In caso di congedo per malattia, la previsione di fasce orarie di reperibilità diverse per i dipendenti di pubbliche amministrazioni e di soggetti privati costituisce un’ingiustificata violazione del principio di uguaglianza.

Nota a TAR Lazio 26 settembre 2023, n. 16305

Sonia Gioia 

In materia di assenze per malattia, il mantenimento di fasce orarie di reperibilità differenziate, con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato, determina una disparità di trattamento “del tutto ingiustificata”, con conseguente violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), “considerato che un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito”.

Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio 26 settembre 2023, n. 16305 in relazione al ricorso presentato da un’associazione sindacale che lamentava l’illegittimità del D.M. 17 ottobre 2017, n. 206 (concernente il “Regolamento recante modalità per lo svolgimento delle visite fiscali e per l’accertamento delle assenze dal servizio per malattia, nonché l’individuazione delle fasce orarie di reperibilità, ai sensi dell’articolo 55-septies, comma 5-bis, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165”) nella parte in cui ha lasciato invariate e differenziate le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, in caso di malattia, per i dipendenti di pubbliche amministrazioni e di soggetti privati, pur essendo stata ex ante demandata a tale fonte la loro armonizzazione.

Come noto, al fine di consentire un controllo sullo stato di malattia, il dipendente del settore privato è tenuto all’adempimento dell’obbligo di essere reperibile presso la propria residenza o il domicilio indicato nel certificato medico tutti i giorni dalle ore 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00, con esclusione dei lavoratori la cui assenza sia connessa con  patologie gravi che richiedono terapie salvavita (comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria) o stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta in misura pari o superiore al 67% (art. 5, D. L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con mod. in L. 11 novembre 1983, n. 638; art. 4, D.M. 15 luglio 1986; art. 1, D.M. 11 gennaio 2016, attuativo dell’art. 25, D.LGS. 14 settembre 2015, n. 151; Circ. INPS 7 giugno 2016, n. 95).

Diversamente, per il personale delle pubbliche amministrazioni, le visite fiscali possono essere effettuate “con cadenza sistematica e ripetitiva, anche in prossimità delle giornate festive e di riposo settimanale”, con obbligo del lavoratore di essere reperibile dalle ore 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00, fatta eccezione per  i prestatori per i quali l’assenza dal domicilio sia riconducibile a patologie gravi che richiedono terapie salvavita, causa di servizio o stati patologici connessi a situazioni di invalidità pari o superiore al 67% (artt. 2, 3, 4, D.M. n. 206 cit.).

Al fine di armonizzare la disciplina dei settori pubblico e privato”, l’art. 55 septies, D.LGS. n. 165 cit. (come mod. dall’art. 18, D.LGS. 17 maggio 2017, n. 75) ha previsto che, con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, siano “stabilite le fasce orarie di reperibilità entro le quali devono essere effettuate le visite di controllo” e siano definite le modalità per lo svolgimento delle stesse e per l’accertamento delle assenze dal servizio per malattia, con la precisazione che qualora il dipendente debba allontanarsi dall’indirizzo comunicato durante le fasce di reperibilità per effettuare visite mediche o per altri giustificati motivi che, a richiesta, devono essere documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all’amministrazione che, a sua volta, ne dà comunicazione all’Inps.

Il D. M. n. 206 cit., pur essendo stato emanato allo scopo di dare attuazione all’art. 55 setpties, D.LGS. n. 165 cit. – nell’individuare, all’art. 3, quali fasce orarie di reperibilità i periodi compresi tra le ore 09:00 e le 13:00 e tra le ore 15:00 e le 18:00 di ciascun giorno – ha mantenuto gli orari previsti per i pubblici dipendenti, lasciando, pertanto, “immutata la differenziazione tra dipendenti pubblici e privati, in relazione ai quali sono previste fasce orarie di reperibilità più brevi”.

In questo modo, “è evidente” che non sia stata assicurata l’armonizzazione della disciplina dei settori pubblico e privato, alla quale il decreto ministeriale era chiamato, relativamente alle fasce orarie di reperibilità, “che sono rimaste profondamente differenziate, in modo decisamente più penalizzante per i dipendenti pubblici”.

