Non tutto quanto dichiarato ai fini IRPEF dal lavoratore autonomo è sottoposto all’obbligo di contribuzione previdenziale

Nota a Cass., ord., 7 settembre 2020, n. 18594

Alfonso Tagliamonte

Relativamente alla individuazione dei redditi da lavoro autonomo da sottoporre all’obbligo di contribuzione previdenziale, bisogna fare anzitutto riferimento alla normativa previdenziale, la quale individua la totalità dei redditi d’impresa come base imponibile sulla quale calcolare i contributi (art. 3-bis, D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modifiche dalla L. 14 novembre 1992, n. 438; art. 1, L. 2 agosto 1990, n. 233), “così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che, secondo il testo unico delle imposte sui redditi, gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali senza prestazione di attività lavorativa sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi”.

Pertanto, “al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre, per coerenza di sistema, fare riferimento alle norme fiscali e, dunque, in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22/12/1986, n. 917”. Tale D.P.R. contiene diverse disposizioni per distinguere i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale: “i primi, a mente dell’art. 55 (nel testo post-riforma del 2004), sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale, mentre l’art. 44, lettera e) (nel testo post-riforma del 2004), ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG (ora IRES)”.

È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione (ord. 7 settembre 2020, n. 18594) relativamente al caso di un lavoratore autonomo al quale era stato intimato dall’Inps il pagamento della contribuzione previdenziale relativa alla gestione commercianti su tutto quanto dichiarato ai fini IRPEF, avendo percepito redditi derivanti dalla partecipazione pro quota ad alcune società a responsabilità limitata. La Cassazione ha confermato quanto correttamente sostenuto dalla Corte territoriale, vale a dire che: “il rapporto previdenziale non può prescindere dalla sussistenza di un’attività di lavoro dipendente o autonomo che giustifichi la tutela corrispondente, atteso che, diversamente ragionando, ogni conferimento di capitali in società esercente attività d’impresa dovrebbe comportare l’inserimento del reddito corrispondente nell’imponibile contributivo. Ne deriva che il concetto di totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF … deve essere riferito esclusivamente all’impresa commerciale o artigiana in relazione alla quale l’assicurato è iscritto alla corrispondente gestione, non essendo necessariamente soggette a contribuzione ai fini previdenziali eventuali altre fonti di reddito da partecipazione”.

 

L’INPS può pretendere i contributi solo sui redditi da lavoro
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