stessa sia preceduta “dal previo esperimento della procedura di consultazione di gruppo” (v. Cass. n. 15861/2017).

Inoltre, la validità dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all’art. 4, co. 3, L. n. 223/1991, in materia di riduzione di personale, deve essere valutata in primis in relazione ai motivi della riduzione di personale (che restano sottratti al controllo giurisdizionale).

Sicché, quando il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, il datore di lavoro “può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza”.

Ciò, tanto più se non si è registrata una limitazione del controllo sindacale e qualora l’accordo concluso con i sindacati all’esito della procedura adotti, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, il criterio della scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione.

Tali principi, consolidati in giurisprudenza, sono ribaditi dalla Corte di Cassazione 5 febbraio 2018, n. 2694 (v. anche Cass. n. 15861/2017 e Cass. n. 22543/2016), la quale ha precisato che in occasione di licenziamenti collettivi può intercorrere, fra datore di lavoro e organizzazioni sindacali (ex art. 5,L. n. 223/1991), un accordo inteso a disciplinare l’esercizio del potere di collocare in mobilità i lavoratori in esubero, che fissi “criteri di scelta anche difformi da quelli legali, purché rispondenti a requisiti di obiettività e razionalità; in tale ottica, deve ritenersi razionalmente giustificato il ricorso al criterio della maturazione dei requisiti per essere collocato in pensione, trattandosi di un criterio oggettivo che permette di scegliere, a parità di condizioni, il lavoratore che subisce il danno minore dal licenziamento, potendo sostituire il reddito da lavoro con il reddito da pensione” (v. Cass. n. 4186/2013 e Cass. n. 2516/2012).

Procedura sindacale nei licenziamenti collettivi: comunicazione, motivi e criteri
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