Tale mancata armonizzazione determina una violazione del principio di uguaglianza e dà luogo ad un’ingiustificata disparità di trattamento in danno dei lavoratori del pubblico impiego, dal momento che un evento come la malattia non può essere trattato in maniera diversa a seconda che si tratti di un dipendente di una pubblica amministrazione o di un datore di lavoro privato.

Inoltre, il mantenimento delle differenziate fasce orarie, con una durata complessiva per i dipendenti pubblici quasi doppia rispetto a quelli del settore privato, basato sulla concezione secondo cui la riduzione delle ore dell’accertamento medico-legale ridurrebbe, di fatto, “l’incisività della disciplina dei controlli”, è indicativo di uno sviamento di potere ed una dimostrazione del fatto che si parta dall’idea che per il settore pubblico servano controlli rafforzati.

Tali accertamenti, che possono essere effettuati con cadenza sistematica e ripetitiva, sembrano, tuttavia, “diretti a dissuadere dal ricorso al congedo per malattia”, in violazione dell’art. 32 Cost., che pone la tutela della salute quale fondamentale diritto dell’individuo e della collettività.

Sulla base di tali considerazioni, il TAR, nell’accogliere le doglianze del sindacato, ha annullato il D.M. n. 206 cit., nella parte in cui prevede per i pubblici dipendenti fasce di reperibilità per le visite fiscali diverse da quelle in vigore per il settore privato.

Nelle more dell’emanazione di un nuovo decreto ministeriale (o dell’eventuale riforma della sentenza soprarichiamata), l’INPS, sentito il Dipartimento delle Funzione pubblica, ha comunicato che, in virtù del principio di armonizzazione ex art. 55 septies, co. 5 bis, D.LGS. n. 165 cit., le visite mediche di controllo domiciliare nei confronti dei lavoratori pubblici, fino a nuove disposizioni, dovranno essere effettuate negli stessi orari previsti per i dipendenti del settore privato, vale a dire dalle ore 10:00 alle 12:00 e dalle ore 17:00 alle 19:00 di tutti i giorni, compresi domeniche e festivi (INPS Msg 23 dicembre 2023, n. 4640).

Sentenza

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, 26 settembre 2023, n. 16305

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I.Con il ricorso in epigrafe il Sindacato U.P. e alcuni appartenenti alla Polizia penitenziaria impugnano il D.M. n. 206 del 17 ottobre 2017, adottato dal Ministro per la Semplificazione e per la Funzione pubblica, di concerto con quello del Lavoro e delle Politiche sociali, censurandolo, in modo particolare, nella parte in cui ha lasciato invariate e differenziate le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, in caso di malattia, per i dipendenti di Amministrazioni pubbliche e di soggetti privati, pur essendo stata ex ante demandata a tale fonte la loro armonizzazione.

II. Premettendo la sussistenza nella specie della giurisdizione del Giudice adito e la propria legittimazione ad causam in ragione del contenuto del contestato decreto, parte ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

1. Violazione e falsa applicazione di legge, ingiustizia manifesta, irragionevolezza, illogicità e incoerenza del D.M. n. 206 del 17 ottobre 2017 e, in particolare, dell’art. 3 del citato decreto perché in contrasto con degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonché eccesso di potere sotto i profili dell’illogicità manifesta e della disparità di trattamento per difformità dalla delega contenuta nell’art. 55 septies, comma 5 bis, D.Lgs. n. 165 del 2001.

La Funzione pubblica ha lasciato invariate le fasce orarie di reperibilità, ossia nelle quali il dipendente “pubblico” deve necessariamente farsi trovare presso il proprio domicilio dal medico fiscale, pena una sanzione disciplinare anche di natura economica.

Sulla questione il Consiglio di Stato, esaminando il decreto attuativo della riforma Madia, aveva sollevato varie osservazioni, tra cui quella di equiparare i controlli nel settore pubblico con quelli del settore privato, tentando di dare una armonizzazione alle discipline, ma, secondo la P.A., la riduzione delle ore di accertamento avrebbe di fatto ridotto “…l’incisività della disciplina dei controlli”.

