La sanzione disciplinare irrogata ad una lavoratrice, RSA, che abbia pubblicato su Facebook due comunicati di critica nei confronti del datore di lavoro è illegittima ed antisindacale.

Nota a Trib. Torino 6 febbraio 2023, n. 2305

Francesco Belmonte

La pubblicazione sui social di comunicati concernenti tematiche sindacali è riconducibile al diritto di affissione e di proselitismo di cui agli artt. 25 e 26 Stat. Lav. Tali disposizioni sono finalizzate non solo a garantire la libertà dei sindacati di diffondere comunicati in materie di interesse sindacale e del lavoro e di effettuare l’attività di propaganda orale o scritta all’interno dell’azienda, ma anche a contemperare la libertà sindacale e gli opposti interessi dei datori di lavoro, parimenti meritevoli di tutela, come quelli, costituzionalmente protetti, relativi alla libertà di iniziativa economica e all’organizzazione dell’impresa.

Così si è espresso il Tribunale di Torino (6 febbraio 2023, n. 2305) nell’ambito di un ricorso, ex art. 28 Stat. Lav., promosso da una Organizzazione Sindacale avverso la sanzione disciplinare (8 giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione) irrogata ad una lavoratrice RSA, per aver quest’ultima postato sul proprio profilo personale e in un gruppo privato di Facebook (con più di 5000 iscritti) il contenuto di una e-mail di critica scritta da un collega – indirizzata alla direttrice, ai responsabili del negozio nonché al segretario nazionale del sindacato ricorrente – relativa all’organizzazione del lavoro e all’inquadramento contrattuale dei dipendenti di un punto vendita.

Per l’azienda, la sanzione irrogata, la cui natura non può ritenersi antisindacale, deve invece qualificarsi come legittima in quanto la condotta posta in essere dalla lavoratrice vìola la riservatezza della corrispondenza ed il regolamento aziendale che vieta la divulgazione di informazioni riguardanti l’organizzazione del lavoro, avendo perdipiù la stessa diffuso, senza autorizzazione, i nomi ed i cognomi nonché gli indirizzi di posta elettronica di alcuni responsabili aziendali.

Il Tribunale riconduce la condotta della RSA agli artt. 25 e 26 Stat. Lav., affermando che i diritti sindacali tipici disciplinati dallo Statuto, non sono le uniche modalità con le quali può esplicarsi la libertà sindacale; “i sindacati, infatti, possono diffondere comunicati riguardanti tematiche sindacali o del lavoro, così come effettuare attività di proselitismo e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, anche al di fuori dei luoghi di lavoro e con strumenti diversi da quelli presi in considerazione dal legislatore”.

“I social network, come Facebook, sono indubbiamente uno strumento di cui il sindacato può servirsi quando, per il perseguimento dei propri fini, ritenga opportuno far conoscere comunicati di interesse sindacale non solo ai dipendenti associati, ma anche a quelli non associati nonché agli estranei”.

Le rivendicazioni di carattere lato sensu sindacale o le manifestazioni di opinioni attinenti al contratto di lavoro, quando sono prive di espressioni ingiuriose, offensive o infamanti verso l’azienda, “sono certamente meritevoli di tutela in confronto con l’interesse suscettibile di lesione, di cui è portatrice la controparte datoriale” (Cass. n. 1379/2019).

Ebbene Facebook, pur avendo una maggiore potenzialità diffusiva, può essere paragonato al volantinaggio sindacale svolto al di fuori dei luoghi di lavoro, per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a determinate tematiche lato sensu sindacali.

Per il giudice torinese, i due post condivisi dalla RSA «erano direttamente attieniti all’interesse collettivo dei lavoratori ed alle loro rivendicazioni in materia di inquadramento contrattuale e di tipologia di contratti di lavoro e devono essere valutate alla luce del ruolo di sindacalista ricoperto da colei che li ha diffusi, tenuto conto che, pur non esistendo una scriminante sindacale, il diritto di critica sindacale gode di una tutela rafforzata rispetto a quella degli altri lavoratori, trovando “un’ulteriore copertura costituzionale costituita dall’art. 39 Cost. nel momento in cui l’espressione del pensiero è finalizzata al perseguimento di un interesse collettivo”» (Cass. n. 1379/2019, cit.)

La lavoratrice, pertanto, ha esercitato il proprio diritto di critica nel rispetto dei limiti della continenza formale, attinente alle modalità di esposizione del pensiero critico, e della continenza sostanziale, riguardante la veridicità da valutarsi secondo il paramento soggettivo della verità percepita dall’autore dei fatti denunciati (in materia, v., ex aliis, Trib. Roma n. 9312/2022, in q. sito con nota di M.N. BETTINI; Cass. n. 19092/2018, in q. sito con nota di F. ALBINIANO; Cass. n. 14527/2018, in q. sito con nota di F. BELMONTE; Cass. n. 18176/2018; Cass. n. 5523/2016, in q. sito con nota di F. ALBINIANO).

Inoltre, diversamente da quanto sostenuto dall’azienda, la lavoratrice non ha arrecato alcun nocumento alla società, poiché “nessuna violazione della corrispondenza si è verificata nel caso di specie, in quanto la RSA, pacificamente con il consenso del collega, ha fatto proprio e diffuso tramite Facebook il suo pensiero … senza, tuttavia, pubblicare gli indirizzi di posta elettronica dei destinatari dell’e-mail … e non ha neppure divulgato dati di natura riservata riguardanti l’organizzazione del lavoro”. “Tali, infatti, non possono essere considerati i nominativi della direttrice del negozio e dei due responsabili di reparto, facilmente ricavabili dai tesserini di riconoscimento che tutti i dipendenti sono tenuti a tenere appesi al collo o attaccati alla divisa; né le declaratorie contrattuali, accessibili da parte di chiunque; né l’elenco di generiche mansioni/missioni”.

Sentenza

 

Antisindacalità della sanzione disciplinare
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