Nella progressione stipendiale il datore di lavoro deve tener conto anche del servizio prestato sulla base di rapporti a tempo determinato.

Nota a Cass. 8 marzo 2022, n. 7586

Mara Novella Bettini

Il datore di lavoro è tenuto riservare al dirigente medico assunto a tempo determinato il medesimo trattamento previsto per l’assunto a tempo indeterminato (in base alla clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE).

Pertanto, in caso di progressione stipendiale connessa all’anzianità di servizio ed alla valutazione positiva dell’attività prestata, l’azienda deve:

a) includere nel calcolo, ai fini dell’anzianità, anche il servizio prestato sulla base di rapporti a tempo determinato e alla maturazione del periodo così calcolato (per cui l’art. 12, co. 3, lett. b), ccnl 8 giugno 2000 per la dirigenza medica e veterinaria del S.S.N. va interpretato nel senso che, “ai fini della maggiorazione dell’indennità di esclusività, va calcolato anche il servizio prestato presso lo stesso ente sulla base di rapporti a termine stipulati nel rispetto degli intervalli di legge. L’assenza di soluzione di continuità è richiesta, ai medesimi fini, per l’assunto a tempo determinato e per il dirigente a tempo indeterminato in caso di rapporti intercorsi con aziende o enti diversi del S.S.N.”);

b) attivare la procedura valutativa nei termini, con le forme e con gli effetti previsti per gli assunti a tempo indeterminato.

Questo, il principio affermato dalla Corte di Cassazione (8 marzo 2022, n. 7586, in linea con Cass. n. 7440/2018) la quale ha precisato che l’eventuale diversità di trattamento fra assunto a tempo determinato e assunto a tempo indeterminato deve basarsi su ragioni oggettive indicate dalla Corte di Giustizia (CGUE 17 marzo 2021, in causa C – 652/19, punto 60, annotata in q. sito da G. CATANZARO), ossia su “elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate”.

Per la Cassazione, qualora, alla maturazione dell’anzianità il datore di lavoro contrattualmente tenuto ad attivare la procedura valutativa, l’abbia omessa sull’erroneo presupposto della non computabilità dei periodi a tempo determinato, la sola circostanza che la progressione stipendiale presupponga anche la valutazione positiva non rappresenta una ragione oggettiva idonea ad escludere il diritto alla progressione stipendiale (va perciò disapplicato l’art. 12, co.3, lett. a), ccnl cit.).

Tuttavia, dal momento che il diritto all’attribuzione del maggiore trattamento retributivo sorge solo al concorrere di entrambe le condizioni, ossia l’anzianità di servizio e la valutazione positiva, il giudice potrà pronunciare condanna al pagamento delle differenze retributive con la decorrenza contrattualmente prevista solo se la valutazione positiva sia già avvenuta, anche se ad altri fini; in caso contrario, egli dovrà limitarsi ad accertare l’avvenuta maturazione dell’anzianità ed il conseguente diritto del dirigente ad essere valutato.

La Corte accoglie pertanto il ricorso di tre dirigenti medici veterinari dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per la Sicilia “A. Mirri” assunti a tempo indeterminato i quali avevano lamentato che l’Istituto non aveva tenuto conto, ai fini della quantificazione dell’indennità di esclusività e della retribuzione di posizione unificata, dell’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato ed avevano domandato, previo accertamento dell’effettiva esperienza professionale, la condanna dell’amministrazione convenuta a corrispondere il trattamento previsto in favore dei dirigenti in possesso di un’anzianità non inferiore a cinque anni.

I giudici di merito avevano ritenuto che l’asserita disparità di trattamento rispetto agli assunti a tempo indeterminato (quanto alla retribuzione di posizione unificata ed all’indennità di esclusività) fosse giustificata da ragioni oggettive, essendo la maggiorazione degli importi contrattualmente previsti legata non alla sola anzianità di servizio bensì anche alla previa verifica positiva da parte del Collegio Tecnico, condizione, quest’ultima, che non si era verificata.

La Cassazione, invece, accoglie il ricorso, sul presupposto che la Corte territoriale “nel ritenere non valutabile l’anzianità maturata dal dirigente medico e veterinario sulla base di contratti a tempo determinato, si è discostata dai principi di diritto sopra richiamati e, nel valorizzare l’omessa sottoposizione alla verifica dell’attività svolta, da un lato, ha ritenuto, erroneamente, che la stessa potesse valere a giustificare la diversità di trattamento, dall’altro non ha considerato che l’obbligo di sottoporre a verifica il dirigente, sulla base delle disposizioni contrattuali sopra richiamate, grava sul datore il quale alla maturazione del quinquennio è tenuto ad effettuare la valutazione”.

Parità di trattamento fra dirigenti medici a termine e a tempo indeterminato (Cass. n. 7586/2022)
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