Non vi sarebbe stata, perciò, alcuna volontà, da parte del Legislatore delegato, di equiparare il settore privato al settore pubblico in fatto di fasce di reperibilità, lasciando in essere una manifesta discriminazione.

L’art. 3 del decreto gravato risulterebbe innanzitutto in palese contrasto con l’art. 3 Costituzione, determinando un’illegittima disparità di trattamento tra il rapporto di lavoro dei dipendenti del settore pubblico e quello del settore privato.

In oltre nel settore pubblico l’Inps effettua le visite fiscali per i dipendenti pubblici anche d’ufficio, ossia non solo su richiesta dei dirigenti della pubblica amministrazione.

In tal modo non sarebbe stato rispettato l’obbligo di armonizzazione sancito dal legislatore con l’art. 55 septies, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e succ. mod., in violazione dell’art. 3 Costituzione in relazione al principio di uguaglianza tra i lavoratori, i cui rapporti di lavoro sarebbero entrambi caratterizzati dagli stessi elementi di subordinazione, per i quali la malattia è un evento per cui non ha alcuna rilevanza la natura pubblica o privata del datore di lavoro e per i quali altresì sarebbero parificate le restanti modalità di controllo, ivi comprese le più restrittive cause di esenzione, che passano dalle cinque, individuate dal DM Brunetta del 2009, a tre.

2) Violazione di legge, e in particolare, dell’art. 3 del decreto 17 ottobre 2017, n. 206, per contrasto con la Direttiva n. 2000/78/CE recante “Quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”.

Il diritto comunitario osta all’adozione di una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero di un contratto collettivo concluso tra i Rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro, che determini una disparità di trattamento tra lavoratori senza che sussistano ragioni oggettive.

Si richiamano poi le disposizioni del diritto dell’Unione europea e alcune pronunce della Corte di Giustizia UE concernenti il dedotto profilo.

3) Eccesso di potere, illogicità, irrazionalità e sviamento del D.M. 17 ottobre 2017, n. 206, in particolare dell’art. 3, per disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati.

Il Regolamento emanato, così facendo, non perseguirebbe l’interesse pubblico generale e si porrebbe in contrasto con i principi del buon andamento e dell’imparzialità dell’Amministrazione sanciti dall’articolo 97 della Carta Costituzionale. In sintesi, sarebbe stata violata soprattutto l’imparzialità dell’agire della Pubblica Amministrazione e, inoltre, sarebbe stato posto in essere un travisamento della delega per l’armonizzazione del settore pubblico e privato.

Peraltro il combinato disposto di cui all’art. 2 (“Le visite fiscali possono essere effettuate con cadenza sistematica e ripetitiva …”), all’art. 3 (F. orarie di reperibilità) e dell’art. 4 (Esclusioni dall’obbligo di reperibilità) del DM, oltre a manifestare i profili di illegittimità di cui prima, sembrerebbero sviare l’azione amministrativa, la quale parrebbe, non solo o principalmente mirata ad accertare la sussistenza della malattia, ma – specie dopo essere stata accertata ed essere stato prognosticato il decorso – a penalizzare e “sanzionare” il lavoratore pubblico ammalato anche quando non ve ne sarebbe alcuna necessità.

Le disposizioni citate sembrerebbero altresì perseguire un obiettivo di dissuasione al ricorso all’assenza per malattia del dipendente pubblico, che travalicherebbe il dovere di salvaguardare il preminente interesse pubblico, nonché l’efficienza, l’efficacia e in buon andamento della Pubblica Amministrazione, in quanto in contrapposizione al diritto di cui all’art. 32 della Costituzione.

III. Con atto depositato il 6 aprile 2018, si sono costituite in giudizio le intimate Amministrazioni.

III.1. Fissata l’udienza pubblica del 26 settembre 2023 per la definizione del ricorso, queste ultime hanno depositato una breve memoria difensiva, di controdeduzioni alle doglianze di parte avversa.

IV. Infine nella predetta udienza pubblica il ricorso è stato introitato per la decisione.

V. Preliminarmente va detto che è pacifica la sussistenza della legittimazione processuale in capo ai ricorrenti e, in particolare, al Sindacato, alla luce di quanto contenuto nello Statuto versato in atti, dal quale emerge con chiarezza il carattere rappresentativo di U.P. anche relativamente alla Polizia penitenziaria, attesa la specifica previsione di cui all’art. 22 di tale atto.

