A cura di M.N. Bettini con la collaborazione di: Francesco Belmonte e Alfonso Tagliamonte

Gli eventuali vizi della comunicazione possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo (art. 4, co.12, L. 23 luglio 1991, n. 223).

La previsione (introdotta dall’art. 1, co. 45, L. 28 giugno 2012, n. 92) non ha effetto retroattivo e si applica unicamente ai licenziamenti collettivi promossi dopo l’entrata in vigore della nuova norma.

Inoltre, dalla lettera della legge, sembra che l’accordo sindacale concluso debba prevedere espressamente l’eventuale sanatoria di tali vizi, non essendo sufficiente un accordo qualsiasi che non li menzioni. La Cassazione (Cass. 6 febbraio 2017, n. 3045, RGL, 2017, II, 394, con nota di O. LA TEGOLA, Requisiti e contenuto dell’accordo sindacale nelle procedure di licenziamento collettivo; LG, 2017, 662, con nota di F. DI NOIA, Se la forma non è più sostanza: il licenziamento collettivo prima e dopo la l. n. 92/2012) precisa che la mera esistenza di un accordo sindacale non sana in sé i vizi della comunicazione perché la nuova disposizione introdotta dalla c.d. L. Fornero presuppone che le parti abbiano inserito nell’accordo collettivo una clausola specifica con la quale attribuiscono carattere sanante ai possibili vizi della intercorsa procedura di licenziamento collettivo; peraltro, la conclusione di un accordo sindacale al termine della procedura di mobilità, “pur non determinando la sanatoria di eventuali vizi della procedura, è elemento sintomatico dell’adeguatezza della precedente comunicazione di avvio” (Cass. 14 aprile 2015, n. 7490, RIDL, 2016, II, 29, con nota di A. DE SALVIA, I vizi formali della procedura di licenziamento collettivo tra interpretazioni giurisprudenziali e interventi legislativi sostanzialistici).

In ogni caso, i vizi sanati non potranno più essere invocati né dai sindacati stipulanti, né dai singoli lavoratori.

Qualora la comunicazione di avvio non sia stata inviata a tutte le associazioni sindacali maggiormente rappresentative, il licenziamento è illegittimo per violazione dell’art. 4, L. n. 223/1991, con conseguente applicazione della tutela indennitaria (v. Cass. 22 agosto 2016, n. 17234, annotata in questo sito da G. PIGLIALARMI, Licenziamento collettivo e rappresentatività: la comunicazione alle organizzazioni sindacali dopo la sentenza n. 231/2013 della Corte Costituzionale, muovendo dalla considerazione che l’art. 19 Stat. Lav., come ridisegnato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 231/2013, ha notevolmente esteso il concetto di rappresentatività sindacale in chiave sostanziale e non formalistica ed ha ritenuto arbitraria e, dunque, illegittima una comunicazione limitata, in assenza di rsa o rsu, alle sole organizzazioni sindacali comunali).

Più specificamente, la non corrispondenza al modello legale della comunicazione di cui all’art. 4, co. 9, L. cit., costituisce “violazione delle procedure” e dà luogo, per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del nuovo regime sanzionatorio contro il licenziamento illegittimo introdotto dal D.LGS. 4 marzo 2015, n. 23, come mod. dal D.L. 12 luglio 2018, n. 87 – c.d. Decreto “Dignità” – conv. dalla L. 9 agosto 2018, n. 96),  alla tutela indennitaria (ex art. 18, co. 7, terzo periodo, Stat. Lav., che rinvia all’art. 18, co. 5), quantificabile dal giudice tra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (tenendo conto dell’anzianità del lavoratore, del numero di dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti), previa dichiarazione di risoluzione del rapporto alla data del licenziamento.

Per i prestatori assunti (o il cui contratto di lavoro sia stato convertito) a tempo indeterminato, successivamente all’entrata in vigore delle nuove regole (7 marzo 2015), la legge contempla la medesima tutela indennitaria; tuttavia, essa diverge da quanto previsto dall’art. 18, co. 7, terzo periodo, Stat. Lav., in merito al quantum ed al parametro di quantificazione dell’indennizzo. Infatti, il risarcimento dovuto al lavoratore, non assoggettato a contribuzione previdenziale, è pari a 2mensilità – dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto – per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità (art. 10, D. Lgs. n. 23/2015, che rinvia al precedente art. 3, co. 1).

Simile indennizzo – in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale (Corte Cost. 8 novembre 2018, n. 194, annotata in questo sito da P. PIZZUTI, La Corte Costituzionale cambia le tutele crescenti) che ha dichiarato incostituzionale tale meccanismo di quantificazione del risarcimento, ancorato (unicamente) all’anzianità di servizio del prestatore licenziato – deve essere determinato dal giudice secondo parametri ulteriori all’anzianità lavorativa e già enunciati dall’art. 18, co. 5, Stat. Lav. (a cui rinvia a sua volta l’art. 18, co. 7), quali: il numero di dipendenti occupati dall’impresa, le dimensioni dell’attività economica, il comportamento e le condizioni delle parti (in merito, v. Trib. Bari 11 ottobre 2018, n. 7016, che ha richiamato tali parametri “reintrodotti” dalla Corte Cost. per quantificare il risarcimento dovuto al lavoratore in caso di violazione delle procedure di cui all’art. 4, co. 9, L n. 223/9, in questo sito, con nota di P. PIZZUTI, Licenziamento collettivo illegittimo per violazione degli obblighi procedurali e applicazione della disciplina indennitaria del contratto a tutele crescenti sulla base dei principi sanciti dalla Corte costituzionale con la decisione del 26 settembre 2018).

I vizi della procedura comunicativo-informativa, che sono interessati a far valere anche i singoli lavoratori (Cass. S.U. 15 ottobre 2002, n. 14616, MGL, 2002, 868, con nota di I. INGLESE, Sull’applicazione della l. n. 223/1991 al personale delle Ferrovie dello Stato) devono essere dedotti, a pena di decadenza, nel ricorso contro il licenziamento, in quanto costituiscono causa petendi ai sensi dell’art. 414, n. 4, c.p.c. (Cass. 12 febbraio 2013, n. 3330, NGL, 2013, 718 e Cass. 8 agosto 2005, n. 16629, MGL, 2006, 192).

Procedura dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale: i vizi nella comunicazione
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