Ai fini dell’accertamento della giusta causa di recesso, il giudice deve “tener conto” delle condotte lesive del vincolo fiduciario individuate, in via esemplificativa e non vincolante, dalla contrattazione collettiva di riferimento.

Nota a Cass. 23 maggio 2019, n. 14063

Sonia Gioia

In materia di licenziamento disciplinare, “le tipizzazioni delle fattispecie previste dal contratto collettivo nell’individuazione delle condotte costituenti giusta causa di recesso non sono vincolanti per il giudice, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 Cod. Civ.”

È il principio affermato dalla  Corte di Cassazione (23 maggio 2019, n. 14063) in relazione al caso di una cassiera licenziata per aver utilizzato, in violazione del regolamento aziendale, la fidelity card dei dipendenti in favore della madre, ottenendo un sconto indebito e permettendole di partecipare ad un concorso, riservato ai clienti, pur non avendo effettuato alcun acquisto.

In proposito, la Corte di Cassazione ha censurato la sentenza di merito (App. Roma n. 2236/2017), che aveva confermato la legittimità del licenziamento disciplinare per non aver preso in considerazione, in sede di accertamento della giusta causa, le condotte tipizzate dalle parti sociali (nel caso di specie,  ccnl settore commercio 18 luglio 2008); né aveva motivato lo scostamento dalle previsioni del codice disciplinare, che “individua il limite di tollerabilità e la soglia di gravità delle violazioni degli artt. 2104 e 2015 c.c. in quel determinato momento storico ed in quel contesto aziendale” (Cass. n. 28492/2018).

Al riguardo, ha precisato la Corte, le tipizzazioni dei contratti collettivi, contribuendo a “riempire di contenuto” la clausola generale di cui all’art. 2119 c.c.,  costituiscono uno dei parametri di cui il giudice deve “tener conto” nell’accertamento della giusta causa (art. 30, co. 3, L. n. 183/2010).  L’eventuale disapplicazione di tali disposizioni va motivata dal giudice di merito ed è suscettibile di controllo di legittimità (v. Cass. n. 9396/2018, annotata in questo sito da F. DURVAL, Licenziamento disciplinare e autonomia collettiva; Cass. n. 18715/2016).

In definitiva, ai fini della valutazione circa la sussistenza della giusta causa, il giudice deve verificare preliminarmente che la condotta contestata sia riconducibile alla nozione legale di cui all’art. 2119 c.c., quale “causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto” e, cioè, grave lesione del vincolo fiduciario.  Ciò anche quando la condotta contestata sia astrattamente riconducibile alla fattispecie tipizzata contrattualmente.

Dovrà, dunque, valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in base agli specifici elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie (circostanze in cui sono stati commessi, intensità del profilo intenzionale, ecc.) e, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta.

Nell’ambito di tale attività sussuntiva e valutativa, il giudice “tiene conto” anche delle condotte esemplificate dai contratti collettivi.

Licenziamento per giusta causa e tipizzazioni del CCNL
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