V.1. Quanto agli altri ricorrenti, gli stessi precisano la propria posizione quali appartenenti alla Polizia penitenziaria, senza che tale dato sia smentito dalle costituite Amministrazioni.

VI. Si ravvisa altresì l’interesse a ricorrente, stante l’immediata e diretta applicazione delle censurate previsioni dell’impugnato provvedimento, da cui deriva la loro portata lesiva diretta.

VII. Acclarata l’ammissibilità del ricorso, in verità non contestata da parte resistente, e passando al merito, risulta necessario in via pregiudiziale fornire il quadro normativo nel quale s’incasella l’impugnato decreto.

VII.1. L’art. 17 della legge delega n. 124 del 2015, recante “Riordino della disciplina del lavoro nelle amministrazioni pubbliche”, ha fissato, per quanto qui interessa, al comma 1, lett. l), i seguenti criteri e obiettivi: “riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l’effettività del controllo, con attribuzione all’Istituto nazionale della previdenza sociale della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle amministrazioni pubbliche per l’effettuazione degli accertamenti…”.

VII.2. Vi è stata data attuazione con il D.Lgs. n. 75 del 2017, con cui è stato in parte qua modificato e integrato il D.Lgs. n. 165 del 2011.

VII.3. In particolare, l’art. 18 del citato D.Lgs. n. 75 del 2017 ha novellato l’art. 55 septies del D.Lgs. n. 165 del 2001, introducendo il comma 2 bis, concernente la competenza dei controlli in capo all’INPS, con la previsione di apposite convenzioni per disciplinare il rapporto tra detto Ente e i medici di medicina fiscale, e modificando il comma 5 bis nel seguente modo: “Al fine di armonizzare la disciplina dei settori pubblico e privato, con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le fasce orarie di reperibilità entro le quali devono essere effettuate le visite di controllo e sono definite le modalità per lo svolgimento delle visite medesime e per l’accertamento, anche con cadenza sistematica e ripetitiva, delle assenze dal servizio per malattia. Qualora il dipendente debba allontanarsi dall’indirizzo comunicato durante le fasce di reperibilità per effettuare visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, che devono essere, a richiesta, documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all’amministrazione che, a sua volta, ne dà comunicazione all’Inps”.

VII.4. Il D.M. n. 206 del 17 ottobre 2017, oggetto dell’impugnativa in esame, è stato adottato dal Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, proprio per dare attuazione al disposto di cui al citato art. 55 septies, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001, come novellato dall’art. 18 del D.Lgs. n. 75 del 2017. Ed in effetti il decreto de quo è così intitolato: “Regolamento recante modalità per lo svolgimento delle visite fiscali e per l’accertamento delle assenze dal servizio per malattia, nonché l’individuazione delle fasce orarie di reperibilità, ai sensi dell’articolo 55-septies, comma 5-bis, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.”.

VIII. Va quindi verificato se esso effettivamente dia attuazione alla richiamata norma primaria. Ed infatti la risposta a tale domanda consente di chiarire la fondatezza o meno del ricorso in epigrafe.

VIII.1. Al riguardo è sufficiente leggere l’art. 3 del decreto per concludere nel senso della non idonea attuazione della suindicata norma di legge.

In particolare, con riferimento al solo settore pubblico, le fasce orarie di reperibilità sono così indicate: 9-13 e 15-18, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi.

Nulla è innovato rispetto al decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 206 del 2009, specificamente riferito solo ai dipendenti pubblici.

Deve osservarsi che per il settore privato le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, anch’esse non modificate, sono completamente diverse: 10-12 e 17-19.

VIII.2. In questo modo è evidente che non è stata assicurata l’armonizzazione della disciplina dei settori pubblico e privato, alla quale il decreto era chiamato, relativamente alle fasce orarie di reperibilità, che sono rimaste profondamente differenziate, in modo decisamente più penalizzante per i dipendenti pubblici.

