Il lavoratore, nell’intervallo di tempo intercorso tra il licenziamento, successivamente dichiarato illegittimo, e la reintegrazione nel posto di lavoro, ha   diritto alle ferie annuali retribuite.

Nota a CGUE 12 ottobre 2023, C-57/22

Sonia Gioia

In materia di diritto alle ferie, l’art. 7, par. 1, Dir. 2003/88/CE (concernente “Taluni aspetti dell’orario di lavoro”) “deve essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il motivo che, durante tale periodo, detto lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro poiché quest’ultimo non gli ha affidato alcun lavoro ed egli già beneficia, conformemente al diritto nazionale, di una compensazione di retribuzione durante detto periodo”.

Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (12 ottobre 2023, C-57/22), investita della questione dalla Corte suprema della Repubblica ceca, in relazione ad una fattispecie concernente una lavoratrice, illegittimamente licenziata, che chiedeva il pagamento di un’indennità economica per ferie annuali non godute relative al periodo compreso tra la data del recesso datoriale e quella di reintegrazione sul luogo di impiego, conseguente alla dichiarazione giudiziale di illegittimità del provvedimento espulsivo.

Al riguardo, la Corte ha ribadito che il diritto inderogabile ad un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane costituisce “un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione Europea”, cui non si può derogare e la cui attuazione da parte degli Stati membri deve avvenire entro i limiti espressamente indicati dalla normativa comunitaria  (CGUE 2 marzo 2023, C-477/21, annotata in q. sito da F. GIROLAMI; CGUE 22 settembre 2022, C-120/21, con nota in q. sito di F. GIROLAMI; CGUE 25 novembre 2021, C-233/20; CGUE 6 aprile 2006, C-124/05).

In particolare, al lavoratore, ai sensi degli artt. 7, par. 1 Dir. cit. e 31, par. 2 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, sono riconosciuti il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tale titolo, che rappresentano le due componenti dell’unico diritto a “ferie annuali retribuite”, allo scopo di consentire il recupero delle energie psico-fisiche spese nell’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro nonché la realizzazione di esigenze anche ricreative personali e familiari (CGUE 22 settembre 2022 cit.).

Il diritto ad un periodo di distensione e riposo, in considerazione della finalità soprarichiamata, presuppone che il prestatore “abbia effettivamente lavorato nel periodo di riferimento”, salvo che non sia stato in grado di adempiere alle proprie mansioni per fatti a lui non imputabili, come nelle ipotesi di sopravvenuta inabilità al lavoro o di licenziamento illegittimo (CGUE 25 giugno 2020, C-762/18 e C-37/19).

In quest’ultima ipotesi, in particolare, la circostanza che il dipendente, nel periodo compreso tra la data del provvedimento espulsivo e quella di reintegrazione nel luogo di impiego, a seguito di declaratoria giudiziale di illegittimità, non abbia effettivamente prestato attività lavorativa al servizio del datore di lavoro “è il risultato degli atti di quest’ultimo sfociati nel licenziamento illegittimo, senza i quali detto lavoratore sarebbe stato in grado di lavorare e di esercitare il suo diritto alle ferie annuali”.

Da ciò discende che l’intervallo temporale compreso tra la data dell’intimazione del licenziamento e quella di reintegra “deve essere assimilato a un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione dei diritti alle ferie annuali retribuite”, con conseguente diritto del lavoratore al godimento di un periodo retribuito di distensione e riposo o all’erogazione di un’indennità finanziaria qualora, per qualsiasi ragione, il suo rapporto di lavoro sia cessato.

Ciò, dal momento che il diritto alle ferie annuali comprende non solo quello alla corresponsione di un pagamento a tale titolo per consentire al prestatore di godere, per tutta la durata delle ferie, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all’esercizio del suo lavoro ma anche il diritto all’ottenimento di un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute, la cui erogazione non può essere assoggettata ad “alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, alla mancata fruizione da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato” (CGUE 6 novembre 2018, C-619/16).

Di conseguenza, risulta irrilevante, ai fini della determinazione del diritto alle ferie annuali, la circostanza che il diritto nazionale preveda l’erogazione, per tutto il periodo compreso tra il licenziamento e la reintegrazione, di una “compensazione di retribuzione”, corrispondente al compenso medio che il dipendente percepiva, dal momento che essa “ha lo scopo di indennizzare il lavoratore per la retribuzione non percepita a causa del licenziamento illegittimo”.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha riconosciuto il diritto della lavoratrice alle ferie annuali retribuite per l’intervallo di tempo compreso tra la data del recesso datoriale e quello di reintegrazione sul luogo di impiego, a nulla rilevando che la dipendente, durante tale lasso temporale, non aveva svolto lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro, che non l’aveva messa nelle condizioni di poter espletare le proprie mansioni, né che la stessa beneficiava di una compensazione di retribuzione.

Sentenza

Licenziamento illegittimo e diritto alle ferie
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