In caso di licenziamento per sopraggiunta inidoneità alle mansioni, il datore di lavoro deve dimostrare gli oneri sproporzionati di un’eventuale alternativa destinazione ad altro incarico del portatore di handicap.
Nota a Cass. 9 marzo 2021, n. 6497
Daniele Magris
Nell’ipotesi di licenziamento determinato da sopravvenuta inidoneità alle mansioni, il datore di lavoro deve dimostrare che la destinazione del portatore di handicap nell’ufficio o in altro incarico avrebbe comportato un onere finanziario sproporzionato e comunque eccessivo, anche con riferimento all’eventuale necessità di una qualche formazione professionale del dipendente.
Questa, l’importante affermazione della Corte di Cassazione (9 marzo 2021, n. 6497, conforme a App. Milano 1 ottobre 2018, n. 1503) con riguardo al recesso intimato ad un dipendente divenuto inidoneo alle mansioni, relativamente al quale il datore di lavoro aveva soltanto addotto l’inesistenza, nel luogo della prestazione, di posti della qualifica dell’interessato e l’assenza, nell’organigramma aziendale dell’ufficio, di altri posti liberi.
Nello specifico, la Corte ribadisce il principio di parità di trattamento senza distinzione di handicap e precisa che i datori di lavoro sono tenuti a garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori nonché ad adottare accomodamenti ragionevoli (nel limite rappresentato dalla “sproporzione” del costo per l’azienda, che si affianca a quello dell’aggettivo che qualifica l’accomodamento come “ragionevole”) consistenti in “ogni soluzione organizzativa praticabile che miri a salvaguardare il posto di lavoro del disabile in un’attività che sia utile per l’azienda e che imponga all’imprenditore, oltre che al personale eventualmente coinvolto, un sacrificio che non ecceda i limiti di una tollerabilità considerata accettabile secondo “la comune valutazione sociale”.
La Corte sottolinea in particolare: a) la necessaria proporzionalità e non eccessività delle misure di adattamento, sia rispetto all’organizzazione aziendale sia con riguardo alle posizioni lavorative degli altri lavoratori, sia in relazione alle peculiarità dell’azienda ed alle sue risorse finanziarie, stante l’esigenza del “mantenimento degli equilibri finanziari dell’impresa” (Cass. n. 18556/2019, in q. sito con nota di F. DURVAL; Cass. n. 6678/2019); b) che l’obbligo di accomodamento ragionevole costituisce una condizione di legittimità del licenziamento del lavoratore disabile, sicché il suo inadempimento integra il “difetto di giustificazione” del recesso (v. art. 18, co.7, Stat. Lav., come novellato dalla L. n. 92/2012 – Cass. n. 26675/2018, in q. sito con nota di F. ALBINIANO – e art. 2, D.LGS. n. 23/2015; nonché, sempre nel senso della tutela ripristinatoria, art. 18, co. 4, del novellato Stat. Lav., per le ipotesi di licenziamento collettivo in violazione della quota di riserva prescritta dalla L. n. 68/1999, art. 3 – Cass. n. 26029 del 2019, in q. sito con nota di A. TAGLIAMONTE); c) che grava sul datore di lavoro dimostrare la sussistenza delle giustificazioni oggettive del licenziamento.