Il mancato rispetto del termine per l’esercizio del diritto di difesa nell’ambito di un procedimento disciplinare determina l’illegittimità del licenziamento intimato con applicazione della tutela indennitaria forte.

Nota a Trib. Venezia 13 gennaio 2020, n. 11

Jennifer Di Francesco

Il lavoratore licenziato prima dello spirare del termine concesso a sua difesa nell’ambito di un procedimento disciplinare ha diritto ad essere risarcito con una indennità commisurata all’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR in misura non inferiore a 6 mensilità e non superiore a 36, determinata secondo i criteri stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 194/2018 (anzianità di servizio, numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti), annotata in questo sito da P. PIZZUTI, La Corte Costituzionale cambia le tutele cresenti.

Questo è quanto deciso dal Tribunale di Venezia, sez. lav. 13 gennaio 2020, n. 11, il quale – chiamato a sindacare la legittimità di un licenziamento intimato in violazione del termine di 5 giorni previsto, per rendere le giustificazioni, dall’art. 7 Stat. Lav.– ha stabilito che la violazione del diritto di difesa configura un vizio attinente ad un elemento costitutivo del recesso e non un mero vizio procedurale.

Il Tribunale, nel caso in esame, ha così esteso i principi enucleati dalla Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 30985/2017 (annotata in questo sito da G. CATANZARO, Tardività della contestazione e tutela del lavoratore licenziato) in relazione ai licenziamenti rientranti nell’area di applicazione dell’art. 18 Stat. Lav., anche a quelli disciplinati dal c.d. Jobs Act (D.LGS. n. 23/2015) ed ha, di conseguenza, applicato all’illegittimo licenziamento l’art. 3, co.1 del citato decreto e non anche l’art. 4, che attiene ai vizi formali e procedurali del licenziamento.

In base al citato art. 3. co.1: “1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità”. La Corte costituzionale, n. 194/2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale comma, limitatamente alle parole «di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio.

Il licenziamento in violazione del diritto di difesa
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