A cura di M.N. Bettini con la collaborazione di: Flavia Durval e Alfonso Tagliamonte

Insufficienza e veridicità dell’informazione. Secondo un orientamento (A. VALLEBONA, Istituzioni di diritto del lavoro, II, Il rapporto di lavoro, Cedam, 2017, 659), l’omissione o l’insufficienza dell’informazione iniziale dovrebbe essere rilevata dai sindacati nel verbale del primo incontro, “mentre l’esame del merito dei problemi oppure la richiesta di ulteriori informazioni specifiche senza lamentele sul contenuto della comunicazione scritta preventiva dovrebbero precludere una successiva denunzia di vizi attinenti a tale comunicazione” (ma v., in senso contrario, Cass. 18 novembre 1997, n. 11465, RIDL, 1998, II, 627, con nota di M. L. VALLAURI, Controllo sulla giustificazione del licenziamento collettivo e ambito applicativo dei criteri di scelta; Cass. 30 ottobre 1997, n. 10716, DL, 1998, II, 42, con nota di A. M. BATTISTI, Procedura sindacale e licenziamento collettivo: un dibattito ancora aperto; RGL, 1997, II, 446, con nota di C. DE MARCHIS, Le scosse di assestamento della corte di cassazione (ovvero i tentativi di ricondurre a sistema le procedure di informazione della l. 223/91). Invece, “la non veridicità dell’informazione non può essere rilevata prima che i sindacati ne abbiano consapevolezza, il che può verificarsi anche nel corso della procedura o dopo la conclusione della stessa, rendendo, oltretutto, annullabile per dolo l’accordo eventualmente raggiunto in precedenza”.

Dalla comunicazione alle oo.ss. si devono evincere con precisione:

a) la ragione della ritenuta inevitabilità del licenziamento (Cass. 9 settembre 2003, n. 13196). Ciò, anche, eventualmente, esponendo i motivi dell’impossibilità di ricorrere a misure tipiche, quali il part time, la cassa integrazione guadagni ed i contratti di solidarietà (v. Cass. 27 novembre 2007, n. 24646; nella comunicazione iniziale, l’esposizione delle ragioni che ostacolano il ricorso a misure alternative al licenziamento non è necessaria, secondo Cass. 5 aprile 2000, n. 4228, FI, 2000, I, 2842; mentre secondo Cass. 11 aprile 2003, n. 5770, la mancanza di tale esposizione determina l’inefficacia del licenziamento);

b) la connessione tra i motivi dell’eccedenza e le posizioni lavorative individuate come esuberanti (Cass. 19 maggio 2016, n. 10348).

Se poi, nel corso della procedura, l’azienda viene ceduta, il licenziamento collettivo è per definizione inefficace in quanto la comunicazione di apertura della procedura non poteva tener conto di tale vicenda incidente sui motivi dell’eccedenza (Cass. 20 febbraio 2008, n. 4334, MGL, 2009, 171, con nota di E. MANGANIELLO, Licenziamento collettivo e sopravvenuto trasferimento d’azienda). Ed infatti l’art. 2112 c.c., nel disporre, al co. 4, che “Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento”, non vieta il licenziamento intimato in prossimità del trasferimento d’azienda, ma precisa che il trasferimento, per ciò solo, non può costituire il motivo del licenziamento (Trib. Milano 19 novembre 2015, ADL, 2016, 360-362, con nota di S. BRUN, Trasferimento d’azienda e licenziamento collettivo: la tutela dell’occupazione e lo spirito “disatteso” delle recenti riforme (365); v. anche Trib. Milano 20 ottobre 2015, ivi, 362-363, con nota di S. BRUN, cit., il quale precisa che “dall’eventuale accertamento in giudizio della nullità del licenziamento di un lavoratore deriva, quale necessario automatismo, il diritto del lavoratore stesso quale parte del compendio trasferito, al ripristino del rapporto in capo alla società acquirente…”; Cass. 3 novembre 2014, n. 23382, NGL, 2015, 185).

In sintesi, l’informazione deve essere sin dall’origine vera, completa e corretta (anche se gli eventuali dettagli e chiarimenti potranno trovare spazio nel corso del successivo esame congiunto) e deve riportare l’elenco dei licenziati (con la specificazione per ciascuno di residenza, qualifica, inquadramento, età, carico di famiglia) e la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Nello specifico, devono essere indicati:

  1. i motivi che determinano la situazione di eccedenza;
  2. i motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il licenziamento collettivo;
  3. il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato (in altre parole, la precisa individuazione delle posizioni lavorative da sopprimere e di quelle residue): dal momento che la selezione deve essere effettuata con riferimento all’intero complesso aziendale, vanno indicati i profili professionali e le aree territoriali degli esuberi, ma non gli uffici o reparti o mansioni (Cass.12 agosto, 2009, n. 18253, MGL, 2010, 41, con nota di M. TATARELLI, Comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo e rilevanza dell’accordo sindacale);
  4. i tempi di attuazione del programma di riduzione del personale (la mancata indicazione dei tempi di attuazione, realizzata con la formula “nel più breve tempo possibile” non pregiudica la correttezza del procedimento informativo, laddove non incida sulla partecipazione sindacale alla gestione contrattata della crisi – Cass. 3 febbraio 2016, n. 2113, GI, 2016, 644, con nota di L. FOGLIA, Il sindacato di legittimità della procedura di licenziamento collettivo alla luce delle nuove regole processuali);
  5. le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo;
  6. il metodo di calcolo delle attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva (art. 4, co. 3, L. 23 luglio 1991, n. 223 – v. 10 settembre 2018, n. 21964, annotata, in questo sito, da P. PIZZUTI, Licenziamento collettivo per riduzione di personale e comunicazione al sindacato);
  7. i presupposti fattuali in base ai quali vengono applicati i criteri di selezione (Cass. 29 settembre 2016, n. 19320, RGL, 2017, II, 41 – con nota di F. LAMBERTI, In tema di incompletezza formale della comunicazione di cui all’art. 4, c. 9, l. n. 223/1991 – relativa ad una fattispecie in cui il datore di lavoro aveva espresso nella comunicazione conclusiva all’ITL l’intenzione di valorizzare il criterio dell’anzianità acquisita dai lavoratori nella mansione, attribuito con la seguente formula «due punti per ogni anno di attività, calcolato in giorni, svolto nell’attuale mansione, riscontrabile da relativa documentazione», ma senza specificare la data di inizio delle esperienze lavorative, la relativa durata, il nominativo del precedente datore di lavoro, né la documentazione presa in considerazione per l’attribuzione del punteggio finale).

Alla comunicazione al sindacato “va allegata copia della ricevuta del versamento all’INPS, a titolo di anticipazione sulla somma di cui all’art. 5, co. 4, di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti” (art. 4, co. 3, L. cit.). “Copia della comunicazione di cui al co. 2 e della ricevuta del versamento di cui al co. 3 vanno contestualmente inviate all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione (n.d.r. ora, ITL)” (art. 4, co. 4, L. cit.)

In caso di società collegate, “il datore di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la mancata trasmissione, da parte dell’impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione che ha determinato l’apertura delle predette procedure” (art. 4, co. 15-bis, L. cit.).

La mancanza della forma scritta e delle procedure previste è sanabile nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo (art. 4, co. 12, L. cit.).

Insufficienza e veridicità dell’informazione nella procedura informativa nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale
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