La fruizione, al momento dell’intimazione del recesso, di un congedo straordinario per assistere il familiare disabile (ex art. 42, co. 5, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151) non rappresenta una condizione ostativa al potere di licenziamento.

Nota a Cass. 25 febbraio  2019, n. 5425

Francesco Belmonte

Il licenziamento del dipendente beneficiario di un congedo straordinario per l’assistenza al familiare disabile è vietato “solo se fondato sulla fruizione del congedo medesimo ma non anche per ogni causa, diversa e legittima, di risoluzione del rapporto di lavoro”.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione (25 febbraio 2019, n. 5425) in relazione ad una fattispecie concernente il licenziamento di un lavoratore in congedo straordinario (dal 23.10.14) per l’assistenza al padre portatore di handicap in situazione di gravità, accertata ai sensi dell’art. 4, co. 1, L. 5 febbraio 1992, n. 104, intimato (con decorrenza dal 19.12.2014) all’esito della procedura di licenziamento collettivo ex art. 4, L. 23 luglio 1991, n. 223 (avviata il 2.10.14).

La Corte, in linea con i precedenti gradi di giudizio, giunge a tale conclusione in base ad una minuziosa esegesi della normativa di riferimento.

In particolare, l’art. 42, co. 5, D.LGS. n. 151/2001, stabilisce il diritto del coniuge (ma anche del figlio – v. Corte Cost. n. 19/2009) convivente di un soggetto con handicap grave – accertato secondo quanto previsto dall’art. 4, co. 1, L. n. 104/92 – a fruire di un periodo (continuativo o frazionato) di congedo c.d. straordinario (regolato dall’art. 4, co. 2, L. 8 marzo 2000, n. 53) non superiore a 2 anni, entro 60 giorni dalla richiesta.

Il disposto normativo sancisce, inoltre, al co. 5-ter, che “Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità”; e, al co. 5 –quinquies, “Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.

Tale ultima disposizione (art. 4, co. 2, L. n. 53/2000), per quanto attiene al caso di specie, prevede che “Durante tale periodo (n.d.r. di congedo) il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.”

Per i giudici di legittimità il diritto alla conservazione del posto summenzionato “non esprime limitazioni al legittimo potere di recesso ma è finalizzato, esclusivamente, a garantire al lavoratore un trattamento economico ed assistenziale (analogamente a quanto avviene per la malattia) per il periodo di assistenza” al familiare inabile.

“La fruizione del congedo, in altre parole, non rende insensibile il rapporto di lavoro ai fatti estintivi previsti dalla legge ma, al più, pone questione di sospensione degli effetti di detti atti (id est: del recesso) fino al termine del congedo medesimo”.

Fruizione del c.d. congedo straordinario e licenziamento
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