Qualora la fruizione delle ferie maturate non risulti possibile a causa del decesso del lavoratore, le stesse devono essere “monetizzate” agli eredi.

 Nota a Cass. 21 aprile 2020, n. 7976

 Flavia Durval

Nel caso di morte del lavoratore e, dunque, quando non sia più possibile beneficiare delle ferie maturate in corso di rapporto, queste possono essere monetizzate a favore degli eredi, laddove non risulti che il lavoratore, in costanza di rapporto, abbia rifiutato (per una scelta autonoma, non riconducibile alle esigenze aziendali) un’offerta datoriale di goderne.

È quanto afferma la Corte di Cassazione (21 aprile 2020, n. 7976, in linea con App. Firenze n. 547/2015), la quale rileva che la pronunzia del giudice di merito è conforme alla normativa che regola la materia, e cioè: all’art. 36 Cost., il quale esclude che si possa rinunciare alle ferie; all’art. 10, co. 2, D.LGS. n. 66/2003, secondo cui il diritto alle ferie “non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”; nonché all’art. 7, co. 2 della Direttiva 2003/88/CE, la quale stabilisce che è possibile sostituire il diritto alle ferie con una indennità solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro; ed all’art.93 del c.c.n.l. delle aziende del settore terziario.

Nello specifico, la Corte sottolinea che l’indennità di ferie non godute non è collegata ad una responsabilità datoriale per il loro mancato godimento e precisa che, una volta divenuto impossibile per l’imprenditore adempiere all’obbligazione di consentire la fruizione del periodo feriale, anche senza sua colpa, si configura, in ragione del mancato godimento delle ferie, “il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica”.

Per “escludere il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva per le ferie non godute è necessario che il datore di lavoro dimostri di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito, venendo ad incorrere, così, nella ‘mora del creditore’” (v. anche. Cass. n. 2496/2018). Solo in presenza di questa prova, ossia qualora il dipendente abbia autonomamente deciso di non godere dei giorni di ferie (pur essendo stato messo nella condizione di farlo), non è dovuta l’indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute.
La Corte ha poi affermato che il termine dì prescrizione “decorre dalla data in cui il diritto all’indennità è sorto con la cessazione del rapporto di lavoro”.

Come noto, in caso di decesso del lavoratore, l’indennità sostitutiva delle ferie entra a far parte dell’asse ereditario e viene ripartita tra gli eredi sulla scorta delle disposizioni normative vigenti in materia di successione per causa di morte (cfr. CGUE 12 giugno 2014, C-118/13 e, per la giurisprudenza italiana, Cass. 13 maggio 1982, n. 2981).

Più specificamente, i superstiti del lavoratore deceduto, individuati secondo le norme del diritto successorio (art. 565 e ss. c.c.), hanno diritto a percepire le somme maturate dal lavoratore per effetto della prestazione lavorativa resa fino al momento del decesso e non ancora liquidate, quali le competenze relative all’ultimo mese di lavoro (retribuzione; straordinario; festività, ecc.) e quelle relative ad istituti plurimensili maturati, ma non ancora liquidati (13.ma e 14.ma mensilità, ferie, indennità per ferie non godute, permessi individuali retribuiti non goduti, eventuale incentivo all’esodo, già concordato tra le parti e non ancora erogato), essendo nel frattempo intervenuta la morte del lavoratore.

La sentenza in esame appare particolarmente interessante alla luce dei recenti provvedimenti governativi emanati al fine di contenere la diffusione del Covid-19 (DPCM 8 e 11 marzo 2020) in cui si è raccomandato ai datori di lavoro di promuovere la fruizione delle ferie da parte dei lavoratori.

Tali DPCM, come noto, fanno seguito alle misure di contenimento del virus adottate dal Governo con il co. 3 dell’art. 87, D.L. n. 18/2020, conv. dalla L. 24 aprile 2020, n.  27, il quale sancisce che: “3. Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lettera b), e per i periodi di assenza dal servizio dei dipendenti  delle  amministrazioni  di  cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n. 165,  imposti  dai  provvedimenti  di   contenimento   del   fenomeno epidemiologico da COVID-19,… le  amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse,  del  congedo,  della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della  contrattazione  collettiva….”.

Come si vede, la disposizione in questione condiziona l’esenzione dal servizio all’esaurimento di tutte le altre possibilità alternative (lavoro agile, attività indifferibili, ferie ed istituti simili) ed impone di motivare tale scelta (sul punto, v. Min. Lav. Circ. 24 marzo 2020, n. 39).

Peraltro, al fine di adempiere a tale raccomandazione, le imprese potranno utilizzare le ferie arretrate dei lavoratori, comprese quelle scadute negli anni precedenti, con conseguente superamento della normativa e delle interpretazioni giurisprudenziali circa l’indisponibilità datoriale delle ferie arretrate non godute.

In materia di ferie pregresse, il legislatore prevede altresì (L. n. 27/20, art. 4-bis) che “Fino al termine stabilito ai sensi del comma 1 (cessazione   dello   stato   di   emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino  ad  una  data  antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio  dei  Ministri  su proposta del Ministro per  la  pubblica  amministrazione) e comunque non  oltre  il  30  settembre  2020,  al  fine  di  fronteggiare  le particolari esigenze emergenziali connesse all’epidemia da  COVID-19, anche in deroga a quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali vigenti,  i  dipendenti  delle  amministrazioni  pubbliche   di   cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n. 165, possono cedere, in tutto  o  in  parte,  i  riposi  e  le  ferie maturati fino al 31 dicembre 2019 ad altro dipendente della  medesima amministrazione di appartenenza, senza  distinzione  tra  le  diverse categorie di inquadramento o i diversi profili posseduti. La cessione avviene in forma scritta ed è comunicata al dirigente del dipendente cedente e a quello del dipendente ricevente, è a titolo gratuito, non può essere sottoposta a condizione o a termine e non è revocabile. Restano fermi i termini temporali previsti per la fruizione delle ferie pregresse dalla disciplina vigente e dalla contrattazione collettiva” (sulle c.d. ferie solidali, v. M.N. BETTINI, Le c.d. ferie solidali (cessione di riposi e di ferie), in questo sito).

Ferie non godute liquidate agli eredi
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