Come ha osservato il Consiglio di Stato nel parere reso con riguardo proprio al detto decreto, sussisteva la “necessità di adeguare il quadro normativo allo sviluppo tecnologico dei sistemi di comunicazione digitale sia in ragione del progressivo allineamento della disciplina normativa concernente i dipendenti pubblici con quella relativa al settore privato, conseguente al processo di “privatizzazione” del pubblico impiego che ha avuto luogo a partire dall’inizio degli anni ’90.”.

VIII.3. Il Consiglio di Stato, con specifico riferimento all’art. 3 in esame, ha poi evidenziato in fatto “che tale articolo – nell’individuare quali fasce orarie di reperibilità i periodi ricompresi tra le ore 9 e le 13 e tra le ore 15 e le 18 di ciascun giorno – mantiene gli orari attualmente previsti per i pubblici dipendenti, lasciando dunque immutata la differenziazione tra dipendenti pubblici e privati, in relazione ai quali sono previste fasce orarie di reperibilità più brevi, ricomprese tra le ore 10 e le 12 e tra le ore 17 e le 19.”.

Facendo ancora notare come l’Amministrazione abbia motivato con il rilievo che “l’armonizzazione alla disciplina prevista per i lavoratori privati avrebbe comportato (per i dipendenti pubblici) una riduzione delle fasce orarie da sette ore giornaliere a sole quattro e, quindi, una minore incisività della disciplina dei controlli”, la Sezione “Atti normativi” del Consiglio di Stato ha dichiarato che “non può esimersi dal rilevare che la motivazione esplicitata dall’Amministrazione, basandosi su una nozione di controllo prettamente quantitativa, non appare adeguata a superare la circostanza che la disposizione in esame potrebbe essere ritenuta non conforme al criterio di delega recato dall’art. 55 septies, comma 5 bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui dispone che l’atto normativo de quo debba essere finalizzato a “armonizzare la disciplina dei settori pubblico e privato”.

Essa ha quindi sostenuto la necessità di “invitare l’Amministrazione a procedere, con le modalità ritenute più opportune, all’armonizzazione della disciplina delle fasce orarie di reperibilità fra dipendenti pubblici e dipendenti del settore privato, in base a quanto esplicitamente previsto dalla normativa di delega di cui al richiamato art. 55 septies, comma 5 bis del D.Lgs. n. 165 del 2001.”.

VIII.4. Il parere richiamato è chiaro nel rilevare in modo critico l’inosservanza della disposizione in ultimo richiamata. Esso è certamente condivisibile.

IX. La mancata armonizzazione ha altresì determinato una disparità di trattamento tra settore pubblico e settore privato, a parere del Collegio, del tutto ingiustificata, considerato che un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito. Ne è quindi derivata la violazione dell’art. 3 Costituzione, non essendo rispettato il principio di uguaglianza.

X. Il mantenimento delle differenziate fasce orarie, con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato (7 ore a fronte di 4 nell’arco di una giornata) è indicativo anche di uno sviamento di potere: la stessa motivazione addotta dall’Amministrazione nell’interlocuzione con il Consiglio di Stato (il mancato allineamento delle fasce di reperibilità per il settore pubblico a quelle del privato è dovuto ad una minore incisività della disciplina dei controlli) è una dimostrazione del fatto che si parte dall’idea che per il settore pubblico servano controlli rafforzati. Tali controlli ripetuti, associati ad una restrizione delle ipotesi di esclusione dall’obbligo di rispettarle, sembrano piuttosto diretti a dissuadere dal ricorso al congedo per malattia, in contrasto con la tutela sancita dalla Carta costituzionale dall’art. 32.

XI. Le considerazioni svolte nella presente disamina conducono all’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento che ne costituisce l’oggetto.

XI.1. Stante l’effetto conformativo riconosciuto alla sentenza, nell’adozione del nuovo decreto non potrà non tenersi conto di quanto affermato nel presente provvedimento.

XII. In ragione della peculiarità della questione disaminata, si ravvisano, tuttavia, i presupposti per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Ter), definitivamente pronunciando:

– accoglie nei modi di cui in motivazione il ricorso, come in epigrafe proposto;

– compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Visite fiscali: illegittime le fasce di reperibilità diversificate per dipendenti pubblici e privati
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